“Il bronzo dura mille anni. Come il Vangelo”. Timothy Schmalz, artista canadese, ha tradotto in scultura alcuni dei passaggi più forti del pontificato di Papa Francesco. Le sue opere, da Homeless Jesus a Angels Unawares, sono diventate simboli globali della misericordia e dell’accoglienza. Dopo la morte del Pontefice, Schmalz riflette ora sulla responsabilità di custodirne la visione: “Attraverso l’arte possiamo farla vivere per sempre. Le mie sculture continueranno a parlare, in silenzio, nelle piazze del mondo”.

(Foto Vatican Media/SIR)
Come l’arte può custodire l’eredità di Papa Francesco?
La bellezza del bronzo è che dura mille anni. Non svanisce. Interpretare in bronzo le idee e i principi di Papa Francesco significa congelarli per sempre in una forma visibile e tangibile. Il Santo Padre ha sempre avuto come centro della sua azione i Vangeli, anch’essi eterni. Per questo, combinare il bronzo – che resiste al tempo – con verità così profonde è stata una perfetta corrispondenza tra mezzo e messaggio.
Una scultura è presente 24 ore su 24, predicando silenziosamente il suo messaggio. Non come un dipinto o una canzone, che richiedono tempo e contesto.
Credo sia il modo più diretto e potente per preservare e diffondere ciò che Papa Francesco ha voluto imprimere nella memoria del mondo.

(Foto Calvarese/SIR)
Ricorda il primo incontro con Francesco?
“Homeless Jesus” fu il primo incontro tra una mia scultura e il Santo Padre, dieci anni fa, con la prima raffigurazione di Gesù come senzatetto. All’epoca la crisi dei senza dimora non era così drammatica. Ma Francesco comprese subito la forza di quell’immagine. La sua benedizione diede forza al messaggio. E oggi, quel messaggio è ancora più necessario di allora.
In Piazza San Pietro ha preso forma un sogno condiviso. Cosa rappresenta oggi “Angels Unawares”?
Installata nel 2019 in Piazza San Pietro, assume oggi un significato ancora più forte. Papa Francesco volle che questa scultura fosse lì per ricordare che ogni vita umana è sacra.
La presenza dell’angelo tra i migranti ci ricorda che l’esperienza della migrazione ha una dimensione spirituale. Se perdiamo questa consapevolezza, rischiamo di smarrire la nostra umanità.
La collocazione dell’opera tra le colonne di Bernini, pensate come braccia accoglienti, rinnova il simbolismo originario. Come disse il cardinale Krajewski: “Non importa se non si adatta alle linee di Bernini, si adatta al Vangelo”. È una frase che descrive perfettamente Papa Francesco: non un ornamento, ma il Vangelo vissuto. In fondo, quella scultura è la sua biografia visiva.
- (Foto Vatican Media/SIR)
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Cosa significa oggi continuare il suo mandato artistico?
Dopo la sua morte sento ancora più forte l’obbligo di promuovere la sua visione.
Continuerò a creare e diffondere copie delle sculture che lui ha benedetto, installandole in molte parti del mondo.
Il messaggio di Papa Francesco non è solo per Roma. Deve raggiungere ogni continente. Quest’anno “Homeless Jesus” è stata installata a Hong Kong e presto sarà a St. Mary’s Cathedral a Edimburgo. Attraverso queste opere si può mantenere viva e diffondere la sua eredità spirituale.
Se dovesse scolpirlo oggi, quale immagine sceglierebbe?
Vorrei rappresentarlo mentre abbraccia i popoli della terra. È un’immagine che riflette perfettamente il suo spirito.
Sto già lavorando a una scultura ispirata a un’opera che sto realizzando per Assisi, dove san Francesco abbraccia il mondo. Inoltre sto progettando un parco scultoreo dedicato all’enciclica “Laudato si’”, dove si potrà leggere l’enciclica camminando, in mezzo alla natura.
Credo che a Papa Francesco sarebbe piaciuto: trasformare un testo in esperienza viva. Il suo ricordo non deve essere legato a un monumento statico, ma al dinamismo del Vangelo vissuto. Alle opere concrete di misericordia e giustizia che ha promosso instancabilmente.

