Giubileo dei Giovani: i volti della speranza alla mensa di Colle Oppio

In servizio alla mensa della Caritas di Colle Oppio, i giovani scout di Trecate vivono un’intensa esperienza di prossimità in occasione del Giubileo dei Giovani. Tra sorrisi, fatiche e ascolto, diventano testimoni concreti di una speranza che non delude

(Foto Calvarese/SIR)

Un Giubileo dei giovani che si è fatto carne e concretezza, prima ancora che preghiera e festa. È quanto ha vissuto il Clan del gruppo scout di Trecate, in provincia di Novara, che per la loro “esperienza di prossimità” in apertura dell’evento giubilare ha scelto di trascorrere alcune ore al servizio nella mensa “Giovanni Paolo II” della Caritas diocesana di Roma, nel quartiere Colle Oppio, accanto al Colosseo. Lontano dai grandi raduni e dai cori, 17 ragazzi e ragazze hanno indossato guanti e grembiuli, si sono messi in fila tra i fornelli e i tavoli, accanto a chi ogni giorno accoglie centinaia di persone in difficoltà.

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“Mi colpisce sempre il bisogno di queste persone – racconta Tommaso, 19 anni – ma soprattutto il loro bisogno di essere trattati come persone normali, non come dei poveretti. Noi lo facciamo da molto tempo anche nella nostra città, nella nostra parrocchia, ma chiaramente non è a queste dimensioni. Qui ci rendiamo conto di quanto sia grande il bisogno e, allo stesso tempo, quanto sia importante per noi giovani metterci a disposizione. Papa Francesco diceva: ‘Spes non confundit, la speranza non delude’. Noi ci proviamo, anche se viviamo in un mondo in cui forse non riceviamo moltissima speranza. Credo però che abbiamo il dovere di restituirne ancora di più”.

Quella del Clan di Trecate è una tappa di una route, come si dice in gergo scout: un cammino itinerante pensato dai ragazzi stessi, che ha come bussola l’incontro e la testimonianza, oltre che la partecipazione al Giubileo.

(Foto Calvarese/SIR)

“È una gioia enorme portare i ragazzi in questo luogo, anche se in realtà sono loro che hanno costruito dall’inizio alla fine questa route”, spiega Francesca, capofuoco del Clan. “Siamo molto orgogliosi di loro. Conoscere questa città, tutte le sue sfaccettature – non solo le bellezze ma anche le sue fragilità – è un dono prezioso, così come lo è mettersi al servizio degli altri. Sono esperienze che restano nel cuore. Noi ci impegniamo ogni giorno, nel nostro essere scout, a portare speranza nella quotidianità. Questo Giubileo è una spinta in più, un cerchio che si allarga, fatto di piccole gocce di bene che si sommano”.

(Foto Calvarese/SIR)

La mensa Giovanni Paolo II, che ogni giorno serve circa 450 pasti caldi, è una delle realtà più attive della rete Caritas a Roma. Ma non è solo un luogo dove si distribuisce cibo: è una porta d’ingresso verso un nuovo inizio, come sottolinea Carlo Virtù, coordinatore della struttura: “Accogliere chi non ha da mangiare è solo il primo passo. Il nostro obiettivo è poi inviare queste persone ai servizi del territorio, per aiutarle a risolvere anche il problema alla radice, quello che le ha portate fin qui”.

E aggiunge: “A noi fa molto piacere avere giovani tra i volontari, ma oggi, con il Giubileo, è un giorno speciale perché dedicato espressamente a loro. Vedere questi ragazzi pieni di voglia di fare e di mettersi in gioco ci dà fiducia: stanno già costruendo la cittadinanza del futuro. Hanno apertura, efficienza, desiderio di aiutare. Non è vero che i giovani sono assenti o indifferenti. Anzi, sono una risorsa fondamentale, oggi e per il domani”. Durante l’estate, la mensa apre le porte a molti gruppi scout e parrocchiali. Ma è raro che l’esperienza venga vissuta nel contesto di un evento come il Giubileo, in cui servizio e spiritualità si intrecciano così visibilmente.

“Sono convinto che anche noi torneremo a casa diversi”, conclude Tommaso. “Forse un po’ più consapevoli. Forse più grati. Di sicuro, con una responsabilità in più: quella di portare ciò che abbiamo visto e vissuto agli altri. E di non dimenticarlo”. Il Giubileo dei giovani a Roma è solo all’inizio, ma per i ragazzi di Trecate il momento più vero, quello che lascia il segno, forse è già arrivato. È stato nell’incontro con chi ha poco ma chiede dignità. Nella condivisione di un pasto caldo. Nella scelta di non essere spettatori, ma seminatori di speranza. Perché, come recita il motto scelto da Papa Francesco per l’Anno Santo: “Pellegrini di speranza” non si nasce. Si sceglie di esserlo. Un gesto alla volta.

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