Di Cave: “Giornata difficile. Oggi il negazionismo è ancora un dato di fatto”

“È una giornata veramente un po’ difficile, anche perché i recenti avvenimenti hanno creato uno stato di tensione al quale non eravamo più abituati”. A dirlo è Elvira Di Cave, medico ed ex presidente della Comunità ebraica di Roma, in occasione del Giorno della Memoria

Ingresso di Auschwitz (Foto redazione Sir)

“È una giornata veramente un po’ difficile, anche perché i recenti avvenimenti hanno creato uno stato di tensione al quale non eravamo più abituati”. A dirlo è Elvira Di Cave, medico ed ex presidente della Comunità ebraica di Roma, in occasione del Giorno della Memoria. Di Cave nella sua vita ha seguito i “Viaggi della Memoria” nei campi di concentramento, insieme a Sami Modiano, uno degli ultimi sopravvissuti italiani all’Olocausto, con il quale pè legata da una lunga amicizia. Il Sir l’ha intervistata.

Dottoressa, come si arriva a questa Giornata?
Ci arriviamo con lo stesso stato d’animo che abbiamo da tanto tempo, ovvero con quello dell’apertura del campo di concentramento di Auschwitz e la conseguente liberazione di tutti i deportati di diverse religioni ed etnie.

Oggi il cuore è gonfio di dolore, ma siamo sempre spinti verso un qualcosa che possa riappacificare gli animi.

Nel corso della sua vita ha accompagnato migliaia di ragazzi ad Auschwitz. Che idea si è fatta?
Nella mia vita ho accompagnato tante persone come responsabile medico dei viaggi della memoria e come nipote di deportati. La famiglia di mio padre è stata devastata ad Auschwitz.

Oggi il negazionismo è ancora un dato di fatto, abbiamo ancora i testimoni e il problema sarà quando non ci saranno più. Sono tanti i ragazzi che con noi hanno visitato i campi di concentramento.

Come media 300/400 per più volte l’anno. Abbiamo pianto con loro e a loro è rimasto tanto di quello che è stato dato dai sopravvissuti.

Oggi, però, ancora resiste qualche “rigurgito” di antisemitismo…
Credo che questi rigurgiti di antisemitismo ci siano perché non si studia più la storia.

La gente non vuole ricordare.

Il problema fondamentale sono le famiglie. I ragazzi risentono moltissimo dell’ambiente familiare.

I ragazzi dopo che vengono ad Auschwitz non riescono a dare seguito alle sensazioni che hanno provato. Sentimenti molto forti che vanno in collisione con la superficialità delle famiglie. La mancanza di cultura non aiuta. Spesso viene vista come una cosa del passato che non ci appartiene più, ma la shoah appartiene a ognuno di noi.

Non si è mai vista una carneficina così grande – perché di questo si tratta – in così poco tempo. In questo senso, anche gli avvenimenti in Medio Oriente di oggi vengono strumentalizzati. È facile adagiarsi sui luoghi comuni, ma questo offende sia noi che i sopravvissuti. Com direbbe Samy Modiano:

“Ho vissuto e raccontato invano”.

Cosa auspica per questa Giornata?
Sono molto disillusa che la gente possa capire quello che è stato, come con la deportazione degli armeni, dei sinti, dei rom. Tutti hanno avuto lo stesso destino ed è importante ricordarlo. È necessario avere bene a mente quello che è stato, la storia è fondamentale per non ripetere gli errori.

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