Lech Wałęsa: “Così nacque Solidarność: dalla parola di Giovanni Paolo II e dal coraggio degli operai polacchi”

40 anni fa a Danzica le autorità comuniste dell’allora Repubblica popolare di Polonia, dal 1945 asservita al regime sovietico, si dovettero arrendere agli operai che in tutto il Paese chiedevano il riconoscimento dei loro diritti civili. Fra questi diritti vi fu la costituzione di un sindacato libero, indipendente e solidale chiamato Solidarność, ma anche il diritto a professare apertamente la propria fede cristiana. A capo degli operai dei cantieri navali di Danzica c'era un semplice elettricista Lech Wałęsa che alcuni anni dopo venne insignito del premio Nobel per la pace (1983) e nel 1990 eletto capo dello Stato (1990-1995). In occasione del quarantennale di Solidarność, il Sir ha chiesto allo statista polacco di condividere le riflessioni riguardanti la lotta per la libertà dei polacchi

(Foto ANSA/SIR)

40 anni fa a Danzica le autorità comuniste dell’allora Repubblica popolare di Polonia, dal 1945 asservita al regime sovietico, si dovettero arrendere agli operai che in tutto il paese chiedevano il riconoscimento dei loro diritti civili. Fra questi diritti vi fu la costituzione di un sindacato libero, indipendente e solidale chiamato Solidarność, ma anche il diritto a professare apertamente la propria fede cristiana. Uno dei punti dell’accordo sottoscritto il 31 agosto del 1980 riguardava proprio la trasmissione in diretta Tv della solenne liturgia domenicale. A capo degli operai dei cantieri navali di Danzica c’era un semplice elettricista Lech Wałęsa che alcuni anni dopo venne insignito del premio Nobel per la Pace (1983) e nel 1990 eletto capo dello Stato (1990-1995).

In occasione del quarantennale di Solidarność, il Sir ha chiesto allo statista polacco di condividere le riflessioni riguardanti la lotta per la libertà dei polacchi che rese possibile la caduta del Muro di Berlino (1989) e, successivamente, una pacifica trasformazione dell’intero continente europeo.

“Oggi possiamo dire che abbiamo chiuso l’epoca delle divisioni. Si è aperta invece l’era dell’intelletto, dell’informazione, e della globalizzazione. – osserva Wałęsa parlando con il Sir attraverso Skype dal suo studio a Danzica – Questi tempi nuovi richiedono dei programmi e delle strutture diversi da quelli del passato. Oggi, per trovare delle soluzioni adeguate alle sfide della modernità, è necessaria la discussione, il dialogo. Per me, la domanda principale alla quale dobbiamo rispondere riguarda le fondamenta sui quali vogliamo costruire la nuova epoca. La seconda domanda concerne il sistema economico più adeguato a questa nuova costruzione. La terza domanda alla quale dobbiamo trovare risposta invece si riferisce a come vincere i demagoghi del populismo e i politici truffatori. E devo dire che le questioni che ho appena elencato mi sembrano talmente difficili che, al confronto, la nostra vittoria di quarant’anni fa mi pare piccola e insufficiente”.

Su quali valori dovrebbe basarsi il nuovo ordine mondiale?

Ogni Paese ha dei valori leggermente diversi dagli altri e, a volte, professa anche una fede diversa. Quindi, in un’epoca del dialogo, per arrivare ad una conclusione comune dobbiamo prima di tutto discutere. E solo quando troveremo consenso di tutti, potremmo iniziare a costruire insieme un mondo migliore. Per il momento non ci siamo ancora riusciti. La discussione è ancora in corso. D’altro canto però, la vita non ammette il vuoto. E siccome i politici non hanno fatto in tempo a formulare delle proposte per il futuro, i demoni del passato si stanno risvegliando. Così la gente che desidera il cambiamento vota dei populisti che promettono loro di un mondo migliore. È quindi necessario che si risveglino al più presto le persone capaci di togliere l’iniziativa dalle mani dei demagoghi e dei populisti. Non so, quando ciò potrà succedere. Ma deve succedere perché diversamente distruggeremo la nostra civilizzazione.

Sin dai tempi degli scioperi nei cantieri navali di Danzica, lei porta la spilla con l’effigie della Madonna Nera di Czestochowa. Qual è il significato di un tale distintivo?

La spilla che porto mi è stata regalata da una signora che l’aveva portato da Częstochowa, dove si era recata in pellegrinaggio da Danzica. Questa signora me l’ha attaccata addossa davanti alle telecamere di tutto il mondo, senza alcun preavviso. Ero alquanto sorpreso ma l’avevo ringraziata e l’ho assicurata che avrei portato quel distintivo finché sarò impegnato nelle attività pubbliche. E ho mantenuto la parola. Da sempre ho la medaglietta al collo: non mi sarebbe mai venuto in mente di portare bene in vista anche una spilla con la Madonna di Częstochowa. Anche perché potrebbe far pensare che volessi usare la fede ai propri fini. Cosa che ho sempre evitato.

I diritti civili negati di fatto dal regime comunista, programmaticamente ateo, comprendevano anche i diritti d’opinione e quindi il diritto alla libera professione della propria fede. Fra le 21 istanze formulate dagli operai in sciopero a Danzica vi fu anche la richiesta relativa alla trasmissione nella Tv pubblica della liturgia domenicale.

Il diritto a professare la propria fede era una questione molto sentita e molto importante per i polacchi. E proprio questa convinzione della gente ci fece formulare la richiesta di inserire nel palinsesto della tv pubblica la trasmissione live della santa Messa domenicale. Ma non fu una mia iniziativa personale. Io ho solo cercato di far sì che le nostre istanze ci unissero, evitando le divisioni. Era importante che le nostre richieste fossero limitate nel numero. In modo che ognuno potesse facilmente conoscerle, ricordare, e verificare la loro realizzazione. Per evitare che le autorità ci dicessero di aver fatto qualcosa, senza realmente aver ottemperato agli impegni presi.

Lei ha incontrato più volte papa Wojtyła. Quale di questi incontri è stato il più importante, e quale ricorda con maggiore commozione?

Tutti gli incontri con Giovanni Paolo II formano per me una inseparabile catena di eventi importantissimi. La vedo proprio così. Come un tutt’uno. All’epoca di Solidarność non mi lasciavo guidare da sentimenti o da emozioni. Cercavo invece di calcolare con freddezza, di vedere i punti deboli del nemico, per fare più passi possibili verso la libertà.

Giovanni Paolo II è stato un sostegno molto importante per i polacchi nella loro corsa verso la libertà.

Bisogna vedere i fatti da una prospettiva diversa. Il comunismo adottò la regola di non permettere al popolo di raggrupparsi, di riunirsi in assemblea. Cercava di vanificare ogni tentativo di autodeterminazione sociale. Al contempo, ci ricordava che in Polonia vi erano oltre 200mila soldati russi, e che attorno alla Polonia vi era oltre un milione di questi soldati. Il regime in quel modo rimarcava come noi, gli oppositori, non avessimo alcuna chance di vincere, non avessimo alcun peso, e che in Polonia qualunque opposizione fosse di fatto ininfluente. In quel modo il regime sovietico, con la sua propaganda, aveva convinto tutto il mondo delle sue ragioni, facendo sì che in Polonia nessuno avesse la speranza di riconquistare la libertà. Ma noi abbiamo pregato, e ci fu dato il Papa polacco che dopo un anno sul soglio pontificio visitò la Polonia. Agli incontri con il Papa, su tutto il territorio nazionale, si riunì l’intero popolo polacco. Giovanni Paolo II ci disse di non aver paura, e di cambiare la nostra terra. Il Papa ci unì tuttavia per pregare insieme, non per fare una rivoluzione. Grazie a questa preghiera, però, ci contammo e vedemmo che eravamo molti. La gente credette così alle proprie forze. Il Papa ci diede coraggio e ci permise di valutare la nostra potenza. Gli oppositori del regime agirono sulla scia di quella preghiera comune del popolo con il Papa. Così nacque Solidarność: dalla parola di Giovanni Paolo II, e dal coraggio degli operai polacchi.

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