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Organizzare l’accoglienza dei migranti: il valore aggiunto dei Corridoi umanitari

La pandemia Covid-19 rimane - giustamente - sulle prime pagine dei giornali. Ma altre sfide sono più che mai presenti nel panorama internazionale. Tra l'Africa, il Medio Oriente e l'Europa il fenomeno migratorio non è mai cessato. I continui naufragi e le morti in mare scuotono le coscienze. Mentre si cercano faticose risposte politiche, e qualcuno ad arte alimenta un populismo violento anti-stranieri, la Comunità di Sant'Egidio, in collaborazione con le istituzioni, ha creato una risposta efficace - i Corridoi umanitari - e di grande significato simbolico

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

L’8 luglio 2013 Papa Francesco dedicava il suo primo viaggio apostolico alla piccola isola di Lampedusa diventata speranza per tanti migranti, in quanto porta dell’Europa più vicina dell’Africa del Nord, luogo simbolo della sofferenza nel Mediterraneo. “Sono qui per scuotere le coscienze”, disse, per denunciare l’indifferenza di fronte alle sciagure che regolarmente alimentano l’attualità. Abbiamo sotto gli occhi le terribili immagini di migranti che sfuggono la miseria, le guerre, le persecuzioni. Dall’Europa li vediamo tentare di attraversare il Mediterraneo che è diventato un cimitero, il cimitero di tante speranze di uomini, di donne, di bambini. Coloro che riescono a raggiungere l’Europa in genere non sono accolti con benevolenza. A volte sono rinchiusi in campi, a volte riescono a entrare in un Paese, ma, senza documenti ufficiali, sono costretti a nascondersi, a lavorare clandestinamente, diventando “prede” per trafficanti e sfruttatori di ogni genere. I migranti sono anche strumentalizzati da taluni partiti politici per seminare la paura tra le popolazioni dei Paesi di accoglienza: alcuni leader parlano addirittura di “invasione”.
Per evitare risposte discriminanti o violente occorre predisporre soluzioni rispettose delle preoccupazioni degli Stati e delle popolazioni che accolgono i profughi, senza dimenticare i rischi di un naufragio in mare né le violenze perpetrate dai neoschiavisti nel deserto. La Comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con la Federazione delle Chiese evangeliche italiane e la Conferenza episcopale italiana, ha creato i Corridoi umanitari nel 2015. E’ un’iniziativa ecumenica, che prevede una collaborazione con gli Stati e con organizzazioni internazionali in particolare l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Si tratta in un primo tempo di identificare i candidati all’asilo con l’aiuto di attori locali nei Paesi di partenza (Siria, Libano, Etiopia per esempio) e di organizzare la loro venuta in Europa in condizioni di sicurezza. Protocolli sono stati firmati con l’Italia, il Belgio, la Francia (con questo Paese il protocollo del 2017 è stato rinnovato il 12 aprile scorso con i ministeri degli Interni e dell’Estero, e prevede l’arrivo in Francia di 300 persone). L’operazione si appoggia su un regolamento europeo recente (n. 810/2009), sul Codice comunitario dei visti che prevede la possibilità per gli Stati dell’Unione europea di emettere visti umanitari validi per un singolo Paese.

I Corridoi umanitari non sono limitati al solo viaggio.

Appena giunti nel Paese di accoglienza i rifugiati sono presi in carica dalle associazioni promotrici per organizzare l’ospitalità, la preparazione linguistica, la ricerca di lavoro. Tutta una rete di impegno sociale e di sostegno umano prosegue dopo l’arrivo con conseguenze positive sulla società. I profughi vengono veramente accolti, ospitati in case e strutture disseminate su tutto il territorio nazionale, secondo il principio dell’accoglienza diffusa. Ciò rassicura tutti, anche per evitare il sorgere di paure e reazioni populiste di odio contro gli stranieri.
Gli obiettivi dei Corridoi umanitari sono quindi: organizzare viaggi sicuri e lottare contro la tratta degli esseri umani, assicurare l’entrata legale nei Paesi di rifugio, preparare con cura l’accoglienza con la mobilitazione di associazioni, opporsi alla propaganda populista che sfrutta i sentimenti di paura di fronte all’alterità. Soprattutto il programma prende in considerazione la situazione individuale di ogni persona, in particolare per le madri sole con bambini, con un’attenzione particolare alle vulnerabilità, alle sofferenze già vissute provocate dalla guerra, dalle violenze di ogni tipo, dalle malattie.
L’esperienza dei Corridoi umanitari dimostra che l’immigrazione può essere organizzata sulla base dell’impegno della società civile attraverso le associazioni che promuovono il programma e associazioni amiche, che prendono in carica tutta l’organizzazione e tutte le spese che non pesano sulle istituzioni pubbliche. Un modello umano per l’Europa tentata dal nazional-egoismo.

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