Le donne del Museo di Kharkiv. “Così abbiamo salvato l’arte dalle bombe dei russi”

Nel marzo 2022, furono quattro donne a salvare dagli effetti devastanti di un bombardamento il Museo d’arte di Kharkiv e a mettere in sicurezza le sue opere d’arte. “C’è chi in questa guerra combatte in trincea. Noi abbiamo lottato tra queste mura. E’ una storia d'amore perché è l’amore a spingerci a farlo”.

Valentina Myzgina, direttrice del Museo d’Arte di Kharkiv (foto Biagioni)

(da Kharkiv) Marzo 2022, il Museo d’arte di Kharkiv viene fortemente colpito dai bombardamenti russi sulla città. La situazione si rivela subito drammatica. Le stanze si erano riempite di polvere e calcinacci. Entrava acqua e neve dappertutto, compromettendo la sicurezza delle opere d’arte. Il tetto era fortemente danneggiato. I radiatori distrutti. Le finestre completamente frantumate. C’è un video che testimonia i danni subiti allora dal museo. Furono 4 donne a salvarlo, a mettere in sicurezza quadri e opere d’arte, a dirigere i lavori. Sono loro il volto “bello” dell’Ucraina in guerra. “Siamo riuscite a bloccare l’ingresso di neve e pioggia, chiudendo le finestre e i buchi del tetto. Eravamo tutte donne e abbiamo combattuto da sole con l’aiuto dei cittadini”.

“C’è chi in questa guerra combatte in trincea. Noi stiamo lottando tra queste mura. E’ una storia d’amore perché è l’amore a spingerci a farlo”.

E’ Valentina Myzgina, direttrice del museo a raccontare questa storia. La fa ricevendo una delegazione del Mean, Movimento Europeo per la Nonviolenza, in visita in questi giorni in città. “Non riesco ancora a trattenere le lacrime – aggiunge Myzgina – nel ricordare la generosità che i cittadini di Kharkiv mostrarono in quell’occasione. In quei giorni eravamo rimaste 4 donne. Quello che abbiamo fatto, è stato spostare le opere dai piani superiori ai sotterranei per salvarle. Poi abbiamo evacuato le opere più preziose portandole in posti sicuri”.

Kharkiv, dentro le stanze del Museo d’Arte

Il museo purtroppo porta ancora oggi i segni di quelle ferite. Le stanze sono ancora inagibili. Sui muri non ci sono quadri né opere in esposizione. Le finestre sono blindate. Tra una stanza e l’altra ci sono teli cellofan messi a protezione per l’umidità. Kharkiv, rinomato polo universitario, era una città di cultura. Ora a causa della guerra, non è possibile fare eventi pubblici, mostre, presentazione di libri. Anche il vicino Teatro Filarmonico di Kharkiv, un gioiello di architettura e acustica, è chiuso al pubblico. Come è chiusa anche la sala dove è custodito uno straordinario organo a 5.700 canne. E’ la guerra al bello. E in questa parte di guerra, le donne di Kharkiv hanno scelto di tenere viva questa luce di bellezza in città.

“Anche artisti hanno bisogno di pace”.

“Le persone hanno paura”, racconta sempre la direttrice del museo. “Viviamo sotto tensione, tra continui allarmi e bombardamenti. Siamo in una situazione di precarietà. Sappiamo di poter morire da un momento all’altro. Ciascuno di noi ha perso un familiare. Ma l’umanità ha bisogno di respirare per vivere. Non viviamo per la guerra ma per la vita. L’arte rappresenta questo respiro di vita”. E aggiunge: “Mi chiedono spesso perché l’arte mette in faccia il dolore e la morte. Io rispondo sempre che quando un dolore si riversa nell’opera d’arte, ha nella persona che la osserva, un potere curativo”.

“Mi è capitato spesso di vedere visitatori piangere di fronte ad un’opera e questo pianto portava via il dolore, lo abbracciava e lo consolava”.

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