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La voce del popolo ucraino all’Assemblea Cei. Mons. Ryabukha (Donetsk): “Non smettete di esserci vicino”

“Non smettere di esserci vicini. Non perdere il coraggio ma guardare insieme avanti. Credere alla vita come il mondo cristiano ha sempre saputo fare, anche nei momenti di grandi tribolazioni e grandi prove”. Questo il “messaggio” che mons. Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell’esarcato di Donetsk, vorrebbe portare all’Assemblea generale dei vescovi italiani alla quale parteciperà come delegato della Chiesa greco-cattolica ucraina e di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk. Il vescovo esprime anche la “grande gratitudine” alla Chiesa e al popolo italiano che fin dai primissimi giorni dell’invasione russa, sono stati “vicini, fraterni e accoglienti nei confronti della nostra gente”

(Foto M. Ryabukha)

“Una grande gratitudine per la Chiesa e il popolo italiani che si sono resi vicini, fraterni e accoglienti nei confronti della nostra gente”. Con questo stato d’animo mons. Maksym Ryabukha, vescovo ausiliare dell’esarcato di Donetsk, si appresta a partecipare a Roma all’Assemblea generale dei vescovi italiani come delegato della Chiesa greco-cattolica ucraina e di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk. “C’erano tante persone che al primo impatto dell’invasione dei russi sul nostro territorio, avevano raggiunto i confini e non sapevano cosa fare e dove andare per cercare un rifugio”, ricorda mons. Ryabukha. “L’Italia si è aperta subito. Abbiamo sentito accoglienza, vicinanza fraternità. Abbiamo visto da una parte la paralisi istantanea della vita ordinaria del nostro popolo e dall’altro gli aiuti umanitari che arrivavano a tutti, attraverso tutti i canali. Aiuti senza i quali non avremmo resistito. Non ci siamo mai sentiti soli. Questi aiuti sono stati per noi un grande segno di speranza, di vita, di fraternità che ci ha dato e ci sta dando la forza di andare avanti, di camminare, di non avere paura”.

È di questi giorni la notizia che i russi sono riusciti a prendere la città di Bakhmut, che fa parte dell’esarcato di Donetsk. Come sta seguendo le notizie?
Come ucraino e come rappresentante della Chiesa e del popolo ucraino, posso dire che il mio animo piange. Stiamo assistendo alla distruzione dell’umanità.

Ho visto le foto della città: non è rimasto niente.

Dentro il mio cuore, sogno che questa ingiustizia possa risanarsi e possa ritornare la vita. Che possa ripetersi anche qui, quello che è successo a Varsavia che è stata completamente distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale ed oggi, grazie a Dio e grazie anche all’impegno di molte persone, è tornata alla vita. Sogno che la vita ritorni anche a Bakhmut. Mi dispiace perché la distruzione dell’umanità non termina lì. La conquista della città di Bakhmut da parte delle forze russe, apre la strada per portare la morte ancora più all’interno del nostro Paese. Di fronte a questo scenario, l’unica nostra speranza è in Dio. Lui sa porre fine a questa distruzione, sa togliere questo male e ridare la vita all’umanità.

È rimasto qualcuno in città? Quali notizie avete?
Le ultime notizie che avevo, dicono che nei sotterranei di molte case c’erano delle persone, delle famiglie, che sono rimaste nella speranza che la città fosse liberata e conquistata dalle forze ucraine. Cosa sta accadendo in queste ore, non lo sappiamo e non lo riesco neanche ad immaginare.

È di sabato la conferma che il card. Zuppi, presidente della Cei, è stato scelto da Papa Francesco per portare una missione di pace in Ucraina. Come avete accolto questo notizia?
In spirito cristiano, perché tutti noi sappiamo che la vita è un grande dono e la vita non va solo vissuta ma anche custodita e accompagnata. Crediamo che la vita umana, donata da Dio, ha un valore immenso e per custodirla dobbiamo tutti impegnarci. Per noi è chiaro che arrivare ad una soluzione, vuol dire ritornare alla verità e la verità ci dice l’integrità della vita e l’integrità è anche quella della vita di un popolo.

Per noi la pace vuol dire ridare quello che è stato preso ingiustamente.

Speriamo che ognuno – secondo il proprio ruolo e modo di operare nel mondo -, faccia tutto il possibile per aiutare la conversione dei cuori. Questa è la speranza che ci guida tutti. A volte, guardando la vita di Gesù, vediamo tanti momenti in cui Lui stesso si è trovato nell’impossibile. Ma tutti i momenti impossibili, alla presenza di Dio, diventano possibili. Accompagniamo questa missione con la preghiera e con la speranza che la verità torni ad essere una parte piena della nostra vita.

Lei parla di impossibile e in questo momento in effetti ogni tavolo di negoziato e dialogo sembrano essere impossibili. Quali speranza ha la pace oggi?
So che c’è tanta gente che prega, che ha una grande fiducia nel miracolo della vita. È un miracolo che attendiamo in tanti. Dio non è solo Creatore ma anche Padre e sicuramente, con il suo cuore paterno, Dio sente tutte le nostre invocazioni, vede tutte le nostre mani alzate. Dio ha il Suo tempo. Noi siamo in attesa del Suo tempo.

Non siamo schiacciati dalla delusione, dalla disperazione. La speranza è una certezza forte in tutti noi.

Cosa direbbe al card. Zuppi? Che consiglio gli darebbe? Come si entra nel cuore del popolo ucraino?
Quando parli con i tuoi fratelli, capisci molto di più. Come popolo ucraino, siamo molto vicini all’Italia. Ci sono molte persone, soprattutto donne, che lavorano in Italia da molto tempo. Non siamo lontani, non siamo estranei. E questo mi dà speranza. Non sono solo le parole che toccano il cuore umano. Sono sicuro che il cardinale saprà essere uno strumento nelle mani di Dio.

Quale messaggio poterà ai vescovi italiani?
Non smettere di esserci vicini. Non perdere il coraggio ma guardare insieme avanti. Credere alla vita come il mondo cristiano ha sempre saputo fare, anche nei momenti di grandi tribolazioni e grandi prove.

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