Colui che deve venire
La terza domenica di Avvento riporta sulla scena Giovanni Battista: non più il profeta dalla voce tonante che sulle rive del Giordano invita alla conversione, ma l’uomo debole e titubante, che sembra nutrire dubbi sull’identità del Messia. Imprigionato nella fortezza di Macheronte, ad est del mar Morto, il Battista deve affrontare il tempo della crisi, confrontandosi con una domanda che svela l’inquietudine del suo cuore. Egli avverte il bisogno di fare chiarezza sulla persona di Gesù, perché le opere di cui deve aver sentito parlare contraddicono l’immagine del Messia-giudice tanto atteso da Israele. Pertanto dalla prigione in cui si trova, Giovanni manda i suoi discepoli ad interrogare Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. La domanda svela l’insicurezza di chi deve ancora convertirsi ed accettare un Messia che non abbia solo il compito di separare i giusti dagli empi, applicando una sentenza di salvezza e di condanna. Anche nel nostro percorso di discepolato il dubbio non va sempre ritenuto un antagonista della fede; anzi può aiutare a purificare la nostra immagine di Dio così da renderla meno vincolata ai nostri bisogni, ma più corrispondente alla verità della rivelazione.
Gesù non dichiara apertamente di essere il Messia; lascia parlare le opere che compie, perché siano esse ad interpellare la libertà del Battista e restituire pace al suo cuore turbato. Giovanni deve ricredersi sull’identità di Gesù Cristo, venuto non per condannare, ma per guarire, per offrire segni di salvezza e di liberazione, per annunciare il Vangelo ai poveri. La sua potenza è nell’azione salvifica che raggiunge un’umanità bisognosa di guarigione nel corpo e nell’anima. Il dialogo tra Gesù e i discepoli del Battista è sigillato da una beatitudine, riservata a quanti non si scandalizzano della sua azione e vivono la fede come atto di affidamento a lui.
Dopo la partenza dei discepoli del Battista, Gesù pone ai presenti una serie di domande al fine di esaltare il ruolo del Precursore, evidenziandone il rigore ascetico, la povertà e la rettitudine morale. Giovanni non ha frequentato i palazzi dei re né i luoghi sacri o di potere; la sua vita non si distingue per eccessi o raffinatezze nel cibo o negli abiti. Non vi è in lui nulla di appariscente nell’aspetto esteriore, ma si impone per il servizio alla verità: non è una canna sbattuta dal vento! Non si può riconoscere in lui opportunismo o compiacimento verso i potenti di turno: per la verità è disposto a sacrificare la sua vita. Ha il coraggio di resistere ai calcoli dei potenti; è un uomo libero, pur restando in prigione.
Eppure nonostante una simile grandezza d’animo, che Gesù riconosce al Battista, il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui! L’avvento del regno dei cieli, ovvero l’incarnazione di Gesù, inaugura un tempo nuovo, segnato dalla grazia e dalla misericordia. L’annuncio è rivolto ai “piccoli”, coloro che non confidano in se stessi, ma stabiliscono con il Maestro una relazione di dipendenza fiduciosa e amorevole. Ai piccoli appartiene il regno dei cieli e Gesù stesso ama identificarsi con loro. Anche il Battista deve compiere questo salto di qualità: rimettere in discussione la sua idea di Dio e del Messia, liberarsi da una consolidata posizione riguardo alla giustizia punitiva di Dio ed accogliere il dono della salvezza, come uno dei tanti discepoli che si riconoscono “piccoli” agli occhi di Dio.
Nel presentare la sua persona, sant’Agostino esalta l’umiltà del Precursore, il quale non ha mai voluto approfittare del favore che godeva presso le folle al punto tale da sostituirsi a Cristo; egli ha riconosciuto il proprio ruolo di messaggero. Egli è una lampada che arde per preparare l’avvento della luce piena: “Giovanni precedette il Cristo come un umile servo obbediente senza mettersi al di sopra di lui. Egli confessò d’essere solo una lampada accesa da lui e perciò si rifugiò ai suoi piedi per paura che, innalzandosi, venisse spenta dal vento della superbia. Egli non voleva la grandezza attribuitagli dalle parole degli uomini, perché aveva compreso che cosa era il Verbo di Dio” (disc. 66, 1).