Don Dorosz (direttore Caritas latina di Leopoli): “Voi capite il nostro dolore per la guerra”

"Il Vangelo dice che c’è più gioia nel donare che nel ricevere. Io vi dico che per noi è molto importante ricevere. Qua, in Ucraina, non abbiamo più nulla". L’ha detto con forza, e anche con tanta gratitudine, don Wieslaw Dorosz, il direttore della Caritas latina di Leopoli, ai volontari della Misericordia Valle del Savio e di quella di Sarsina. L’incontro si è svolto domenica scorsa al centro di smistamento degli aiuti umanitari. Il magazzino di stoccaggio è operativo a Lezajsk, in Polonia, a pochi chilometri dal confine con il Paese invaso dalla Russia il 24 febbraio di quest’anno.

(Foto ANSA - TWITTER/Oleksiy Goncharenko)

“Il Vangelo dice che c’è più gioia nel donare che nel ricevere. Io vi dico che per noi è molto importante ricevere. Qua, in Ucraina, non abbiamo più nulla”. L’ha detto con forza, e anche con tanta gratitudine, don Wieslaw Dorosz, il direttore della Caritas latina di Leopoli, ai volontari della Misericordia Valle del Savio e di quella di Sarsina. L’incontro si è svolto domenica scorsa al centro di smistamento degli aiuti umanitari. Il magazzino di stoccaggio è operativo a Lezajsk, in Polonia, a pochi chilometri dal confine con il Paese invaso dalla Russia il 24 febbraio di quest’anno.

“Ve lo garantisco: avete fatto bene a realizzare questa vostra terza missione umanitaria – ha aggiunto il sacerdote che si è intrattenuto a lungo con i suoi interlocutori italiani -. All’inizio della guerra qui erano presenti duemila organizzazioni. Adesso ne sono rimaste meno di dieci. Si vede chi è più forte”. Incalzato dalle domande, il direttore della Caritas (ucraino nato da famiglia polacca, con doppia cittadinanza) ha voluto precisare: “Se dobbiamo mangiare il pane secco, siamo capaci di farlo. Ma se qualcuno ci dà un po’ di companatico, lo ringraziamo tanto. E grazie anche per la vostra forza. Si nota che comprendete il dolore di questa nostra guerra. Un dolore che molti hanno dimenticato”.

Sulla guerra il sacerdote ha proseguito: “Non abbiamo paura né delle bombe né delle armi. Temiamo che il governo russo si prenda la nostra terra. A questa guerra ormai ci siamo abituati, ma vi dico anche che più bombe cadono e più gli ucraini si mobilitano”. Poi un pensiero è andato a chi è al fronte: “Anch’io posso essere chiamato a combattere, anche se sono sacerdote. E potrei essere chiamato a uccidere. Ma la domanda è: sarei capace di uccidere? Ma se uno vede quello che fanno a donne e bambini…”. Nei telegiornali non scorrono certe immagini, ha fatto notare don Wieslaw. “Neanche nei film si vede tanto strazio. Quando vedi quello scempio, combatti anche tu”. In merito alla guerra sul campo, il don ha fatto sapere che i russi pare non raccolgano i corpi dei loro caduti. “Loro parlano di 70 mila vittime. Ma non lo sanno quante sono con precisione. Quelle sono le cifre ufficiali. Noi pensiamo siano almeno il doppio”. Dove trovano la forza gli ucraini per combattere una guerra che ora si sta trascinando? “Più ci trattano male e più troviamo convinzione – risponde il prete -. Anche i polacchi ci fanno la stessa domanda: dove trovate la forza? Voi siete liberi da tanti anni. Noi solo dai primi anni 90, dopo il dissolvimento dell’Urss. Da quei tempi ci siamo detti: mai più la dittatura. Putin pensava di prenderci in tre giorni…”.

Lo spavento all’inizio dei bombardamenti è stato grande, per tutti. E dopo tre mesi i più si erano stancati. “Ma quando hanno visto le città riconquistate – ha riferito il direttore Caritas – tutti hanno ripreso coraggio”.

La pace è possibile? Il don non sa rispondere. “Il pericolo ora viene dalla Bielorussia. I nostri militari stanno spingendo i russi verso sud. I droni kamikaze che arrivano dall’Iran sono difficili da intercettare. Qua arrivano gli echi degli appelli di papa Francesco. Arrivano anche critiche per alcune prese di posizione e qualche silenzio. Avvertiamo la presenza delle preghiere del Papa e sappiamo del Vaticano che mette in pista numerosi progetti di aiuto attraverso la Caritas internazionale”.

Comunque, conclude don Wieslaw, “adesso abbiamo bisogno di tutto. I bambini vanno a scuola nei rifugi o vi scendono ogni volta che suona l’allarme. Ci servono anche i generatori di corrente. I vostri aiuti vengono portati con i camion che viaggiano in mezzo alle bombe, ma facciamo fatica a trovare gli autisti perché tutti gli uomini dai 18 ai 60 anni sono stati richiamati per andare al fronte”.

 

(precedentemente pubblicato su “Il corriere cesenate”)

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