Siamo tutti sconvolti e sconcertati dalle mosse rapide e più o meno imprevedibili – alcune anche impensabili – a cui ci sta quasi abituando il nuovo inquilino della Casa Bianca. Anche chi continua a sostenerlo a prescindere (da noi Salvini e qualche altro…), sembra “rassegnarsi” alle sue trovate, sperando che, alla fine, ne esca qualcosa di utile. Ma non si può negare che, in tema di “negoziato” sull’Ucraina, Trump ha dato una svolta e sta imprimendo un’accelerazione. Il problema è sul tipo di negoziato, sul metodo e sulle finalità. Intanto, allo scadere dei tre anni – questo lunedì si compiranno i 36 mesi esatti di distruzione e di morte che hanno lacerato il cuore dell’Europa -, si comincia non solo a parlare di “pace”, ma anche a incontrarsi tra parti opposte. E’ avvenuto martedì a Riad, dove rappresentanze ad altissimo livello di Mosca e di Washington hanno avviato i pre-colloqui. Il giorno prima, a Parigi, convocati da Macron, si sono trovati alcuni tra i “grandi” d’Europa per fare il punto della situazione e abbozzare una strategia comune – vista la minacciata “esclusione” dalle trattative -, anche se l’accordo per ora è solo sul continuare a sostenere l’Ucraina (e il 24 febbraio dovrebbe scattare persino il 16° pacchetto di sanzioni dell’UE), ma nulla si profila sull’eventualità di un contingente continentale di pace. In questo contesto, in gran movimento, la cosa più grave sarebbe un tentativo di “pacificazione” imposto da Trump e Putin sulla testa di Kiev, il che non sarebbe vera “pace”. Come ha ribadito con fermezza e chiarezza il nostro Presidente Mattarella in visita in Montenegro – senza alcuna soggezione per l’inaudito attacco venuto da Mosca contro le sue parole altrettanto chiare pronunciate a Marsiglia, dove non ha paragonato la Russia al Terzo Reich ma ne ha stigmatizzato il metodo seguito -, “L’auspicio è che si raggiunga una pace giusta in Ucraina e che non sia fittizia o fragile” e che “la Russia torni ad assumere il suo ruolo nel rispetto dei principi della sovranità degli Stati, per il rispetto del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite”. Semplice, ma difficile da digerire per dirigenti e portavoce di Mosca che si sono sentiti punti sul vivo dalla saggezza e rettitudine del presidente italiano. Anche Zelensky, dal canto suo, intende procedere con chiarezza e fermezza, senza assoggettarsi a diktat del “protettore” americano e tanto meno dell’aggressore russo. Rinviato dalla Turchia, martedì stesso, il suo viaggio a Riad, ha manifestato tutta la sua contrarietà ad accordi tra le “grandi potenze” che escludano UE, Gran Bretagna e addirittura l’Ucraina, ripetendo, oltre all’indispensabile presenza dell’Ucraina al tavolo delle trattative, anche quanto si pensava avesse messo tra parentesi: “L’Ucraina non farà mai concessioni territoriali”, anche se certamente “preferirebbe recuperare i territori occupati in modo diplomatico” (è ben chiaro, dopo tanti morti, feriti e distruzioni…). Alle prime dichiarazioni di arroccamento tra i due “Grandi”, sono seguite affermazioni più concilianti: si è solo all’inizio – dicono dagli USA – e certo saranno coinvolti tutti gli attori (come chiede la stessa Cina), anche se la Russia insiste su accordi esclusivi… A Riad, comunque – ci spiega il segretario di stato americano Rubio – Washington e Mosca hanno concordato su quattro principi: il ristabilimento della funzionalità delle rispettive missioni diplomatiche; la nomina di team di alto livello per i negoziati sull’Ucraina; gettare le basi per una maggiore reciproca cooperazione geopolitica ed economica; l’impegno della delegazione americana perché si raggiunga “una fine equa e durevole” del conflitto. Non si tratta, dunque, – come giustamente teme Zelensky e come c’è ragione di sospettare – della volontà di Trump di compiacere Putin. Così speriamo tutti, restando in attesa di rapidi e positivi sviluppi. Anche se già si profila un quadro preoccupante o nebuloso – ben poco schiarito dai persistenti attacchi missilistici russi su tutta l’Ucraina, palesemente contraddittori per chi dice di voler trattare. E anche se, tra gli step delineati dalla diplomazia russo-americana al lavoro, vengono poste pure le elezioni, dichiaratamente tese ad eliminare Zelensky, l’artefice di una straordinaria e stupefacente resistenza. Infatti, dalle stesse fonti ci viene detto che le tappe saranno tre: il “cessate il fuoco”, le elezioni nazionali (altrimenti impossibili), l’accordo vero e proprio. C’è dunque molta strada ancora; che si cerchi di far tacere le armi e di trattare è certo cosa buona; non dev’essere resa malvagia da negoziati distorti e da una pace ingiusta o fittizia e senza garanzie.
3° anno e… pace
Siamo tutti sconvolti e sconcertati dalle mosse rapide e più o meno imprevedibili - alcune anche impensabili - a cui ci sta quasi abituando il nuovo inquilino della Casa Bianca. Anche chi continua a sostenerlo a prescindere (da noi Salvini e qualche altro...), sembra "rassegnarsi" alle sue trovate, sperando che, alla fine, ne esca qualcosa di utile. Ma non si può negare che, in tema di "negoziato" sull'Ucraina, Trump ha dato una svolta e sta imprimendo un'accelerazione.