“Un evento e una giornata storica” quella di ieri in Vaticano con l’incontro di Papa Leone XIV con i Reali inglesi, il re Carlo III e la regina Camilla. Il Papa e il sovrano inglese – che è anche capo della Chiesa anglicana – hanno pregato insieme nella cappella Sistina. Non accadeva da cinque secoli, ovvero dallo scisma di Enrico VIII, ed è stato come previsto il momento più alto della visita.

Mons. Flavio Pace. Foto www.chiesadimilano.it
Al termine – racconta al Sir mons. Flavio Pace, segretario del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani – l’arcivescovo di York, mons. Stephen Cottrell, “mi ha detto: ‘stavo pensando che in fondo questa giornata è straordinaria, ma noi abbiamo fatto una cosa assolutamente ordinaria, abbiamo pregato insieme’. Ecco, questo stupore – spiega il presule – mi dice il senso della storia. E’ storico perché persone che nel corso dei secoli, anche se non loro ma i loro predecessori, hanno pensato di doversi persino astenere dall’incontro e tantomeno dal pregare, si sono incontrati e hanno pregato insieme. Questo dice quanto è storia. E questo ci consente anche di capire che la storia si fa attraverso incontri e situazioni concrete, fatte da uomini e da donne di ogni luogo e di ogni tempo che scelgono di stare uno di fronte all’altro con le loro differenze, ma scoprendo i doni che il Signore ha fatto a ciascuno. E questo è il quadro dell’importanza. E poi mi verrebbe da aggiungere – spiega il presule – che è anche interessante perché appunto quella che poteva essere semplicemente una visita di Stato di un presidente o di un re si è trasformata in un evento che, senza nulla togliere alla dimensione politica e diplomatica perché c’è stato anche un incontro con la Segreteria di Stato, è diventato un segno che due leader, uno assolutamente spirituale come il Papa e uno che ha anche una competenza sulla Chiesa d’Inghilterra, hanno scelto di vivere un momento di testimonianza cristiana”.
I due momenti – quello nella Cappella Sistina con il papa e quello nella Basilica di San Paolo fuori le Mura – sono stati “anzitutto momenti fortemente voluti da Re Carlo e dalla Chiesa d’Inghilterra e la Santa Sede è stata ben contenta di accogliere questo desiderio”, spiega mons. Pace. Il primo incontro in Cappella Sistina era “appunto la preghiera guidata liturgicamente dal Papa e dall’ attuale massima autorità della Chiesa d’Inghilterra, l’arcivescovo di York, mons. Cottrell, perché l’arcivescovo di Canterbury è stato solo designato, ma non è stato ancora formalmente eletto né tantomeno insediato. Per cui in questo momento la massima autorità spirituale della Chiesa d’Inghilterra è l’arcivescovo di York che ha copresieduto la liturgia insieme al Santo Padre alla presenza del Re Carlo III, che è il supremo governatore della Chiesa d’Inghilterra.

(Foto Vatican Media/SIR)
La preghiera a San Paolo fuori le mura – aggiunge mons. Pace – “corrisponde invece a rivitalizzare un legame tra la corona inglese e la Basilica di San Paolo fuori le mura, Basilica che è significativa per la presenza di Paolo, l’apostolo delle genti. E poi il fatto che è la Chiesa e la Basilica dove Papa Giovanni XXIII annunciò il Concilio Vaticano II che mise al centro, tra i tanti temi, anche quello dell’unità dei cristiani con il decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio e poi anche il luogo dove papa Paolo VI donò il suo anello episcopale all’arcivescovo di Canterbury, mons. Michael Ramsey nel 1966. Per cui lì c’è un legame anche storico, tecnicamente proprio con la Chiesa d’Inghilterra. E poi San Paolo è il luogo dove ogni anno, il 25 di gennaio, nei secondi vespri della conversione di San Paolo apostolo, si celebrano i vespri con la connotazione ecumenica, perché sono presenti i delegati ecumenici. I re inglesi provvedevano alla manutenzione delle basiliche di sepoltura di San Pietro e San Paolo. Nello stemma della Basilica c’è tutt’ora l’order of the Garter, l’ordine della giarrettiera, che è l’onorificenza massima della corona inglese, segno che ci fu un legame storico. Ecco che allora si è inteso ripristinare questo legame con la corona inglese, rispettando il fatto che dopo lo scisma comunque non è una chiesa cattolica, per cui il re non è il protocanonico, come accade in Santa Maria Maggiore per la Spagna o in San Giovanni Laterano per il Presidente della Francia, ma il re è un confratel. Un segno di legame spirituale che ha una caratteristica ecumenica. Lo scranno che è stato dato al re ieri e che rimarrà nell’abside della Basilica di San Paolo è uno scranno che riporta lo stemma reale, ma non con il suo motto, ma con il motto Ut Unum sint (che siano una cosa sola), che è il motto di Giovanni 17 sull’unità dei cristiani.

