New York la scorsa settimana ha eletto un sindaco di religione musulmana e, come ogni “prima volta”, anche questa merita attenzione. Zohran Mamdani ha vinto con il 51 % dei voti, dieci punti in più del primo cittadino uscente e principale sfidante Andrew Cuomo, ex democratico che, dopo aver perso le primarie, aveva corso da indipendente, incassando perfino l’appoggio di Trump pur di esorcizzare la vittoria del concorrente radicale. Perché Mamdani oltre che musulmano è anche di origini afro-indiane e di idee socialiste. E ha 34 anni. Impossibile non notare come il nuovo sindaco di New York incarni tutto ciò che è opposto all’orizzonte ideale dei repubblicani e del loro leader alla Casa Bianca, il cui establishment, davanti alla giovinezza, all’entusiasmo e al fecondo melting pot che Mamdani rappresenta, appare in tutta la sua estenuata decrepitezza.
Che una grande metropoli abbia un sindaco musulmano non è in realtà una novità. Sadiq Khan, figlio di migranti pakistani, eletto nel 2016, è oramai alla fine del suo secondo mandato come primo cittadino di Londra. Ma l’appartenenza religiosa pare non aver avuto in realtà un grande peso nelle elezioni della scorsa settimana a New York, anche se negli Stati Uniti fede, politica e identità nazionale tendono a intrecciarsi e condizionarsi reciprocamente. Mamdani è stato votato in modo trasversale da tutte le comunità che compongono il complesso e variegato tessuto sociale della Grande Mela, compreso un terzo degli ebrei e buona parte dei cattolici newyorkesi.
Il primo dato che merita considerazione è stata l’affluenza record alle urne, quasi la metà degli aventi diritto. Numeri che negli Stati Uniti non si vedevano dal 1969 e che, in tempi di crisi della partecipazione, sono stati letti come espressione da un lato di un dissenso verso il presidente Trump, ma dall’altro anche di un disagio per le condizioni di vita sempre più proibitive nella grande metropoli. Il programma elettorale di Mamdani (peraltro perfettamente condivisibile alla luce della dottrina sociale cattolica) si è rivolto efficacemente soprattutto ai giovani e a quell’ampia fascia della classe media sempre più in difficoltà ad arrivare a fine mese e a sognare il futuro.
Per migliorare la qualità della vita dei suoi concittadini, il giovane neo sindaco, coerente con le sue idee socialiste, ha promesso politiche mirate a congelare il prezzo degli affitti e promuovere una nuova edilizia popolare; trasporti pubblici gratuiti per studenti e lavoratori; maggiore supporto alle famiglie con bambini nella fascia 0-3 anni; innalzamento del salario minimo; creazione di supermercati pubblici a prezzi calmierati. Per valutare tali promesse, che in Italia esulano in buona parte dai poteri di un sindaco, bisogna considerare che negli Stati Uniti un primo cittadino ha facoltà notevolmente maggiori di quelle dei suoi omologhi italiani e che la città di New York, con i suoi quasi nove milioni di abitanti, ha un bilancio che supera quello di molti Stati dell’unione.
Per raggiungere i suoi obiettivi Mamdani non ha esitato ad annunciare una “manovra” economica del valore di circa 10 miliardi di dollari, che sarebbe coperta essenzialmente grazie ad un aumento delle tasse, soprattutto a carico di chi guadagna più di un milione di euro l’anno (e a New York non sono pochi). Una sfida ambiziosa, imperniata su criteri di giustizia sociale ed equità fiscale, ma che potrebbe rivelarsi una vera corsa ad ostacoli per il giovane sindaco che nel suo ideale di
rinnovamento e rivitalizzazione di una delle metropoli più grandi del mondo troverà certamente dura opposizione negli interessi di molti.
Ma tornando, per concludere, alla religione di Mamdani, quello che può essere letto come un segno di fiducia nell’umanità e nella sua capacità di rigenerarsi, è il fatto che la città che l’11 settembre 2001 vide, con la distruzione alle Torri Gemelle, la peggiore e più cruenta manifestazione del terrorismo islamico ha saputo eleggere meno di 25 anni dopo un sindaco musulmano, mostrando così di non essere in ostaggio di paure e pregiudizi, che seppur per certi versi comprensibili, avrebbero fatto solo il gioco dell’odio facile e della propaganda distruttiva.