Due donne fedeli

Non si spegne l’eco della scomparsa della regina Elisabetta, che ha lasciato questa terra giovedì 8 settembre alla bella età di 96 anni, attiva fino a due giorni prima quando, il 6 settembre, aveva ricevuto nella residenza reale scozzese di Balmoral Liz Truss per la designazione formale a primo Ministro, il quindicesimo nei suoi settanta anni di regno. Attendendo i solenni funerali di Stato, il 19 settembre, undicesimo giorno dalla morte, un regno intero la piange e un mondo la omaggia con stima nel nome della assoluta fedeltà al servizio alla nazione.

Non si spegne l’eco della scomparsa della regina Elisabetta, che ha lasciato questa terra giovedì 8 settembre alla bella età di 96 anni, attiva fino a due giorni prima quando, il 6 settembre, aveva ricevuto nella residenza reale scozzese di Balmoral Liz Truss per la designazione formale a primo Ministro, il quindicesimo nei suoi settanta anni di regno. Attendendo i solenni funerali di Stato, il 19 settembre, undicesimo giorno dalla morte, un regno intero la piange e un mondo la omaggia con stima nel nome della assoluta fedeltà al servizio alla nazione.

Un’altra donna è mancata la corsa settimana, il giorno prima, il 7 settembre, uccisa a bruciapelo a 83 anni, mentre come la regina esercitava senza badare all’età ormai da pensione il suo lavoro: era suor Maria De Coppi, nella missione di Chipene in Mozambico messa sotto attacco dai guerriglieri jihadisti; la stessa missione cui hanno prestato il loro fedele servizio i nostri due sacerdoti fidei donum: don Lorenzo Barro e don Loris Vignadel. A differenza della sovrana, le esequie della suora si sono svolte subito e lei ora riposa nella nuda terra mozambicana, quella a cui ha dedicato i suoi giorni e le sue fatiche per quasi sessant’anni.

C’è regno e regno e le due donne, esempi di fedeltà, hanno dedicato la loro esistenza a chi si erano votate: un regno terreno di popoli e genti la prima; un regno divino da abbracciare negli ultimi la seconda. Un regno che, con la morte, la prima ha perduto, la seconda raggiunto.

Non si fanno semplicistici giochi di classifiche né scale di importanza: probabilmente, in misura e tempo variabili, il ricordo di entrambe sbiadirà. Dovrebbe rimanere in noi l’esempio e l’insegnamento: una vita fedele alla propria missione. La fedeltà costa sempre e in ogni ambito sacrificio, fatica e dedizione. Elisabetta e Maria ne sono state testimoni fino all’ultimo respiro, serene di fronte ai giorni anche più difficili, salde pur nelle onde più burrascose che la vita non ha loro risparmiato.

Il caso vuole che in questi giorni si commemori il venticinquesimo di altre due donne, morte a breve distanza: la prima ugualmente legata alla monarchia britannica, Lady Diana (31 agosto 1997); la seconda ugualmente missionaria, madre Teresa di Calcutta (5 settembre 1997), divenuta la missionaria per eccellenza. Il ricordo di Lady D. si è sfumato negli anni, quello di Made Teresa è salito agli onori degli altari, una santità raggiunta 19 anni dopo la morte, ma riconosciuta fin da subito da chiunque l’avesse conosciuta.

Anche qui, nessun paragone è possibile, né avrebbe senso. E’ ancora l’insegnamento che hanno lasciato a guidare i nostri passi e i nostri cuori. Madre Teresa disse: “Dio non pretende da me che abbia successo. Dio mi chiede di essere fedele”. E questo è tutto.

E allora grazie per la testimonianza di servizio lungo una vita alla Regina, che in questi giorni è pianta da una nazione intera e stimata in tutto il mondo in virtù di una dedizione mai venuta meno. E grazie, infinitamente grazie, a suor Maria che come altre religiose e laiche morte in missione, come e prima di lei, ci ricorda che i nostri giorni, tanti o pochi che siano, possono essere legati alla terra o, nella misura in cui si donano al prossimo per amore di Dio, profumare già di cielo. Solo quest’ultimo è imperituro.

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