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Ucraina: “Slava Ukraini”, il viaggio da Kiev a Borodyanka

Da Kiev a Borodyanka, passando per le città martiri del conflitto in Ucraina. Mentre si combatte furiosamente nel Donbass, a Kiev e nei centri vicini, oggetto di attacchi nelle prime settimane dopo l'invasione russa, si cerca di ritrovare un po' di "normalità"

(Foto SIR)

“Slava Ukraini”, Gloria all’Ucraina: dal finestrino abbassato il conducente saluta il soldato armato di tutto punto di guardia al check point. “Heroiam slava!”, Gloria agli eroi, la sua risposta. Un veloce ma approfondito controllo dei documenti e via libera. Nel tratto di strada che separa la capitale Kiev dai centri limitrofi di Bucha, Irpin, Borodyanka, tutti nel raggio di qualche decina di chilometri, grandi blocchi di cemento, cavalli di frisia e sacchi di sabbia posizionati sull’asfalto costringono le auto a rallentare e a fare delle lunghe gimkane, sotto lo sguardo attento dei militari. Nei boschi circostanti si intravedono i resti delle trincee scavate dalle truppe ucraine per fronteggiare l’avanzata terrestre russa che si è arrestata proprio in questa zona. Quella che doveva essere una marcia trionfale verso Kiev per l’armata russa si è rivelata invece una triste ritirata.

Lungo la strada enormi poster inneggiano al coraggio e al valore dei militari ucraini. Uno di questi, quasi del tutto rovinato dalle intemperie, riporta la cifra ‘450’ che nel gergo militare ucraino significa dire “sto bene”. Un linguaggio cifrato usato dai militari per comunicare dal fronte con le famiglie in modo sicuro e veloce. Un altro invita ad “ad arruolarsi perché il futuro dell’Ucraina è nelle tue mani”. Slogan patriottici – “il coraggio è un marchio ucraino” – campeggiano anche nelle vetrine dei negozi delle vie principali della capitale che cerca, seppur lentamente, di tornare a un po’ di normalità. Il traffico caotico di prima della guerra è solo un ricordo, si stima che almeno 400mila abitanti abbiano lasciato Kiev a causa della guerra. Piazza dell’Indipendenza, meglio nota come piazza Majdan, è deserta e presidiata dai soldati. Le stazioni della metropolitana sono praticamente vuote. La corsa verso i sotterranei durante gli attacchi aerei sembra essere solo un ricordo. Al lato della piazza si nota una distesa di tulipani rossi a ricordo delle vittime, ucraine e straniere, del conflitto. Qui, chi conosce un caduto per la causa ucraina può prendere una bandierina gialloblu, scriverci il nome sopra e conficcarla nel prato alla memoria. Nelle città vige il coprifuoco, dalle 23 alle 5 del mattino, a Kiev comincia invece alle 21. In questo fine settimana – complice il 9 maggio giorno in cui la Russia celebra la vittoria sui nazisti nella Seconda Guerra Mondiale – le autorità ucraine ne allungheranno la durata. Nella regione di Kiev i giorni di coprifuoco totale saranno due, l’8 e il 9 maggio. Il pericolo di attacco aereo russo, secondo le autorità della regione di Kiev, è altissimo. Così si corre ai ripari. Ancora oggi il presidente Zelenskiy, in un messaggio diffuso attraverso Telegram, chiede a tutti i cittadini di non ignorare gli allarmi aerei, di rispettare il coprifuoco e di evitare di addentrarsi nei boschi, già occupati dai russi, per non cadere in zone minate.

Anche i centri di Bucha, Irpin e Borodyanka, occupati all’inizio dai russi che qui prima di ritirarsi hanno compiuto eccidi, saccheggi e distruzioni provano a ripartire. La fossa comune dove sono stati ritrovati oltre 100 corpi di civili, trucidati dai russi, situata in un campo dietro la chiesa ortodossa di s. Andrea oggi è diventata un luogo di preghiera dove la gente viene a deporre dei fiori. I cadaveri nelle strade, mostrati dalle tv di tutto il mondo, sono stati raccolti e sepolti, e anche i resti delle auto crivellate di colpi sono state rimosse. Ma il ricordo di quei giorni non accenna a svanire. Si cerca di esorcizzare la paura della guerra riparando le case e rimuovendo le macerie. Spunta anche qualche aiuola fiorita. Tante le code di auto ai distributori. La benzina viene razionata, non più di 10 litri a persona. Ma qui le opinioni divergono: c’è chi pensa che il razionamento sia dovuto al conflitto e chi, invece, alla speculazione delle compagnie petrolifere che attendono un prossimo via libera del Governo ad un aumento del prezzo dei carburanti.

All’ingresso della vicina Irpin è stato creato una sorta di cimitero di guerra dove sono state depositate le carcasse dei tank russi distrutti dagli ucraini. Gli abitanti del posto vengono a prenderne dei pezzi da riciclare o riutilizzare per ricostruire le proprie abitazioni. Forse anche questo è un modo per riprendersi quanto i russi avevano sottratto loro, case e proprietà. Su qualcuno di questi carri armati, tutti bruciati, si leggono insulti all’armata russa e a Putin. In un furgone bianco campeggia la scritta “mine”. Tante sono quelle lasciate dai russi nei boschi e nelle strade. Poche centinaia di metri più avanti ecco quel che resta di un centro commerciale centrato dai missili di Putin. Si prova a fare la conta dei danni, enormi. Da un palo della luce davanti le macerie scendono dei fili elettrici nuovi di zecca. Il primo passo, spiegano due operai lì al lavoro, sarà quello di riallacciare l’energia elettrica. Si lavora anche nell’ospedale locale dove i medici hanno disegnato sui muri esterni delle croci rosse per evitare di essere colpiti fai missili.

Stessa sorte a Borodyanka, uno dei centri più colpiti dall’aviazione russa il 1° e 2 marzo. In quei giorni i militari russi non permisero ai vigili del fuoco della città di portare aiuto a chi era rimasto sotto le bombe. Alcuni di questi corpi furono estratti solo a metà aprile. L’ingresso in città è un’enorme fila di palazzi anneriti dalle bombe, completamente sventrati. Sui muri delle case e delle palazzine l’esercito russo ha disegnato delle “V”, una lettera identificativa riferibile alle truppe ausiliarie, probabilmente battaglioni ceceni. Tra le macerie emergono ancora scampoli di vite troncate, dei peluche, degli abiti appesi, pezzi di arredo. Su una panchina, poco distante da uno di questi palazzi la cui architettura richiama quella dell’ex Unione Sovietica, una coppia di fidanzati trascorre del tempo parlando al telefono con degli amici. Qui, lo scorso 28 aprile, è arrivato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Davanti a questi palazzi di 10 piani ha parlato di “distruzione inaccettabile nel XXI secolo”. Ma ancora prima, il giorno di Venerdì Santo (15 aprile), qui sono venuti il card. Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio, con il nunzio apostolico a Kiev, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas. Insieme hanno pregato davanti ad una tomba con almeno 80 persone, sepolte senza nome e senza cognome.

Forte la commozione del nunzio, riferita al Sir durante un incontro nella capitale con Aiuto alla Chiesa che soffre, davanti a “corpi di bambini e bambine straziati e torturati con bottiglie, estratti da sotto le macerie”. Andando via da Borodyanka il nunzio ha portato con sé una copia intatta del Nuovo Testamento ritrovata dai pompieri in una casa all’ottavo piano di un palazzo incendiato ed una Bibbia trovata sotto i crolli. Due reliquie, due simboli di speranza futura. Come lo è una madre di Borodyanka e la figlia che tornano a casa tenendosi per mano. In attesa del padre che combatte al fronte. “Slava Ukraini”.

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