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Attacco su Dnipro. Tre giorni di lutto e preghiere in tutte le chiese. Città scossa ma non piegata

Il racconto di un salesiano di Dnipro dove sabato scorso un missile russo ha colpito un grande condominio provocando morti e feriti. “Nessuno si aspettata un attacco così grande su un obiettivo civile. Era una giornata di festa e la gente stava a casa. Per questo il missile ha fatto così tanti morti”, racconta il salesiano. “I soccorritori stanno ancora scavando. Hanno trovato, secondo me, solo il 50 per cento delle persone che abitavano in quel grande condominio e temo che troveremo ancora morti sotto le macerie. Non sappiamo cioè se si può salvare ancora qualcuno con questo freddo”

(Foto: ANSA/SIR)

“Tre giorni di lutto e preghiere nelle liturgie della domenica in tutte le chiese della città, cattoliche di rito latino e greco-cattoliche ma anche ortodosse, per i morti, per i feriti. Per tutte le famiglie e le persone colpite”.

don Oleh Ladnyuk, salesiano di Dnipro (foto di O. Ladnyuk)

La città di Dnipro è “psicologicamente scossa. Si contano e si cercano ancora morti sotto le macerie” ma non è piegata “né alla disperazione né alla rassegnazione”. A raccontarlo al Sir è don Oleh Ladnyuk, salesiano di Dnipro, la città colpita sabato scorso da un missile russo che ha preso di mira un condominio. È salito intanto ad almeno 35 il bilancio dei morti. Tra loro ci sono due bambini. Secondo le autorità locali, 39 persone sono state salvate e 75 sono state ferite. Tra i feriti si contano 14 bambini. Nella notte, i soccorritori hanno continuato ad estrarre diversi altri corpi dalle macerie.

“Nessuno si aspettata un attacco così grande su un obiettivo civile. Era una giornata di festa e la gente stava a casa. Per questo il missile ha fatto così tanti morti”, racconta il salesiano. “I soccorritori stanno ancora scavando. Hanno trovato, secondo me, solo il 50 per cento delle persone che abitavano in quel grande condominio e temo che troveremo ancora morti sotto le macerie. Non sappiamo cioè se si può salvare ancora qualcuno con questo freddo”. “La gente psicologicamente è scossa ma non c’è né disperazione né rassegnazione”, aggiunge il salesiano. “Solo una grande determinazione ad andare avanti. Ogni giorno suonano gli allarmi. Ogni giorno viviamo sotto la minaccia di un attacco missilistico”. “Le persone qui sono abituate a vivere così ma al tempo stesso siamo sempre più convinti che si deve continuare a combattere per la nostra libertà. O si combatte o l’alternativa è la distruzione del nostro Paese”. Don Oleh ricorda che dopo l’attacco, è andata via la luce e la città è piombata nel buio. Nella zona dove è arrivato il missile manca ancora l’acqua. Ma la città ha reagito subito. Anche la nostra parrocchia cattolica di Pocrova ha subito portato sul posto aiuti, insieme ad altre organizzazioni, soprattutto coperte. La Caritas di Dnipro si è attivata subito ma la città è organizzata per rispondere in caso di attacco e ogni scuola è pronta ad accogliere la gente con stanze e letti dove poter passare la notte ma anche cibo, acqua e vestiti caldi. Ma sabato, le scuole non si sono riempite di sfollati visto che molti in città hanno fatto sapere subito su Intenet e nelle chat di poter mettere a disposizione stanze e case per accogliere le persone colpite. “Ci siamo ritrovati più uniti, dopo questo attacco”, commenta il salesiano. “La macchina della solidarietà è partita immediatamente”.

(Foto Sir)

Della “tragedia” accaduta nella città di Dnipro parla anche Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo dei greco-cattolici ucraini, nel video messaggio quotidiano. Il missile russo X-22, chiamato “killer delle portaerei”, dice, “ha colpito un grande condominio. Quel razzo, dagli stessi costruttori destinato alle battaglie navali, è stato usato contro i civili”. “Le operazioni di soccorso a Dnipro sono durate per tutta la notte”, fa sapere l’arcivescovo maggiore di Kiev. “Ci sono ancora persone sotto le macerie”, “anche se con il procedere dei soccorsi il numero dei morti sale”. “Oggi in Ucraina, più che mai, sentiamo di pagare per la libertà un prezzo molto alto”, dice Shevchuk che commentando il brano del Vangelo dedicato alla figura di San Giovanni Battista che l’evangelista Marco chiama “voce di uno che grida nel deserto”, osserva: “Oggi l’occupante russo sta uccidendo gli ucraini perché hanno detto ‘no’ alla schiavitù russa, imperiale, comunista. E oggi, sul Dnipro, il nostro Giordano ucraino, dai confini con la Bielorussia attraverso Kyiv e fino al Mar Nero si sente una voce, la voce di chi grida nel deserto – deserto della guerra, deserto portato con la devastazione e la cattiveria dell’invasore –, la voce che invoca la libertà, la voce che annuncia le buone notizie, la voce che ci prepara all’incontro con Cristo che sta per venire al Giordano”. “Tu sei Dio della libertà. Aiutaci a resistere in questa battaglia leale della testimonianza cristiana, in questo moderno deserto dell’umanità. Dio, benedici l’Ucraina con la Tua giusta pace celeste!”.

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