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La conta impossibile dei morti nel Paese dove i villaggi si spopolano e nei cimiteri aumentano le tombe

A due anni dall’inizio dell’aggressione russa, l'Ucraina oggi fa i conti con la morte. Con chi ha deciso di sacrificare la propria vita per il paese e non è più tornato a casa. Sono tantissimi. Il numero esatto dei sodati ucraini uccisi sul fronte non si conosce. È un tabù. Ma non c’è famiglia che non abbia subito un lutto nella cerchia anche strettissima dei parenti. E se i villaggi si spopolano di uomini, nei cimiteri aumentano purtroppo il numero delle tombe. Ce lo racconta Anna, una ragazza che vive a Kyiv ed ha 26 anni

Kiev, memoriale dei morti in guerra (Foto Biagioni/SIR)

(da Kyiv) “Eravamo adolescenti prima della guerra. Oggi siamo adulti”. Anna ha 26 anni. Riassume con queste poche parole come la guerra ha cambiato lei e i ragazzi della sua generazione. A Cracovia ha preso una laurea in relazioni internazionali ed economia e parla un inglese perfetto. Il suo racconto si intreccia con la storia di tanti ragazzi come lei. Vite che da un giorno all’altro, hanno preso percorsi inaspettati e forzati a causa della guerra. Giovani, tantissimi, caduti sul fronte. Anche suo fratello lavorava a Cracovia. Due anni fa, pochi giorni prima dell’attacco russo su Kyiv, si trovava in Ucraina. Stava sciando in montagna con degli amici. Da quel giorno, non è più tornato indietro. A Cracovia ha lasciato e perso tutto. Il lavoro, gli amici, la casa, addirittura gli effetti personali. Dall’Ucraina non è più potuto uscire. Era scattata anche per lui la legge marziale. “Significa che può essere richiamato nell’esercito da un momento all’altro. Significa vivere nell’incertezza, non sapere cosa si farà domani”, spiega la ragazza. Anna racconta che sono tantissimi i ragazzi e gli uomini chiamati a combattere sul fronte. “Forse a Kyiv non c’è una chiara percezione di questo perché la città è grande. Ma ci sono villaggi completamente svuotati di uomini”.

(Foto SIR)

A due anni dall’inizio dell’aggressione russa, l’Ucraina fa i conti con la morte. Con chi ha deciso di sacrificare la propria vita per il paese e non è più tornato a casa. Sono tantissimi. Il numero esatto dei sodati ucraini uccisi sul fronte non si conosce. È un tabù. Ma non c’è famiglia che non abbia subito un lutto nella cerchia anche strettissima dei parenti. Sui social, si pubblicano in continuazione le foto dei giovani caduti in guerra. E se i villaggi si spopolano di uomini, richiamati alle armi, nei cimiteri aumentano purtroppo il numero delle tombe. Anna racconta la storia di Dmitri. Aveva solo 21 anni quando nel settembre del 2022 è partito per il fronte. “Era un ragazzo pieno di forze e di salute. Attivo, responsabile in tutto quello che faceva. Un raggio di sole”.È morto solo dopo tre mesi. È caduto a Kramatorsk a dicembre. “Sono andata al suo funerale. L’inverno era rigidissimo e Dmitri come tanti suoi coetanei viveva al buio e al freddo delle trincee. Il suo corpo era ricoperto di geloni. Nell’omelia il sacerdote disse che Dmitri era ora sicuramente in un posto sicuramente migliore”.

“Nessuno voleva la guerra, è un incubo in cui si siamo trovati e da cui vorremmo uscire come fosse un sogno. Purtroppo, invece è realtà”, aggiunge Anna. “Ma se lasciassimo le cose così come sono ora, se decidessimo di interrompere la nostra difesa, non solo consegneremmo nelle mani dei russi la nostra sconfitta ma torneranno tra qualche anno per prendersi di nuovo tutto e saranno più forti di prima. E che cosa diranno a quel punto tutte le persone che in questa guerra hanno perso figli, padri, mariti? Si sentirebbero traditi, ma ancor peggio, sentiranno che i loro cari sono morti invano”. La guerra purtroppo sta andando avanti a fatica. Nessuno si aspettava che fosse così lunga e più il tempo passa, più si fa fatica ad andare avanti.

Il futuro? Esiste. Anna ne è sicura. “Sono certa – dice – che ci sarà un futuro, che la guerra finirà un giorno. Non sappiamo esattamente quando, ma sappiamo che finirà. Si apriranno allora grandi opportunità in termini di ricostruzione, progetti, nuove tecnologie. Non sono tra quelli che hanno deciso di andare via. Ho scelto di restare. Qui è il posto in cui voglio vivere ora e in futuro. Quando sono entrati a Kiev, tutti pensavano che il nostro Paese non sarebbe più esistito. Erano troppi e troppo forti. E invece siamo sopravvissuti. È stato un miracolo, un segno che dobbiamo continuare a vivere e avere una voce nella storia”. Anna è consapevole che questo futuro non sarà per nulla facile. Anche se la guerra finisce, l’Ucraina dovrà fare i conti con le ferite subite. “Scoprirà finalmente, e sarà uno choc, quanti soldati sono morti e quanti sono rimasti feriti e mutilati”. “Ma odio no. Non è un sentimento che provo”, risponde la ragazza. “Saranno loro a dover convivere con il rimorso per quanto hanno fatto”.

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