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Incontro vescovi e sindaci del Mediterraneo. Mons. Hocevar (Serbia): “La sofferenza delle guerre si deve curare con il dialogo”

"Collaborando e dialogando possiamo costruire l’Europa e fare del Mediterraneo un bene comune”. È con questa convinzione che mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo e metropolita di Belgrado, parteciperà all’Incontro dei Vescovi e Sindaci del Mediterraneo in programma a Firenze. A pochi giorni dall'apertura, il 23 febbraio, il Sir ha raccolto la sua testimonianza. L'esperienza della guerra balcanica per rilanciare la convivenza

(Foto: Lejla Samardzic)

“Viviamo in una regione dove storicamente si sono incontrati e scontrati l’Occidente e l’Oriente, non solo da un punto di vista religioso, ma anche culturale. L’incontro e lo scontro rendono queste terre speciali. Le sofferenze patite possono diventare una medicina per il futuro e le esperienze negative trasformarsi in una nuova chance di collaborazione e di complementarità. Collaborando e dialogando possiamo costruire l’Europa e fare del Mediterraneo un bene comune”.

(Foto: arcidiocesi di Belgrado)

È con questa convinzione che mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo e metropolita di Belgrado, parteciperà all’Incontro dei Vescovi e Sindaci del Mediterraneo in programma a Firenze, dal 23 al 27 febbraio, e che segue quello analogo di Bari del 2020. Nel capoluogo toscano mons. Hocevar sarà insieme al presidente della Conferenza episcopale internazionale dei santi Cirillo e Metodio (Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia del Nord), mons. Ladislav Német, vescovo di Zrenjanin, e vice presidente Ccee, e ad un esperto laico della Caritas serba.

L’unica strada. Da convinto assertore del dialogo a 360°, mons. Hocevar ribadisce al Sir la necessità per i Paesi balcanici, in guerra fino a 30 anni fa, di scrollarsi di dosso il ruolo di “vittime” e di cominciare a praticare “la strada della riconciliazione e della convivenza”, l’unica che può allargare i confini geografici e frantumare i legami che tengono pericolosamente unite la fede, la politica e l’etnia, con esiti disastrosi, come la storia recente ha dimostrato. La sofferenza dei Balcani, dopo Bari, torna anche a Firenze, con la certezza di sempre: “che tutto il dolore non può essere sanato in pochi decenni. Abbiamo bisogno – rimarca l’arcivescovo – di quella medicina che è mancata in tutto questo tempo e che si chiama ‘dialogo integrale’”.

“Una nuova pace è possibile e questo è il tempo. Abbiamo bisogno di crescere insieme tutte queste nuove Repubbliche nate dopo la dissoluzione del Comunismo. Siamo popoli che fino a poche decenni fa lottavano tra di loro ed ora sono collegati gli uni gli altri, dalla Slovenia fino alla Macedonia del Nord”.

Spiega mons. Hocevar: “quando parlo di dialogo integrale voglio dire che esso deve coinvolgere la politica, la cultura, l’economia, la religione, la scienza, lo sport. Dialogando cresce la conoscenza di queste terre anche nei Paesi dell’Europa Occidentale. Quanti, tra i giovani italiani, per fare un esempio, conoscono la grande eredità religiosa dei monasteri ortodossi della Serbia? Si tratta di una cultura enorme da mettere in circolo a beneficio di tutti”.

(Foto: Lejla Samardzic)

La Rotta Balcanica. C’è poi un altro campo, molto a cuore all’arcivescovo di Belgrado, su cui si può misurare il grado di collaborazione e di integrazione tra Occidente e Oriente: “è quello – dichiara – del fenomeno migratorio che in questa area ha i connotati della Rotta Balcanica”. Qui si misura anche il grado di civiltà di tanti Paesi europei, impegnati tra accoglienza e respingimenti. “Il transito di migliaia di rifugiati diretti in Europa non può essere trattato solo e sempre con il carattere dell’emergenza perché oramai e diventato un fenomeno strutturale. Avere capacità di accoglienza e di integrazione è sempre più urgente. In Serbia la piccola Chiesa cattolica ha accolto africani dal Burundi, vietnamiti, e da tanti altri Paesi, non solo cattolici ma anche di altre fedi. Ma non possiamo fare molto di più per ridare dignità e valore a queste persone. Dobbiamo cercare e trovare vie nuove per l’accoglienza e l’integrazione, superando l’emergenza che ci costringe sempre a rincorrere. Ma serve l’aiuto e la riflessione di tutti”.

Trasformare la sofferenza. “A Firenze cercheremo di dare un contributo per promuovere il dialogo integrale e la riconciliazione, vere e proprie urgenze da affrontare in modo concreto. La nostra Conferenza episcopale internazionale dei santi Cirillo e Metodio – ricorda ancora mons. Hocevar – raggruppa i vescovi di Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia del Nord. Sono nazioni che a causa del passato hanno ancora tante difficoltà ad incontrarsi. Fino a quando non saremo capaci di trasformare la sofferenza del passato in cura per il futuro non possiamo crescere. Condividere il dolore per trasformarlo in dialogo e apertura diventa un impegno non più procrastinabile”.

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