Domenica 13 novembre

Ml 3,19-20; 2Ts 3,7-12; Lc 21,5-19

Gesù insegna nel tempio di Gerusalemme, prima della sua passione, morte, sepoltura e risurrezione. Aveva iniziato col racconto dell’offerta dei ricchi e della povera vedova; ora che la sua attenzione è portata sulle “belle pietre e doni votivi”, ne demolisce l’ammirazione prevedendone la catastrofe che avverrà qualche decennio più tardi. Gesù spiega e raccomanda.

La spiegazione è data dalla previsione della distruzione del tempio e della fine del mondo e della storia umana, preceduta dalle persecuzioni dei primi cristiani, da guerre (i disordini politici internazionali del 1° secolo dopo Cristo), “terremoti, carestie e pestilenze”.

Le raccomandazioni ai discepoli sono quelle di non farsi ingannare dalle false informazioni, di non terrorizzarsi, di non preparare la propria difesa, di perseverare fino alla fine. È il grande incoraggiamento di Gesù ai suoi in vista dei tempi duri: le persecuzioni saranno occasione per rendere testimonianza; gli avversari saranno vinti dalla sapienza dei discepoli ai quali non sarà torto nemmeno un capello.

Gesù non nega la bellezza del Tempio, ma ne dichiara la precarietà, comune a tutte le cose di questo mondo, nonostante sia il Tempio del Signore, il “suo” Tempio. Gesù non nega neppure la drammaticità della storia, ma i segni attendibili e positivi del tempo finale sono quelli che Lui ha operato e ha consegnato ai seguaci che ne devono dare testimonianza. Quella suprema è data dalla sua Pasqua. E, come per la sua, anche i cristiani devono prepararsi a grandi lotte, persino nei rapporti più intimi (genitori, fratelli, parenti, amici) fino ad essere odiati e uccisi.

È il discorso finale di Gesù, posto prima della Passione, chiamato “escatologico” perché profezia di eventi vicini (distruzione di Gerusalemme, dispersione degli Ebrei) e più lontani (la sua manifestazione gloriosa, il suo ritorno, la Gerusalemme celeste). Sapientemente il Signore ci istruisce a vivere il nostro tempo come transitorio e precario, tempo di attesa e di vigilia. Siamo anche alla fine di un anno liturgico e alla vigilia di un nuovo tempo di avvento che ci porterà al mistero ineffabile del Dio fatto uomo nella grotta di Betlemme.

Se Gesù ci raccomanda di non lasciarci fuorviare è perché – proprio sul male e sulla morte – noi ci inganniamo sempre. Il problema serio dell’uomo è salvarsi dalla morte, ma nessuno si salva dalla morte.