Conclave: il ruolo della Cappella Sistina

I cardinali elettori si preparano ad entrare in Conclave. Oggi, 7 maggio, con la “Missa Pro Eligendo Pontifice” presieduta dal Decano del Collegio cardinalizio, il card. Giovanni Battista Re. E poi in Sistina, visitata da milioni di persone ogni anno e che avrà, da oggi un altro "ruolo". Il Sir ne ha parlato con lo storico e saggista Marco Roncalli.

I cardinali elettori si preparano ad entrare in Conclave. Si inizierà oggi, 7 maggio, con la “Missa Pro Eligendo Pontifice” presieduta dal Decano del Collegio cardinalizio, il card. Giovanni Battista Re. In Sistina, dalle 16,30, i porporati giureranno e il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, mons. Diego Ravelli intimerà l’extra omnes (fuori tutti) e gli estranei al Conclave dovranno lasciare la Cappella Sistina che prende il nome da Sisto IV che fece ristrutturare l’antica Cappella Magna tra il 1477 e il 1480, visitata ogni anno da milioni di persone e che conserva affreschi di Michelangelo sulla volta e la parete di fondo, ma anche affreschi di grandi pittori come Botticelli, Rosselli, il Ghirlandaio, il Perugino etc. Ma quando la Sistina ha ospitato il primo conclave? “Nel 1492, dieci anni dopo che gli affreschi erano stati ultimati e dopo che nei secoli l’elezione era avvenuta diversamente. E cioè prima per designazione, poi dai membri del clero che vivevano nei presso di Roma e solo attorno alla metà del Duecento, da cardinali chiusi”, ci dice lo storico e saggista Marco Roncalli.
È stato Gregorio X nel 1274 che ha imposto ai cardinali di incontrarsi entro dieci giorni dalla morte del papa e restare isolati sino alla scelta del successore. Prima della Sistina i Conclavi si sono svolti a Arezzo nel gennaio 1276, poi nel Trecento a Perugia, Fondi, Roma ma “non nella Sistina che vede appunto il primo conclave nel 1492 quello in cui fu eletto Alessandro VI, Rodrigo Borgia. Ed è questo è il luogo delle elezioni papali in modo stabile dopo altri conclavi fuori Roma come ad esempio a Venezia nel 1800 o a Roma, in altri luoghi, a partire dal 1878…E che continua ad esserlo per volontà papale”.

A cosa si riferisce?
“E’ quanto emerge anche dalla costituzione ‘Universi dominici gregis’ voluta da Giovanni Paolo II ritoccata di Benedetto XVI che regola il conclave e dispone che ‘l’elezione continui a svolgersi nella Cappella Sistina, ove tutto concorre ad alimentare la consapevolezza della presenza di Dio, al cui cospetto ciascuno dovrà presentarsi un giorno per essere giudicato’. Appunto l’affresco di Michelangelo che ricorda agli elettori il giudizio che li attende. Ma al di là di questo riconoscimento all’arte, alla bellezza, a ciò che rappresenta, pare di capire che se la regola di riunirsi per l’elezione là dove il papa era morto, a lungo ha protetto gli elettori dalle interferenze di chi avesse voluto il conclave in un luogo controllabile, l’aver cristallizzato anche per il futuro per così dire il ‘seggio’ nella Sistina, in un tempo in cui i papi viaggiano, consente lo stesso esito con una regola opposta. Appunto facendolo svolgere sempre dentro la Sistina e in clausura”.

Per la Chiesa questo non è un appuntamento elettorale come quelli politici, amministrativi…E’ molto, molto di più…
“Si, è un momento di discernimento, che si svolge in una clausura rigidissima almeno dal 1274, anno di quella riforma dopo la morte di Clemente IV nel 1268 quando i cardinali ci misero tre anni a eleggere il successore. Un momento di discernimento in cui la Chiesa, attraverso il collegio cardinalizio, si apre all’azione dello Spirito Santo. Dunque un atto di fede in cui i porporati cercano la volontà di Dio che li aiuta a trovare chi fra loro può garantire l’unità, la comunione e può confermare i fratelli nella fede. Nella storia i conclavi, la stessa clausura preceduta dalle congregazioni generali, nella coscienza degli elettori, ha avuto l’obiettivo di permettere il manifestarsi della volontà di Dio. Per certi versi l’elezione di un papa si configura, lo dicono i teologi, come una sorta di atto teologico”.

Cosa vuole dire?
“Nel vangelo di Matteo leggiamo che è Gesù stesso ad aver promesso che la sua Chiesa sarebbe stata guidata dallo Spirito Santo. Il conclave esprime questa promessa. Attraverso il discernimento, si elegge il successore – che prima che di Francesco – anche questa volta – è successore di Pietro, assicurando così la continuità della missione della Chiesa. Pietro, appunto primo papa, scelto direttamente da Cristo: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa’ (Mt16,18). Ogni conclave è anello di questa catena ininterrotta, di questa successione apostolica a garanzia di una fedeltà a Cristo e al suo insegnamento….

Roncalli, dalla storia e dalla teologia all’attualità. Quanto servono le molte analisi che tirano in ballo approcci di carattere geopolitico, geografico?
“Per secoli il conclave geograficamente è stato italiano o europeo al massimo . I primi a preparare il vero allargamento geografico del collegio furono Pio XII e Giovanni XXIII. Loro i primi a spianare la strada al papa ‘straniero’. Oggi I cardinali elettori, che rappresentano la Chiesa nel mondo, provengono da tutti i continenti. Ma il fatto che su 135 membri del collegio cardinalizio 53 siano Europei, 37 delle Americhe, 18 dell’Africa, 23 dell’Asia e 4 dell’ Oceania, non è esattamente lo specchio delle ripartizioni delle presenze cattoliche nelle aree geografiche o geopolitiche né degli aumenti in corso, non in Europa , ma in Africa e in America. Le scelte di Papa Francesco poi hanno seguito altri criteri”…

Ovvero…
“In questo conclave vediamo escluse grandi diocesi, pensiamo Milano, Lisbona, Parigi, Los Angeles…. Realtà importantissime sotto tanti punti di vista… Se poi anche si continuasse a ragionare per etichette – come spesso si fa, anche sbagliando, considerando che non sono elezioni politiche – troviamo progressisti o conservatori in ogni Paese o area geografica omogenea che non è mai monolitica. Ci sono infinità di poli e la sfida è l’unità dentro l’appartenenza alla Chiesa, che è duplice”.

Cioe?
“Perché è universale e locale. Una Chiesa Glocal con una sua apertura agli aspetti positivi della globalizzazione (global) e quelli della valorizzazione del territorio (local): espressa anche nell’uso liturgico delle lingue volgari voluto dal Vaticano II. Sarà questa ad esprimere il vescovo di Roma, dopo che i cardinali avranno tenuto conto non di orizzonti geopolitici – interferenze a parte che qualcuno tenterà – ma della loro convergenza su chi potrà dare voce all’unità di una chiesa cattolica, universale, rispettosa delle realtà locali, nel rispetto del dettato evangelico, e confermerà i fratelli nella fede”.

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