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Vittorio Emanuele Parsi: “Dobbiamo difendere la democrazia. Una pace ingiusta si chiama resa”

Secondo Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionali presso la facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e direttore dell’Alta scuola di economia e relazioni internazionali (Aseri) presso la medesima università, è indispensabile tutelare la democrazia e la libertà perché ci siano prospettive di pace: “Se non saremo noi a difendere il futuro di democrazia e libertà, nessuno lo farà. Che piaccia o meno, è questo il senso della guerra in Ucraina”

(Foto ANSA/SIR)

“La scellerata guerra scatenata dal despota del Cremlino ci riguarda tutti. Non è solo una dichiarazione di ostilità mortale nei confronti dell’indipendenza nazionale ucraina, ma costituisce anche un attacco diretto al cuore dell’ordine internazionale: alle sue regole, alle sue istituzioni e ai principi sui quali si fondano”. Così scrive nel suo libro “Il posto della guerra e il costo della libertà” Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni internazionali presso la facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e direttore dell’Alta scuola di economia e relazioni internazionali (Aseri) presso la medesima università, nonché, tra le altre cose, membro del Gruppo di riflessione e indirizzo strategico del ministero degli Esteri. Secondo Parsi è indispensabile tutelare la democrazia e la libertà perché ci siano prospettive di pace: “Se non saremo noi a difendere il futuro di democrazia e libertà, nessuno lo farà. Che piaccia o meno, è questo il senso della guerra in Ucraina”.

Professore, quali possibilità di soluzione del conflitto ci sono?
Le possibilità sono legate alla capacità ucraina di far capire alla Russia che non potrà vincere militarmente questo conflitto. La possibilità per gli ucraini è di riconquistare la maggiore porzione del loro territorio e a quel punto iniziare a negoziare con i russi sulla base di un loro ritiro sulla linea di confine da cui sono partiti, che è comunque una linea di confine illegale. Senza dimostrazione concreta di questo tipo di buona volontà, come ci si può fidare di Putin che ha mentito su questa guerra, fino a pochissime ore prima di iniziare a invadere un Paese fraterno?

E quindi parlare di pace oggi che senso ha?
Ha senso con il solo obiettivo che sia una pace nella giustizia, una pace giusta e una pace che duri; una pace ingiusta si chiama resa.

Che cosa ha sbagliato l’Europa prima del 24 febbraio?
L’Europa ha voluto credere nel fatto che la Russia non avrebbe scatenato questo conflitto. Purtroppo gli indizi c’erano, e, per lo meno dal dicembre 2021, c’erano informazioni circostanziate dei servizi americani che lo stavano dicendo, avevamo una serie di segnali politici in questa direzione. L’Europa ha sottovalutato in una maniera folle l’invasione del 2014, ha aumentato la sua dipendenza dal gas russo, quindi ha rischiato di trasformare una vulnerabilità economica in una sottomissione politica. Ha sbagliato a non capire la lezione siriana, quando la Russia si è messa di mezzo rispetto alla possibilità di punire il regime di Hassad per aver usato le armi chimiche contro i suoi oppositori. Purtroppo la Russia non era sola in questo e tante persone con nobili principi e ben intenzionate non hanno capito che quando un criminale vede che il crimine paga, lo perpetua.

Quanto è fragile oggi la democrazia?
Se la Russia vincesse, la democrazia in Europa non avrebbe futuro. Noi siamo su questo veramente poco attenti. La sicurezza della democrazia europea dipende dalla relazione con gli Stati Uniti e dal fatto che noi, l’Occidente, viviamo in un mondo le cui regole, le cui istituzioni, sono state costruite per fare di questo mondo un mondo sicuro per la democrazia. Se domani le potenze autoritarie dovessero prevalere, costruirebbero istituzioni in maniera tale da fare del mondo un posto sicuro per le autocrazie. Se si mistifica questo non si capisce più niente. A volte l’anti-occidentalismo prevale sull’amore per la libertà e la democrazia.

Quali possibilità ci sono che la Russia diventi democratica?
Sono convinto che in qualunque Paese i popoli aspirino alla libertà e alla democrazia. Con un Putin al governo non c’è nessuna chance. Putin ha fatto arretrare quel poco di democratizzazione che era stata portata avanti in Russia prima del suo avvento. Quindi, paradossalmente, dalla sconfitta passa la possibilità di risorgere. È una cosa così strana? Mi pare di no. L’Italia, se non avesse perso la II Guerra mondiale, si sarebbe tenuta Mussolini fino alla morte naturale del dittatore. Per cui sappiamo bene che cosa significa. Io penso che l’Ucraina sarà per la Russia quello che la Grecia fu per Mussolini: l’inizio della fine.

Che ruolo sta giocando la Cina?
La Cina ha dimostrato fino ad adesso di sostenere la Russia, ma ha anche dimostrato che ha anche messo dei paletti oltre i quali non vuole andare. I cinesi si sono irritati dalle menzogne di Putin che aveva detto: “Tempo un mese e sistemo la cosa”. Non è andata così. Anche loro stanno pagando un prezzo e si chiedono se di fronte all’evidenza non possa cambiare lo status quo; capiscono che persino per loro questa è una maledizione. Poi vedono anche che l’esercito russo non riesce a conseguire gli obiettivi che vuole nonostante la brutalità che impiega, a fronte dell’esercito ucraino. E forse qualche riflessione sulle loro forze armate i cinesi se le fanno, perché la Cina ha tante forze armate, ma l’ultima volta che ha combattuto era ai tempi della guerra di Corea.

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