Giubileo dei giovani. A Tor Vergata, zaini carichi di sogni e fragilità. “Essere felici è possibile”

Parlano i giovani di Tor Vergata. Sono un fiume in piena. Non nascondono i loro sogni ma anche le loro fragilità. Solitudini e depressioni. Le raccontano con le lacrime agli occhi ma raccontano anche l'esperienza vissuta in questi giorni a Roma. "Nell'ascolto delle nostre fragilità - dicono -, abbiamo sperimentato che non siamo soli ma siamo amati da Dio e che la sua Misericordia è infinita"

Zaini carichi di sogni e fragilità. Il popolo di Tor Vergata è un popolo colorato. Vengono da realtà e Paesi diversi. Sono arrivati a Roma, al loro Giubileo, portandosi dietro la loro vita con le sue sfide. Non le nascondono. Ne parlano apertamente e facilmente si mettono in gioco. Patricia Palmero viene da Madrid. Ha 28 anni ed è arrivata a Roma con un gruppo di 300 ragazzi e ragazze dell’Opus Dei di Spagna. Hanno vissuto una settimana a Roma, tra momenti di spiritualità, visite, incontri. Tra le esperienze, quella che più l’ha colpita è stata la Giornata penitenziale al Circo Massimo. “In quella spianata di confessionali a cielo aperto – dice – ho visto  giovani di tutte le età aprire il loro cuore e la loro anima a sacerdoti che li accoglievano ascoltandoli in un profondo silenzio”. “Il mondo in cui vivono oggi i giovani – osserva Patricia – è il mondo virtuale dei social media. Dove tutto è connesso a tutto ma dove i ragazzi sono lasciati in una immensa solitudine da cui fanno fatica a uscire. Sono connessi ma sono terribilmente soli. L’esperienza che abbiamo vissuto al Circo Massimo, rimarrà per sempre come un momento di dialogo e amore. Nell’ascolto delle nostre fragilità, abbiamo sperimentato che non siamo soli ma siamo amati da Dio e che la sua Misericordia è infinita”.

Di fragilità parlano anche i giovani coreani.  Raphael Jaemun, 23 anni, racconta di una società segnata da una forte competizione. “Ci spingono a studiare e a raggiungere livelli sempre più alti di prestazione. Questo provoca in noi un forte disagio”. Crescono purtroppo il numero di suicidi tra i giovani in Corea. Accanto a lui c’è David Eoh. Racconta di essersi laureato in una Università negli Stati Uniti ma di essere sprofondato in una fortissima depressione. “Solo qualche anno fa, il nostro Paese era annoverato come un Paese povero. Negli ultimi anni, la nostra economia è volata ma dietro a questa crescita, c’è un popolo che ha lavorato e lavora duramente. Dietro a questo successo ci sono vite spezzate. Vite dedicate solo al lavoro e questo in noi giovani provoca un profondo dolore. Non si ha più tempo per essere felici”. Sebbene minoranza, il cristianesimo attraversa anche questo Paese e attraversa le sue ferite e lacerazioni. Di riconciliazione e guarigione parlano i giovani coreani. “Qui a Roma, in questi giorni di Giubileo – confida David – ho sperimentato che è possibile vivere una vita pienamente umana e pienamente felice perchè l’amore di Dio e l’amore per gli altri lo rendono possibile e vero”. I giovani coreani invitano quindi i giovani di Tor Vergata alla Gmg 2027 di Seul.

“La nostra speranza – dicono – è che questo evento possa portare nel nostro Paese anche un vento di pace e di riconciliazione”.

E poi ci sono loro. I giovanissimi della diocesi di Foligno. Sono in 40, accompagnati dal vicario generale don Giovanni Zampa ed hanno percorso 150 chilometri per raggiungere Tor Vergata e unirsi  ai giovani di tutto il mondo per il Giubileo. Hanno vissuto una marea di esperienze e difficoltà lungo il cammino. “Ma in questi giorni – racconta Stefano Boni, 18 anni – abbiamo sperimentato che insieme possiamo affrontare tutto. E che se la strada la percorri in gruppo, ogni difficoltà, ogni caduta, ogni imprevisto, lo puoi superare”.

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