Paradosso eutanasia. Chiedere la morte mentre l’umanità lotta per la vita

Sarà tutta colpa della tempistica, ma il via libera all’eutanasia da parte del Parlamento spagnolo suona sinistro. Sì, perché mentre l’umanità intera affronta la prova più drammatica per la propria sopravvivenza, mentre nelle corsie di ospedale si lotta senza tregua per strappare alla morte anche il più anziano e malato fra noi, i parlamentari di un altro Paese occidentale danno il via libera alla pratica estrema dell’eutanasia di Stato. Quindi legalizzata e garantita dal servizio sanitario nazionale.

Sarà tutta colpa della tempistica, ma il via libera all’eutanasia da parte del Parlamento spagnolo suona sinistro. Sì, perché mentre l’umanità intera affronta la prova più drammatica per la propria sopravvivenza, mentre nelle corsie di ospedale si lotta senza tregua per strappare alla morte anche il più anziano e malato fra noi, i parlamentari di un altro Paese occidentale danno il via libera alla pratica estrema dell’eutanasia di Stato. Quindi legalizzata e garantita dal servizio sanitario nazionale. Appare persino superfluo sottolineare come la Spagna, terra di forte tradizione cristiana abbia imboccato una strada che contraddice le sue radici storiche. La realtà, infatti, racconta di un Paese che attraverso una maggioranza parlamentare, qualificata ma non assoluta, decide di offrire una via di fuga dalla vita a quanti considerano intollerabile il proprio dolore o per i quali si ritiene non vi sia alcuna possibilità di cura.
Naturalmente ci verrà detto che quella spagnola è una vittoria dell’umana pietà e della libertà personale. Ma è difficile sottrarsi a una drammatica consapevolezza: l’eutanasia di Stato, una volta ottenuto il via libera politico, viene sempre più percepita come una concreta possibilità di cui avvalersi. Se non addirittura di un diritto. Ripercorrendo, così, la parabola già tracciata dalla legge sull’aborto o sulla fecondazione eterologa passate da pratiche opzionali a intoccabili “diritti umani”.

La Spagna comunque non è l’unico Paese al mondo che legalizza l’eutanasia: è il quarto in Europa dopo l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, ma è il primo fra i Paesi mediterranei e del Sud dell’Europa. Dunque, un cambio di passo nel Continente, anche in considerazione di un’analoga iniziativa legislativa nel vicino Portogallo fermata, almeno per il momento, dai giudici della Corte Costituzionale. Di sicuro il tema verrà riproposto anche nel nostro Paese e non possiamo sapere se lo strappo spagnolo darà nuovo slancio a nuove manovre legislative sul fine vita. È altamente probabile che la Spagna possa diventare per molti italiani la meta preferita per fare l’ultimo viaggio, abbandonando la via eutanasica della Svizzera, sino ad oggi praticata a “pagamento”. Insomma, la nuova rotta verso la “dolce morte”, al riparo della legge di uno Stato europeo.

Certo è che oggi, il nostro Parlamento, non ha nessuna voglia di occuparsi di eutanasia. Difficile non immaginare che però, una volta ritrovata una temporanea serenità sul fronte della pandemia, la questione non torni prepotentemente ad interessare il dibattito pubblico.
Di sicuro, resta conclamata la grande contraddizione: mentre il mondo lotta per sopravvivere alla pandemia, in un Paese amico la politica dà via libera all’eutanasia. Sembra quasi che la morte, con la nostra complicità, voglia prendersi definitivamente la scena.

Forse sarebbe più sano, anche mentalmente, tornare a occuparci della vita. E del buon diritto, di tutti noi, di godere della vita che abbiamo ricevuto in dono.

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