Serbia ancora alle urne: svolta o continuità? Il peso della questione-Kosovo

Sei milioni e mezzo di serbi chiamati nuovamente alle urne per eleggere il Parlamento. Quasi un referendum sul presidente Vucic. Ma le opposizioni sembrano divise. In campo Partito progressista (Sns), socialisti e coalizione “Serbia contro la violenza”. Rimangono difficili i rapporti tra Belgrado e Pristina. Le valutazioni dell’analista dei Balcani Nikolay Krastev

(Foto profilo twitter di Alexander Vucic)

Giornata ai seggi, domenica 17 dicembre, per circa 6,5 milioni di serbi chiamati a rinnovare il Parlamento. Si tratta della quarta tornata di voto anticipata negli ultimi 10 anni. Dal 2012, anno in cui l’attuale presidente serbo Alexander Vucic è salito al potere, ha convocato sette diversi tipi di elezioni. E mentre il governo afferma di aver cambiato profondamente il Paese costruendo strade moderne e investendo in sanità, ricerca e alta tecnologia, l’opposizione ritiene che Vucic abbia usurpato il potere, la corruzione stia dilagando e i media siano sotto il controllo del Partito progressista serbo (Sns) guidato proprio da Alexander Vucic. Il quale anche questa volta è quotato in testa nei sondaggi, ma con un calo rispetto agli anni precedenti. Il Sir ha sentito il parere dell’analista dei Balcani Nikolay Krastev.

(Foto: profilo Twitter Serbia contro la violenza)

“Serbia contro la violenza”. Tutto è iniziato il 3 maggio di quest’anno quando un tredicenne è entrato nella sua scuola a Belgrado con una pistola nello zaino uccidendo otto studenti e un bidello. Il giorno dopo è avvenuta una sparatoria in villaggi vicino a Mladenovac. “La nazione era sotto shock, per 10 settimane centinaia di migliaia di persone hanno riempito le piazze delle maggiori città accusando il governo di aver favorito un’atmosfera di violenza che ha portato alla tragedia”, spiega Nikolay Krastev. A suo avviso, “se il voto fosse stato a settembre, l’opposizione avrebbe avuto un risultato migliore”. Infatti, in seguito alle proteste è nata la coalizione “Serbia contro la violenza” che include alcune forze dell’opposizione. Secondo Krastev, “Vucic ha scelto molto bene il momento, annunciando il 13 ottobre che le elezioni si sarebbero tenute il 17 dicembre e ora sta offrendo agli studenti delle superiori, delle università ma anche ai pensionati dei sussidi dal bilancio dello Stato”.

(Foto: profilo FB Nikolay Krastev)

Previsioni difficili. Comunque, in Serbia la situazione politica rimane piuttosto complessa. Durante la loro visita a fine novembre, gli osservatori del Consiglio d’Europa hanno descritto una campagna elettorale con uso “di linguaggio negativo senza precedenti, allarmismi, attacchi all’opposizione e ai giornalisti e gravi problemi nei media”. “I sondaggi preelettorali non sono neutrali”, spiega Krastev (nella foto), citando quelli finanziati da alcuni media privati ma comunque influenzati da Sns, il partito di Vucic, che danno questo partito al 40%, seguito a grande distanza dall’opposizione che insieme non supererebbe il 15%, mentre gli alleati del governo, i socialisti di Ivica Dacic, ministro degli esteri, sarebbero al 10%. Secondo i dati dalla rivista “Il Nuovo pensiero politico”, di Giorgie Vukadinovic, la lista “Alexander Vucic-La Serbia non deve fermarsi” arriverebbe al 40%, ma la coalizione dell’opposizione “La Serbia contro la violenza” sarebbe al 25,6%, mentre i socialisti rimarrebbero all’8,9%. Krastev rileva che in questo sondaggio “il 34,6% ritiene di vivere meglio rispetto a prima dell’arrivo di questo governo, mentre il 33,7% risponde di no. Il 43% ritiene che questo governo dovrebbe cambiare e il 38,7% pensa che dovrebbe restare”.

La questione-Kosovo. Quello che accomuna tutti in Serbia – giovani e vecchi, governanti e opposizione – è la questione del Kosovo e il rifiuto netto di riconoscerne l’indipendenza.

“Nominare il Kosovo porta consensi”,

rileva l’analista dei Balcani, ricordando la seria situazione recente quando si è arrivati a uno scontro tra serbi e la polizia kosovara in uno dei comuni a maggioranza serba. Nonostante la pressione continua dalla comunità internazionale, per i serbi il Kosovo è parte della loro storia.

Campagna non tradizionale. Un’altra caratteristica della campagna elettorale è la figura di Alexander Vucic, presente ovunque, anche se – ritengono in molti – non dovrebbe essere così coinvolto in quanto presidente della Repubblica. “Vucic ha anche un profilo TikTok dove cucina crepes e consiglia buoni vini; poi lo si vede guidare un’auto sulle strade nuove, appena costruite”, racconta Krastev. A suo avviso, “l’uomo forte di Belgrado capisce che sta perdendo consensi, dal 60% è sceso al 40%, e se l’affluenza sarà alta e i giovani andranno a votare la vittoria non sarà garantita. “Il presidente Vucic sta occupando quasi la metà del tempo e dello spazio nell’informazione politica dei maggiori media”, si legge in un rapporto del Centro di ricerca, trasparenza e contabilità di Belgrado. “Non a caso Vucic ha promesso di dimettersi da capo di Stato in caso di sconfitta”, precisa Krastev.

Piccoli segnali di cambiamento. Krastev sostiene comunque che l’opposizione “è ancora debole e molto divisa, la destra non è riuscita a formare un’unica lista”. A suo avviso, cruciale sarà il contestuale voto per il sindaco di Belgrado, perché in 65 comuni si svolgono anche le amministrative e

Belgrado è considerata roccaforte dell’opposizione.

Segno che qualcosa sta già cambiando è anche l’iniziativa ProGlas firmata da 150mila persone tra cui accademici, giornalisti, artisti e professori. Krastev spiega che “tra essi ci sono personalità molto famose che sostengono l’idea di incoraggiare il più alto numero di persone possibile a recarsi alle urne e a votare per uno dei partiti dell’opposizione”. Le elezioni parlamentari in Serbia saranno monitorate dall’Osce, dal Consiglio d’Europa e dal Parlamento europeo.

Altri articoli in Europa

Europa