This content is available in English

Incontro vescovi e sindaci del Mediterraneo. Card. López Romero (Marocco): “È Cristo stesso che nei migranti grida: sto alla porta e busso”

Intervista al card. Cristóbal López Romero, arcivescovo salesiano di Rabat (Marocco): “Il titolo dell’incontro - dice - non mi convince del tutto. Preferirei: Mediterraneo, pace senza frontiere. Se l’Europa ha saputo - nonostante le sue numerose differenze nazionali, storiche, culturali e religiose - unirsi e praticamente cancellare i confini tra i 27 Paesi membri dell’Unione, perché non sognare un Mediterraneo in pace e senza frontiere, unito nella diversità?”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Il “grido” all’Europa perché “sia rispettato il diritto umano all’immigrazione”. L’invito a vincere la paura del diverso “con la vicinanza e con il contatto diretto” perché “i pregiudizi cadono quando guardiamo negli occhi l’altro”. L’appello ai sindaci del Mediterraneo a “leggere e applicare alle loro città le due Encicliche di Francesco: Laudato Si’ e Fratelli Tutti”. A parlare è il card. Cristóbal López Romero, arcivescovo salesiano di Rabat (Marocco). Il Sir lo ha raggiunto telefonicamente per parlare dell’Incontro dei Vescovi e Sindaci del Mediterraneo che si terrà dal 23 al 27 febbraio, a Firenze, e si concluderà con la visita di Papa Francesco. “Se l’Europa ha saputo – nonostante le sue numerose differenze nazionali, storiche, culturali e religiose – unirsi e praticamente cancellare i confini tra i 27 paesi membri dell’Unione, perché non sognare un Mediterraneo in pace e senza frontiere, unito nella diversità?”, chiede l’arcivescovo. “Certo è un orizzonte lontano e utopico”, aggiunge. Ma “una marcia di 10 chilometri inizia con il primo passo. Se questo primo passo non viene fatto, non ci sarà né marcia né arrivo”.

Il Marocco, terra di primo approdo per molti migranti provenienti dai paesi dell’Africa. Quale “grido” questi giovani donne e uomini lanciano all’Europa e al “mondo ricco”?

Il Marocco non è solo il primo punto di arrivo e di passaggio per decine di migliaia di persone che emigrano dai diversi Paesi subsahariani. Diventa per non pochi un Paese di destinazione e di accoglienza, vista la quasi impossibilità o grande difficoltà a raggiungere l’obiettivo che è sempre l’Europa. Ma è anche il Paese di origine e di partenza di molti marocchini che vogliono raggiungere l’Europa. Gli uni e gli altri gridano all’Europa e al mondo ricco che sia rispettato il diritto umano all’immigrazione. All’art. 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, si dice che ‘ognuno ha il diritto di muoversi liberamente e di scegliere la propria residenza nel territorio di uno Stato’. Ognuno ha quindi il diritto di andarsene da qualsiasi Paese e il diritto di ritornare. Chi può negare ad un fratello il diritto di partire da situazioni di guerra o di miseria? Come negare a qualcuno il diritto di cercare una vita dignitosa in condizioni umane? Certo, questo diritto alla migrazione deve essere organizzato e regolamentato ma non può essere che le uniche misure prese, siano misure di polizia che consistono nella chiusura di tutto un continente.

Il Papa spesso denuncia il tragico fatto che il Mediterraneo sia diventato il più grande cimitero dell’Europa. Quale voce possono avere in questo ambito le Chiese?

Penso che Cristo stesso, nella persona di questi fratelli, ci grida: ‘Ecco, io sto alla porta e busso’. E sarà Cristo stesso che nel giudizio finale ci dirà: venite alla mia destra perché ero straniero e mi avete accolto oppure alla mia sinistra perché ero straniero e mi avete respinto. Non può essere che le uniche misure siano le chiusure delle frontiere o la costruzione di muri, recinzioni e fossati. Il grido di Cristo è questo: ‘Ecco, io sto alla porta e busso’.

A Firenze, ci saranno anche i sindaci del Mediterraneo: cosa vorrebbe chiedere ai responsabili della politica e delle città?

Sfortunatamente le politiche migratorie, di solito, non dipendono dalle autorità municipali, locali, ma dai governi nazionali. In ogni caso, le città possono dichiararsi città aperte e accoglienti e organizzare servizi sociali per accogliere chi è già arrivato in Europa, anche se in modo irregolare. Le città possono fare propri gli obiettivi di accoglienza, protezione, promozione e integrazioni ma è necessario coinvolgere i cittadini, la società civile, i gruppi, i movimenti e le associazioni e anche le Chiese, attraverso le parrocchie, gli ordini religiosi e i suoi organismi di servizio sociale. Le città non possono fare tutto ma questo non dovrebbe essere una scusa per non fare nulla. Ma il fenomeno migratorio non è l’unico che le città devono affrontare. Ci sono molti altri campi aperti, come quello ecologico, sociale e culturale, il mondo del lavoro. In tutte le città, possono e devono migliorarsi le cose. Invito i sindaci a leggere e applicare alle loro città le due Encicliche di Francesco: Laudato Si’ e Fratelli Tutti.

L’Europa ha paura dell’Islam. Il Marocco è terra di Islam dove la comunità cattolica è una piccola minoranza. Come si costruisce il dialogo? Come si abbattono i muri della paura?

I muri della paura si abbattono con la vicinanza, con il contatto diretto. I pregiudizi cadono quando guardiamo negli occhi l’altro, quando lo ascoltiamo, quando condividiamo con lui il lavoro e il tavolo, il divertimento e la vita sociale. Lì, scopriamo che l’altro è come noi, con le sue luci e le sue ombre, come noi. La testimonianza che le Chiese del Sud del Mediterraneo possono offrire a quelle del Nord, è che cristiani e musulmani, possiamo vivere insieme e in amicizia, che la fraternità umana è possibile, al di là delle differenze, delle nazionalità, religioni, cultura. Ecco perché di solito dico ai miei compatrioti spagnoli ed europei: parlate meno dei musulmani e parlate di più con i musulmani. Perché questo parlare con loro, questo avvicinarsi, farà cadere i pregiudizi e scoprire che siamo veramente fratelli, in Adamo, in Abramo, in Mosè.

Mediterraneo: frontiera di pace. Come si costruisce la pace e quale contributo possono dare le Chiese?

Il titolo dell’incontro non mi convince del tutto. Preferirei: Mediterraneo, pace senza frontiere. Se l’Europa ha saputo – nonostante le sue numerose differenze nazionali, storiche, culturali e religiose – unirsi e praticamente cancellare i confini tra i 27 paesi membri dell’Unione, perché non sognare un Mediterraneo in pace e senza frontiere, unito nella diversità? Certo è un orizzonte lontano e utopico ma mobilitante. Settanta anni fa, c’erano politici sognatori, di grandi visioni, che immaginavano un’Europa unita. Sono stati fatti molti progressi, anche se questo obiettivo non è stato raggiunto al 100 per cento. Penso però che dal cielo Schumann, De Gasperi, Adenauer devono essere contenti del cammino fatto. Una marcia di 10 chilometri inizia con il primo passo. Se questo primo passo non viene fatto, non ci sarà né marcia né arrivo. Bisogna allora incontrarsi, conoscersi, interagire con rispetto reciproco, abbattere i pregiudizi, stabilire accordi, instaurare rapporti di fiducia. Propongo di cominciare a costruire questo Mediterraneo in pace e senza frontiere che coinvolga i Paesi del Maghreb – dal Marocco, alla Tunisia, all’Algeria – il Medio Oriente dal Libano alla Siria, da Israele e Palestina alla Turchia. E i Paesi dei Balcani, dalla Croazia alla Serbia.

Altri articoli in Europa

Europa