“Alla luce dei progressi già compiuti, dobbiamo chiederci se sia giunto il momento di attuare pienamente gli effetti ecclesiastici e canonici della dichiarazione firmata da Papa Paolo VI e dal Patriarca Atenagora. Ad esempio, possiamo eliminare definitivamente dal linguaggio ecclesiastico e teologico una terminologia non più appropriata, come “eretici” o “scismatici”, quando parliamo gli uni degli altri”. Il dialogo deve andare avanti, farsi vita, puntare al futuro. A spingere sempre di più in questa direzione è Papa Leone XIV in un messaggio a firma del cardinale Segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, che è stato letto alla Conferenza Internazionale su “1965-2025: la revoca delle Scomuniche”, promossa a Loppiano (cittadella del Movimento dei Focolari) dalla Cattedra Ecumenica Internazionale “Patriarca Atenagora – Chiara Lubich” dell’Istituto Universitario di Sophia.
Il Papa esorta i teologi non solo a “riflettere su quanto accaduto in passato”, ma anche a “suggerire nuovi passi concreti che possiamo compiere insieme”.

Video messaggio del Patriarca Bartolomeo (Foto Sir/Biagioni)
Era il 7 dicembre 1965, la sera prima della chiusura del Concilio Vaticano Secondo, quando in celebrazioni simultanee nella Basilica di San Pietro in Vaticano e nella Chiesa di San Giorgio al Fanar, Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Atenagora firmarono una dichiarazione che affermava solennemente che le scomuniche reciproche del 1054 e gli spiacevoli eventi che vi condussero dovevano essere cancellati dalla memoria della Chiesa. “Questo gesto storico – si legge nel messaggio di Papa Leone – aprì un cammino di riconciliazione, pace e crescente comunione tra cattolici e ortodossi”.
Alla Conferenza teologi ed esperti di dialogo, cattolici e ortodossi, hanno ripercorso le tappe di dialogo più importanti che ci sono stati in questi 60 anni di storia. Hanno preso la parola Sandra Ferreira Ribeiro, co-responsabile del “Centro Uno” (Focolari), Dimitrios Keramidas, della Pontificia Università Angelicum, Augustinos Bairactaris, dell’Accademia Patriarcale di Creta. Si sono ripercorsi i contatti e gli incontri fraterni, lo scambio di visite, l’avvio di un promettente dialogo teologico, che ha già portato molti frutti. Si è parlato anche della prima visita apostolica di Papa Leone in Turchia per l’anniversario dei 1700 anni del Concilio di Nicea. Ma si sono analizzati anche i nodi ancora da sciogliere e i passi da compiere. In un video-massaggio, il Patriarca Bartolomeo sembra spingere ancora sulla possibilità per cattolici e ortodossi di celebrare la Pasqua in una data comune ricordando che “l’intero mondo cristiano ha avuto la benedizione di celebrare quest’anno la radiosa festa della Pasqua il 20 aprile”. Ed aggiunge: “È motivo di profondo dolore il fatto che, a causa della nostra separazione, così raramente leviamo le nostre voci all’unisono per proclamare la risurrezione del Signore, quell’evento senza il quale, come ci ricorda l’apostolo Paolo, la predicazione e la fede cristiana sono vane”. Bartolomeo ricorda il lavoro compiuto con Papa Francesco alla ricerca di soluzioni per risolvere la questione. Da qui l’augurio ai partecipanti alla Conferenza affinché “le vostre deliberazioni possano portare abbondante frutto spirituale”.

Metropolita Maximos di Selyvria co-titolare della cattedra ecumenica (Foto Sir/Biagioni)
Con il Metropolita Maximos Vgenopoulos di Selyvria co-titolare della cattedra ecumenica nonché membro della Commissione mista internazionale per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, la Conferenza è entrata nel vivo delle questioni affrontando il tema del “Primato in relazione alla sinodalità”. “Il frutto più importante della revoca degli anatemi – osserva il metropolita – è stata l’istituzione del Dialogo Teologico ufficiale tra le due Chiese, che, per grazia e potenza dello Spirito Santo, sta lavorando per il ripristino della piena unità eucaristica. L’incontro tra Papa Leone XIV e il Patriarca Ecumenico Bartolomeo a Nicea evidenzia e sottolinea il nostro comune sacro dovere e impegno per l’auspicata unità delle nostre Chiese, così come di tutti i cristiani”. Mons. Piero Coda, segretario generale della Commissione Teologica Internazionale, concorda: “Questo ci dice e a questo ci invita il “gesto profetico” della revoca delle scomuniche: vivere, pensare, dialogare, agire in quella luce e in quell’amore in cui possiamo preparare e accogliere, gli uni e gli altri, gli uni con gli altri, il giorno benedetto in cui lo Spirito Santo ci farà trascendere” tutto ciò che “ancora ci separa dallo straripare della piena condivisione tra noi della comunione in Cristo”.
Declan O’Byrne, rettore dell’Istituto Universitario di Sophia, parla di “interazione tra fede, amore e coraggio istituzionale”. E partendo dall’anniversario di Nicea, dice: “Nel 325, la Chiesa identificò la sua fede essenziale. Nel 1965, la Chiesa compì un passo verso la guarigione di antiche ferite senza attendere un accordo perfetto. Nel 2025, potremmo essere chiamati a riconoscere che la nostra fede nicena condivisa fornisce già una base sostanziale per una comunione più profonda – e a discernere con attenzione, umiltà e pazienza ciò che ancora ci divide e perché”.
“L’unità rimane dono di Dio prima di essere nostra conquista. Il nostro compito è rispondere a quel dono con chiarezza teologica e con la carità senza la quale la confessione del Credo non può diventare una realtà vissuta”.
E’ la presidente dei Focolari, Margaret Karram, a proporre una visione a partire dalla revoca delle scomuniche tra Roma e Costantinopoli: “Questa eredità è ricca di significato storico, ecclesiologico ed ecumenico, e ci parla di amore e perdono. Guardando indietro, ringraziamo Dio per i miracoli compiuti nel corso della storia. Guardando avanti, rinnoviamo la nostra speranza che l’unità tra le Chiese giungerà nei tempi e nei modi a Lui noti. Oggi, Dio ci chiama a lavorare insieme come fratelli e sorelle per preparare questo dono”. “Come disse una volta il Patriarca Atenagora: ‘L’unione avverrà. Sarà un miracolo. Quando? Non lo sappiamo. Ma dobbiamo prepararci. Perché un miracolo è come Dio: sempre imminente'”.

