Il presidente dei vescovi francesi: “Abbiamo chiesto al Papa di venire in nostro aiuto”

"Tutte le risoluzioni che abbiamo votato costituiscono un vasto programma di rinnovamento delle nostre pratiche di governo a livello di diocesi e a livello di Chiesa in Francia. Abbiamo deciso insieme di chiedere al Papa, poiché siamo stati nominati da lui, di venire in nostro aiuto, mandando qualcuno di sua fiducia a discutere con noi il modo in cui abbiamo trattato e trattiamo le vittime e i loro aggressori”. È il centro del discorso tenuto dal presidente della Conferenza episcopale francese, mons. Éric de Moulins-Beaufort, a chiusura questa mattina dell’assemblea plenaria dei vescovi francesi a Lourdes

(Foto AFP/SIR)

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La richiesta a papa Francesco di inviare una equipe di “visitatori” per verificare l’operato della Chiesa in Francia in materia di protezione dei minori e, se necessario, “dare seguito” a quanto emerge dalla visita. E la decisione di prendere dalle “riserve” della Chiesa, beni immobiliari e mobiliari, e non dai fondi dei fedeli che sono per la missione, per coprire i costi dei risarcimenti alle vittime. Sono le “misure” più forti contenute nel pacchetto delle decisioni prese e votate dalla “grande maggioranza, superiore ai due terzi” dai vescovi francesi riuniti a Lourdes per l’assemblea plenaria. A presentarle in conferenza stampa sono stati il presidente e i due-vice presidenti della Conferenza episcopale, mons. Éric de Moulins-Beaufort, mons. Dominique Blanchet e mons. Olivier Leborgne. “Tutte le risoluzioni che abbiamo votato costituiscono un vasto programma di rinnovamento delle nostre pratiche di governo a livello di diocesi e a livello di Chiesa in Francia”, ha detto a chiusura di plenaria mons. de Moulins-Beaufort. “Trasmetteremo al Santo Padre, dopo averle rielaborate, le raccomandazioni della Ciase che riguardano la Chiesa universale. Abbiamo deciso insieme di chiedere al Papa, poiché siamo stati nominati da lui, di venire in nostro aiuto, mandando qualcuno di sua fiducia a discutere con noi il modo in cui abbiamo trattato e trattiamo le vittime e i loro aggressori”. Rispondendo alla domanda di una giornalista in merito alla richiesta di dimissioni che era stata sollevata in Francia subito dopo la pubblicazione un mese fa del Rapporto Ciase, mons. Olivier Leborgne, vescovo di Arras, dice: “abbiamo preso la decisione di chiedere al Papa di inviarci dei visitatori perché possano valutare ciò che è successo. Siamo pronti a farci carico di tutte le conseguenze che saranno necessarie”.

L’altra grande novità contenuta nel pacchetto delle misure prese è la decisione di “dismettere”, se necessario, i beni immobiliari e mobiliari della Conferenza episcopale francese e delle diocesi per far fronte al risarcimento delle persone vittime. “Abbiamo deciso di prendere dalle nostre riserve di sicurezza – spiega mons. Dominique Blanchet, vescovo di Créteil – per evitare di toccare i fondi che vengono dati dai donatori e sono riservati esclusivamente alla missione. Prendere i fondi dalle riserve della Chiesa ci sembra un modo per implicarci come istituzione nella riparazione”. La plenaria ha poi deciso la creazione di una “Istanza nazionale indipendente di riconoscimento e riparazione” che sarà guidata da una donna, e tra le misure particolari, figura la richiesta da parte dei vescovi che ci sia sempre e almeno una donna nel “consiglio” di ogni seminario e casa di formazione e che venga istituito un “Tribunale penale canonico nazionale” che prenderà funzione a partire dal 1 aprile 2022.

È passato un mese dalla pubblicazione del rapporto choc della Ciase, la Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica di Francia. Dall’inchiesta – che è stata presentata anche in Assemblea nazionale – è emerso che dal 1950, sono state 216.000 le vittime di violenze sessuali quando erano minorenni da parte di religiosi. Cifra che raggiunge quota 330mila se si aggiungono le vittime di abusi commessi da operatori laici della Chiesa. Il rapporto stima intorno a 3.000 il numero di ‘predatori’ coinvolti in questi fatti negli ultimi 70 anni. La plenaria di Lourdes si è svolta in un clima di profonda gravità della situazione. E’ mons. Éric de Moulins-Beaufort, presidente dei vescovi, a descrivere ai giornalisti l’atmosfera che si è respirata in questi giorni: “Siamo stati obbligati a riconoscere che la nostra Chiesa è un luogo di gravi crimini, di attacchi spaventosi alla vita e all’integrità di bambini e adulti. Questo non può essere”. Ciò che la Commissione Ciase ha descritto nel suo Rapporto “non è la nostra Chiesa. Non siamo diventati sacerdoti per prendere parte, anche nostro malgrado, ad atti omicidi. Non siamo cristiani per mantenere in vita un organismo pericoloso per gli altri. La nostra reazione come vescovi è stata dunque: questo male commesso, questo male esistente, dobbiamo assumerlo. Dobbiamo assumerlo per liberare chi ne ha sofferto e per liberarne la Chiesa perché possa essere quella di Gesù di Nazareth”.

Venerdì scorso, era stata annunciata la decisione di riconoscere la “responsabilità istituzionale” della Chiesa per gli abusi commessi dai preti e “la dimensione sistemica” in cui sono avvenute queste violenze. Una decisione che è stata definita necessaria per “intraprendere un percorso di riconoscimento e riparazione”. “Lo abbiamo fatto – spiega de Moulins-Beaufort – pensando a ciascuno di quei bambini, ragazzini, bambine, adolescenti, che piangono in segreto nel profondo della loro anima e fino all’ultimo giorno della loro vita”. Ed è stata proprio l’immagine in scultura di un bimbo in lacrime il simbolo che ha caratterizzato sabato il gesto penitenziale dei vescovi che in memoria e in preghiera per tutte le vittime si sono inginocchiati sul sagrato della Basilica di Lourdes. Sono seguiti a Lourdes giorni di fitto e intenso lavoro e confronto al quale si sono aggiunti fedeli laici, membri di associazioni e movimenti, persone vittime di abuso. “Ci sembra provvidenziale”, dice mons. de Moulins-Beaufort. “La misericordia di Dio mette a nudo quella che è la nostra vergogna ma ci permette anche di essere liberati, forse un giorno guariti, indicandosi un percorso di guarigione”.

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