La nostra è una società dalle sfaccettature intersecantesi e invadenti. Inutile commentare i fatti quotidiani che i giornali ci fanno conoscere, come pure inutile chiedere a ciascuno di noi quanto l’invadenza nella sua esistenza abbia giocato un peso almeno arduo.
Utile invece è scrutare l’antropologia evangelica: quale persona vuole plasmare l’annuncio di Gesù?
Sarà ben difficile eludere e cercare scappatoie, il Vangelo consegnandoci le parole di Lui, il Figlio fatto Uomo, ci inchioda e costringe a riflettere e a cambiare. È proprio il caso dell’invadenza.
Il caso, chiamiamolo così, scelto da Gesù è quanto mai intriso di inopportunità e anche, palesemente, di un azzardo che vuole collocarci su di un piano che realistico proprio non pare.
Come fa un amico presentarsi da un amico a mezzanotte, non nei nostri tempi di movida, di luci abbaglianti ma in un villaggio buio e privo di illuminazione.
Perché mezzanotte? Proprio per indicare un momento in cui si dorme tranquillamente. Inoltre, il padrone di casa allora, si collocava in fondo alla stanza e i figli si allungavano sino alla porta di casa. Quindi il padre avrebbe dovuto letteralmente scavalcarli creando trambusto.
Gesù non suggerisce di non mostrare invadenza e lasciar perdere, suggerisce il contrario: bisogna continuare a insistere, tormentare per ottenere.
Chiaramente galateo e attenzione alle difficoltà altrui, modo di concretare l’empatia, non esistono.
Tuttavia, questo piano del mashal, dell’esempio proposto, vuole indicare ben altro: il rapporto con Dio Padre.
Dobbiamo diventare invadenti e maleducati? Tutt’altro. Dobbiamo comprendere di aver ricevuto in dono un canale preferenziale che ci collega al Padre, comprendere e assaporare che tutto da Lui ci viene dato, Egli sempre ci tiene sotto il Suo sguardo sa provvedere a noi stessi.
La passività non costruisce la fiducia, lo slancio di desiderio che, malgrado si scontri con difficoltà che paiono insormontabili, diventa un’autentica invadenza evangelica perché non molla la presa e rimane in contatto continuo con il Padre.
Certamente, si direbbe dalla conclusione cui giunge Gesù: “Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione?”, che si solleva il problema della qualità del dono ricevuto, non sempre identico alla richiesta se non contrario…
Quindi l’invadenza è fallita?
Ancora un mutamento di piano in questa pericope: comprendere che il Padre ci segue sempre conducendoci al nostro bene e che a noi è data la libertà di accogliere e riconoscere la Sua mano creatrice, anche quando ci pare davvero di ricevere uno scorpione piuttosto un uovo.
Ed allora il piano, una volta di più, trapassa: ci viene aperta una dimensione inedita e sconvolgente, quella dell’Amore Trinitario: dono di cammino nella nostra esistenza per percepire quanto essenziale lasciarci innestare nella dinamica di Amore che innerva tutta la creazione, tutta la vita di ciascuna persona.