“In trent’anni abbiamo visto i frutti di quella che era stata inizialmente una scommessa. Potremmo forse azzardarci a dire che è stata anche una profezia. Piano piano Policoro ha ovviamente allargato di molto i suoi confini, i suoi orizzonti, ma restando fedele all’impegno di accompagnare i giovani nella ricerca e nella realizzazione della propria vocazione lavorativa”. Così don Ivan Licinio, coordinatore nazionale del Progetto Policoro, sintetizza il cammino percorso. Con lui parliamo di giovani, lavoro e dell’impegno della Chiesa italiana in questo ambito, in occasione del Giubileo dei lavoratori che viene celebrato, a Roma, in questi primi giorni di maggio.
Don Licinio, nel 2025 il Progetto Policoro compie 30 anni di attività… Che significato ha festeggiare questo traguardo nel contesto del Giubileo?
Non posso non ricordare le parole che Papa Francesco ha voluto rivolgere agli animatori di comunità durante l’udienza in occasione del 25° anniversario.

(Foto Vatican Media/SIR)
Disse che
“il Progetto Policoro è stato ed è un segno di speranza”
per il nostro Paese e, in modo particolare, per la nostra Chiesa. Il tutto è nato dall’idea pensata e concretizzata da don Mario Operti, che nel 1995 era direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e del lavoro della Cei, che mise insieme anche Pastorale giovanile e Caritas: quella era già una prima forma di sinodalità, se così possiamo dire, per dare una risposta concreta ad un problema che, allora, sentivano le Chiese e i giovani del Mezzogiorno.
Quel “segno di speranza” si è concretizzato nel dare la possibilità ad un giovane di realizzare il proprio sogno, il proprio progetto facendo in modo che non si sradichi dalle sue relazioni, dal suo contesto, dalla sua terra.
Che bilancio può essere tracciato dopo i primi tre decenni di vita?
Dal 1995 Policoro si è diffuso e oggi è presente in 110 diocesi in tutta Italia, cura e accompagna la formazione di quasi 170 giovani animatori di comunità. In questi anni ha accompagnato la nascita di imprese, sono 368 quelle censite nel nostro annuale, dando occupazione a diverse migliaia di persone nei “gesti concreti”. Ma
quando noi diciamo lavoro sappiamo che non stiamo semplicemente parlando di quanto profitto o benessere si sia prodotto ma quanto futuro si sia creato nel nostro Paese e, in modo particolare, nelle piccole comunità, quelle che oggi definiamo aree interne, che hanno visto in questo modo un po’ arginato il fenomeno dello spopolamento.
Per questo, penso che Policoro non solo abbia migliorato la qualità di vita in tante zone del Paese ma soprattutto abbia migliorato le condizioni dei giovani.
Rispetto a 30 anni, in Italia fa la realtà giovanile e le prospettive di lavoro per le giovani generazioni sono profondamente cambiate. E le problematiche di allora si sono aggravate e diffuse…
Questo è successo anche perché come sistema Paese abbiamo sempre affrontato il problema della disoccupazione dei giovani pensando semplicemente a trovare un’occupazione che desse loro la possibilità di percepire uno stipendio o comunque di avere risorse per costruirsi la propria vita. In realtà, il tema vero è che
attraverso il lavoro un giovane trova la propria realizzazione vocazionale, trova il suo posto nel mondo.
Per questo motivo ritengo che il progetto sia ancora una profezia attuale; se così non fosse potremmo confondere Policoro come una delle tante agenzie che si preoccupano di trovare un’occupazione ai giovani o alle persone inoccupate. Invece
noi scommettiamo sulla dignità del lavoro e quindi partiamo dalla persona, dal suo rispetto, per cercare insieme una risposta adeguata a quelle che sono le esigenze e le caratteristiche del proprio sogno.
Solo in quest’ottica il lavoro diventa uno strumento di evangelizzazione per poter rispondere alla chiamata all’interno del progetto di Dio. Questa è la specificità di Policoro, che spiega anche perché il progetto abbia avuto successo in quelle Regioni d’Italia dove fondamentalmente da sempre il lavoro non manca ma manca, forse, una riflessione sul lavoro.
Quale?
Una riflessione sul tipo di lavoro.
In Italia è vero che i dati parlano di un’occupazione in aumento ma, per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, restiamo ancora purtroppo il primo Paese in Europa. E comincia anche da noi a farsi più evidente il fenomeno delle dimissioni: giovani che abbandonano un posto di lavoro sicuro, magari anche ben retribuito, ma che non permette loro di curare spazi sociali o relazionali, che non permette loro di sviluppare la propria vita al di fuori del contesto lavorativo.
Credo che stiamo vivendo un passaggio epocale: non si bada più alla quantità del lavoro ma alla sua qualità. E i giovani sono in prima linea su questo fronte. Bisogna riconoscere che nel Paese, forse, una riflessione del tutto adeguata a riguardo non si è ancora vista, anche se molti hanno già cominciato a rifletterci.
In questo contesto, che messaggio arriva dal Giubileo della speranza?
Innanzitutto ci ricorda che
Policoro è un segno di speranza concreta
perché, in modo concreto, rinnova l’impegno a continuare a sperare in un mondo diverso, in una prospettiva di vita diversa e aiuta anche ad aprire orizzonti diversi. In secondo luogo, richiama il fatto che il progetto è un segno bello della Chiesa che si fa compagna di viaggio, uno dei temi del Giubileo.
Da “Pellegrini di speranza” continuiamo a metterci veramente accanto ai giovani:
in cammino con loro, proponiamo mete nuove o scopriamo insieme orizzonti nuovi. Questo non è scontato, in una società nella quale le giovani generazioni sono marginali se non addirittura messe sul banco degli imputati da un mondo adulto che sembra tutto arroccato sulle proprie posizioni e che, forse, teme un po’ l’avvento dei giovani.
C’è qualcosa del “modello Policoro” che può essere condiviso in altri ambiti ecclesiali e sociali?
Policoro è tra gli esempi di una Chiesa che si china per ascoltare difficoltà e fatiche di una parte del suo popolo e allo stesso tempo, concretamente, aiuta – in questo caso i giovani – nel trovare una risposta alla sofferenza. Lo fa
coinvolgendo, formando, valorizzando e investendo sui giovani a partire dall’ascolto: accompagniamo i giovani su strade che scelgono loro, magari noi possiamo aiutarli ad individuare la meta che diventa anche la nostra una volta che quel giovane l’ha scelta. Credo che questo modo di accompagnare i giovani sia da riscoprire e riprendere nel dialogo intergenerazionale;
così si accompagna, altrimenti si corre il rischio di lasciare indietro o addirittura obbligare a rincorrere mete non gradite come talvolta anche nel mondo del lavoro succede. Questo modo di accompagnare porta frutti anche in altri ambiti…
Alcuni esempi?
Stiamo notando sempre più che i giovani che hanno completato la formazione in Policoro a livello ecclesiale vengono scelti dai vescovi per ricoprire incarichi di responsabilità come direttori diocesani della Pastorale sociale e del lavoro, di quella giovanile o di Caritas. Per quanto riguarda l’ambito civile, agli animatori di comunità che hanno terminato la formazione, Policoro offre un percorso volto all’impegno socio-politico: sono un centinaio i giovani iscritti. Questo può diventare un contributo alla vita del Paese, a partire dalla Dottrina sociale della Chiesa.
A metà maggio avreste dovuto festeggiare con l’udienza con il Papa, un appuntamento già saltato fin dai giorni del ricovero di Francesco al Gemelli… Cosa avete in mente come evento celebrativo sostitutivo?
Purtroppo l’impossibilità di incontrare Papa Francesco ci ha obbligati a cambiare i programmi, per cui abbiamo deciso che il momento celebrativo ma anche programmatico per i prossimi anni si terrà nelle giornate di formazione nazionale che si svolgeranno nel novembre prossimo, volutamente, a Policoro. Lì avremo modo di fare un po’ memoria dei passi compiuti con i protagonisti, i testimoni di quell’epoca, anche per capire come alcune cose sono cambiate e come altre invece restano ancora esigenze immutate a cui il Progetto deve rispondere.
Capiremo insieme quali sono i passi futuri da fare, in un mondo che cambia molto velocemente: consapevoli che le tre parole che da sempre hanno contraddistinto Policoro – giovani, Vangelo e lavoro – sono sinonimo di novità perché realtà in continuo mutamento.
In quell’occasione verrà presentato anche il nuovo piano generale di formazione. Quest’anno ci siamo messi molto in ascolto dei protagonisti del progetto, sono stati convocato gli Stati generali coinvolgendo tutte le componenti compresa la filiera fatta da enti e associazioni che si occupano di formazione… E poi partirà a breve il bando per il nuovo luogo del Progetto Policoro che dovrà trasmettere la realtà di un cammino che si rinnova restando sempre fedele alle sue intuizioni iniziali.

