Leone XIV: la misura come profezia

La Treccani sceglie Papa Leone XIV come Personaggio dell'anno 2025 per aver improntato il pontificato a sobrietà, misura e ascolto, espressione di una Chiesa povera per i poveri. In un anno segnato da tensioni globali e potenze che ambiscono a "tornare grandi", la parsimonia del primo Papa statunitense emerge come proposta alternativa

(Foto AFP/SIR)

A volte una scelta dice più delle parole che la accompagnano. Quando l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana nomina Leone XIV Personaggio dell’anno 2025 per aver improntato il pontificato a “sobrietà, misura e ascolto, espressione ideale di una Chiesa povera per i poveri”, compie un atto culturale. In un anno attraversato da tensioni belliche, economiche e tecnologiche, dove potenze ambiscono a “tornare nuovamente grandi”, un Papa “parsimonioso di presenza e di parole” diventa la proposta di un’altra grammatica del potere. Non moderazione tattica, non prudenza diplomatica: la scelta che governare non significa occupare tutto lo spazio disponibile.

Il Libro dell’anno della Treccani riconosce altri protagonisti del 2025: Trump con il dominio della scena internazionale, Putin che ha resistito a carezze e sanzioni, Merz nella lenta ascesa in Germania, Sinner e Paolini al vertice del tennis mondiale, Gisèle Pelicot diventata simbolo del riscatto delle donne francesi. Ma la scelta del Personaggio dell’anno cade su chi ha fatto della parsimonia il proprio metodo, indicando che esistono altre forme di leadership, altri modi di incidere sulla storia. In un mondo dove tutti ambiscono a tornare grandi, la misura diventa profezia.

(Foto Treccani)

Leone XIV è il primo Papa statunitense, il primo missionario in senso moderno, il primo agostiniano a guidare la Chiesa. Tre primati che avrebbero potuto trasformarsi in narrazione, in occupazione dello spazio mediatico. Invece sono rimasti sullo sfondo. Il pontificato si è costruito altrove: nella scelta di sottrarsi con pazienza ai tentativi di collocarlo a destra o a sinistra, sul piano politico come su quello teologico. Non per neutralità, ma perché l’agenda è un’altra. Una Chiesa povera per i poveri non è slogan: è il criterio con cui ricollocare le novità del predecessore nel contesto di una Chiesa che cerca l’unità.

La lunga missione in Perù ha lasciato tracce profonde. Nei territori dove la Chiesa non ha peso politico ma solo presenza, si impara un metodo: costruire relazioni senza pretendere visibilità, accompagnare processi senza imporre soluzioni, abitare la complessità senza cancellarla. Questo metodo è diventato pontificato. La riapertura dell’appartamento papale in Vaticano, le vacanze a Castel Gandolfo, la cura delle questioni aperte, l’ascolto delle diverse voci delle gerarchie, un certo ritorno alla tradizione: segnali di una riforma che passa attraverso la pazienza, non attraverso le dichiarazioni. Scelte selettive, risposte misurate, rinvii ponderati.

Il riconoscimento arriva in un anno segnato da guerre, rivalità geopolitiche alimentate dall’intelligenza artificiale, dilemmi etici sul senso del progresso. Al nuovo pontefice – che subito si è imposto come personalità di primo piano – è affidato un compito complicato: far fronte ai compiti della Chiesa nell’orizzonte mondiale. Leone XIV non offre soluzioni immediate perché sa che sono spesso illusorie. Offre un metodo: costruire la pace attraverso l’ascolto, non con le armi ma con la presenza, non con il clamore ma con la cura.

La parsimonia contrasta con ciò che ha dominato il tempo presente: velocità dei cicli mediatici, urgenza di prendere posizione su tutto, tentazione di costruire il consenso attraverso il rumore. È una riforma silenziosa ma strutturale: governare attraverso il tempo e non contro di esso, abitare le tensioni senza pretendere di risolverle subito. In un mondo dove potenze ambiscono a “tornare grandi” mentre altri devono “rimpicciolirsi nella coscienza dei propri diritti”, la scelta di farsi piccoli assume il peso di una profezia politica. Non per debolezza, ma per dare spazio. Non per rinuncia, ma per servizio. Non per invisibilità, ma per lasciare che sia la Chiesa – e non solo il Papa – a occupare il centro. In questa pazienza, scelta come forma di coraggio, si legge un pontificato che ha fatto della sobrietà la propria profezia.

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