Regno Unito: card. Nichols, “il dialogo ecumenico ha trasformato cattolici e anglicani”

Il primate cattolico fa il punto, con il Sir, sul rapporto tra cattolici e anglicani. "Quando ero ragazzino non potevamo frequentare altre chiese cristiane e pregare con altri cristiani". Oggi la realtà è cambiata e se n'è avuta conferma anche durante l'incoronazione di Re Carlo III. "Siamo una comunità composta da persone che arrivano da tutto il mondo". I cattolici britannici "non danno per scontata la loro fede e accettano di essere diversi, un po’ segnati rispetto al resto della società"

Il card. Vincent Nichols. (foto https://www.cbcew.org.uk/)

“I rapporti della Chiesa cattolica di Inghilterra e Galles con la Chiesa d’Inghilterra, fondata da Enrico VIII, di solito, sono molto buoni. C’è stato un cambiamento radicale nel corso della mia vita. Quando ero ragazzino, poiché ero cattolico, mi veniva proibito di entrare in qualunque chiesa che non appartenesse alla Chiesa di Roma. C’era una regola precisa, che i cattolici dovevano seguire, che diceva che non potevamo frequentare altre chiese cristiane e pregare con altri cristiani”. A qualche giorno dall’incoronazione del sovrano britannico, durante la quale ha benedetto il nuovo re Carlo III, il cardinale Vincent Nichols, primo primate cattolico della storia del Regno Unito a compiere questo gesto, fa un bilancio dei rapporti tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di stato inglese, fondata da Enrico VIII, nel 1534, in un atto di ribellione a Roma.

(Foto https://www.cbcew.org.uk/)

“Il cambiamento, nei rapporti tra le due Chiese, è cominciato negli anni precedenti il Concilio Vaticano II ed è stato poi pienamente espresso, nella Chiesa cattolica, con il decreto sull’ecumenismo del Concilio. Dagli anni Quaranta questo cambiamento è stato pensato ed esplorato. Da allora la collaborazione tra le due Chiese è cresciuta in continuazione e ha dato vita a tante iniziative comuni, non soltanto tra cattolici e anglicani, ma anche con tutte le altre chiese cristiane di questo Paese”, spiega Nichols al Sir. “Ecco perché mentre durante l’incoronazione di Elisabetta II, nel 1953, sarebbe stato impensabile, per un primate cattolico, partecipare a questa cerimonia, oggi, nel 2023, sarebbe stato impensabile, per un primate cattolico, non partecipare. E questo è il modo in cui i rapporti sono cambiati nel corso di settant’anni”.

Come procede, oggi, la collaborazione tra le due Chiese?
C’è un dialogo strutturato, costante, tra la comunione anglicana e la Chiesa cattolica, che avviene nella Commissione internazionale anglicana-cattolica “Arcic”. Qui vengono esplorate le questioni dottrinali. Poi c’è un livello molto locale, che coinvolge i leader delle due Chiese e le parrocchie e i fedeli, dove la collaborazione è costante. L’organizzazione che si occupa di questa dimensione, promuovendo preghiere, attività sociali e progetti di collaborazione comuni tra le varie Chiese cristiane è “Churches Together in Britain and Ireland”. Oggi è normale, per noi cattolici, lavorare con gli altri cristiani e, per me, incontrare regolarmente il primate anglicano Justin Welby.

Direbbe, quindi, che il progresso, nel dialogo ecumenico tra le due Chiese, durante la sua vita, è stato straordinario?
Sì. Direi che ha trasformato le nostre due Chiese.

E se dovesse dire qual è la questione più importante, dal punto di vista dottrinale, che deve essere risolta?
Penso che, per noi cattolici, è l’Eucarestia che fa la Chiesa e la Chiesa che fa l’Eucarestia e, quindi, per noi, la cosa più importante è la comprensione del dono che è l’Eucarestia.

(Foto ANSA/SIR)

Che cosa pensa dello stato di salute del cattolicesimo in questo Paese?
Penso che, negli anni più recenti, la comunità cattolica sia cresciuta nel suo contributo che dà alla società civile. Con 2.000 scuole pubbliche, primarie e secondarie, sovvenzionate dallo Stato britannico, ma gestite dalla Chiesa, siamo presenti, in modo significativo, nel settore dell’istruzione. La Chiesa cattolica può contribuire a una società britannica in profondo cambiamento nella sua composizione demografica e sociale perché siamo una comunità composta da persone che arrivano da tutto il mondo. Nell’arcidiocesi di Westminster, da me guidata, spesso i cattolici provengono da trenta o quaranta diverse nazionalità. Siamo il simbolo di una società integrata. Penso anche che i cattolici, in questo Paese, siano sicuri della loro fede, anche se sanno che sono un po’ diversi. Diversi perché sono sopravvissuti a centinaia di anni di persecuzioni. Soprattutto nel sedicesimo secolo molti preti hanno vissuto il martirio e molte famiglie cattoliche sono state imprigionate e hanno subito violenze. Questa memoria storica è ancora viva e, per questo motivo, i cattolici, nel Regno Unito, non danno per scontata la loro fede e accettano di essere diversi, un po’ segnati rispetto al resto della società. Ci vuole coraggio per vivere con tutto questo e penso che i cattolici di questo Paese ce l’abbiano.

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