Domenica 15 novembre

Le immagini sono dell’Antico Testamento, ma il significato riguarda le cose nuovissime, l’escaton, il finale e l’eterno. In mezzo – e questo ci esamina e ci torchia – ci sono le parole e le parabole che spingono alla sorveglianza. Questo raccontano la storia del fico e i pensieri sulla fragilità del mondo (seguiranno le parole sull’ultima ora, la parabola dei servi e del padrone partito per un viaggio e, infine, l’esortazione alla vigilanza).

Più che le catastrofi spaventa il giudizio di Dio nei confronti di quanti ne sono colpiti. Domina la visione del Figlio che “viene sulle nubi” e che invia gli angeli suoi messaggeri a radunare da ogni angolo del mondo.
Quando sarà? Prima devono spuntare le foglie tenere del fico, poi accadranno queste cose, poi… l’unica cosa certa è che Lui è vicino, ma l’ora nessuno la conosce, per questo dobbiamo vigilare, star svegli, come sentinelle. Non lo sappiamo, perché, come piccoli figli, tutto riceviamo dal Padre e siamo nelle sue mani.

Le grandi sofferenze – il sole e luna che si oscurano, i corpi celesti che precipitano – sono i segnali esterni che accompagnano la morte di Gesù sulla croce. Poi viene la resurrezione nella quale trovano senso tutti i patimenti degli uomini.

Eccetto il Padre. Per scamparla bisogna fuggire e proteggersi in Lui. Tutta la vita è un rifugiarsi in Dio per trovare forza e conforto. Ci si decide e lo si fa in fretta, senza voltarsi indietro, senza portarsi appresso quello che non è essenziale. Il nostro tesoro, infatti, è già di là dove si radunerà l’intera umanità – noi, i nostri padri, i nostri figli – salvata dal sangue di Cristo e offerta all’unica paternità di Dio.

Tutto passa; solo le parole di Gesù non passano mai, perché nessun’altra parola potrà mai superarla in novità perché Lui è venuto a dirci che “tutto è grazia”, tutto è Dono.