Fango e ghiaccio. Asfalto e buche. Di città in città, di villaggio in villaggio, a ridosso della linea del fronte in Ucraina, per consegnare 13.000 chilogrammi di generi di prima necessità nelle oblast di Odessa, Kherson, Dnipropetrovsk e Zaporizhzhia. “Frontiere di Pace”, gruppo che ha base nella parrocchia di Maccio, in provincia di Como, si è messo in viaggio per la trentatreesima missione umanitaria. A tre anni dall’invasione russa su larga scala in Ucraina, lo scorso 14 febbraio cinque volontari sono partiti, in rappresentanza di una rete di solidarietà territoriale: circa 3.000 chilometri per raggiungere comunità ucraine che resistono in condizioni di precarietà e ancora invocano giustizia e pace. Ad affiancare Giambattista Mosa, Laura Pini, Luca Trippetti, Carmelo Pellicanò, c’è la fondamentale presenza di padre Ihor Boyko, rettore del seminario greco cattolico dello Spirito Santo a Lviv. Cibo, medicinali, prodotti per l’igiene personale, vestiti, giocattoli e palloni da calcio: tutto è indispensabile alla sopravvivenza delle persone che ricevono sostegno. Non si tratta però solo di trasportare e fornire aiuti materiali, ogni viaggio ha dato concretezza alla volontà di testimoniare cosa significa la guerra in Ucraina, dando voce a donne e uomini che quotidianamente fanno i conti con la precarietà e la paura. Come quelli della piccola comunità greco cattolica di Fedorivka, tra cui Maria Ivanovna, 69 anni, che aspettava l’arrivo dei volontari, già stati in precedenza nel suo villaggio rurale. “Vi abbiamo atteso tanto – racconta, mentre cade qualche fiocco di neve, con gli occhi che non riescono a trattenere le lacrime -. Adesso è bello avervi qui con noi. Sapere che non siamo soli”. Una presenza che conforta e aiuta a non sentirsi abbandonati, anche se a tre chilometri dai militari russi dislocati sull’altra riva del grande fiume Dnipro.

C’è una costante in questa guerra: il fragore dei colpi che si avverte all’esterno del monastero greco cattolico di San Volodymyr il Grande, a Kherson. Nonostante questo l’opera dei monaci basiliani è inarrestabile, anche a rischio della propria incolumità. Appena possono caricano il vecchio furgone giallo, attraversano check point e consegnano aiuti umanitari alle persone in estrema difficoltà. Con i volontari di “Frontiere di Pace” condividono la stessa volontà di esserci. Sul campo. La stessa misura dell’azione dei vescovi greco cattolici Mykhaylo Bubniy, a Odessa, e Maxim Ryabuha a Zaporizhzhia. “Grazie per essere arrivati da lontano, avete dimostrato di non aver paura di venire in Ucraina: la mia casa è la vostra casa”. Così il vescovo di Zaporizhzhia accoglie i cinque amici comaschi. Il vescovo di Odessa ha affidato ai volontari parole di fede e di speranza: “Ogni giorno è un giorno in più. Ogni giorno vediamo un miracolo del Signore”.
A Kryvyi Rih, città dove la siderurgia è la principale attività economica, opera una Caritas greco cattolica eccezionale: una decina di donne, soprattutto giovani, lavora in team. Con loro c’è anche Denis Zinchenko, 32 anni. Lavorava nel settore edilizio, con suo padre. Insieme hanno costruito anche la chiesa di San Nicola. “Mio papà è un ufficiale dell’esercito a Kupiansk – racconta Denis – e adesso è al fronte. Cinque sei volte al mese la nostra città viene colpita da missili balistici, l’ultima volta è stata il 14 febbraio scorso. I nostri militari riescono a respingere i droni ma non i missili balistici. Sono più di 100 i morti civili dalla invasione su larga scala… I russi ci terrorizzano e ci rubano il futuro, perché costringono la gente a lasciare la città. Sono un costruttore, con mio papà abbiamo costruito la chiesa. Sono anche artista, ho fatto delle icone e dipingo”. Così Denis interpreta la realtà della guerra.
Esserci. Questa è la chiave di lettura delle missioni umanitarie. Coinvolgere è l’esigenza primaria, da cui mercoledì, 19 febbraio scorso, è sgorgato il partecipatissimo momento di preghiera nel santuario della Santissima Trinità Misericordia, a Maccio. Un momento di profonda preghiera guidato dal cardinale Oscar Cantoni, vescovo di Como, il parroco don Gianluigi Zuffellato e, in videocollegamento, il vescovo greco cattolico di Zaporizhzhia con la sua comunità. Presente a Maccio anche rappresentanti milanesi della comunità di Sant’Egidio. Non solo aiuti umanitari, indispensabili, ma anche la forza della preghiera per la pace, l’arma più efficace per opporsi alla violenza della guerra.

