Volontariato: Caritas Italiana e Forum Terzo settore, la maggioranza delle esperienze nel campo sociale

Presentata a Roma, lunedì 28 aprile, la ricerca “Noi+. Valorizza te stesso, valorizza il volontariato” in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Roma Tre. Una ricerca che ha coinvolto circa 10mila volontari in tutta Italia. Quelle più “agite” sono quelle sociali (92,5%) per indagare le competenze agite durante le esperienze di volontariato e le motivazioni individuali che spingono all’impegno solidale

(Foto Vatican Media/SIR)

Indagare le competenze agite durante le esperienze di volontariato e le motivazioni individuali che spingono all’impegno solidale. Questo l’obiettivo della ricerca “Noi+. Valorizza te stesso, valorizza il volontariato”, presentata a Roma, promossa dal Forum Terzo settore e dalla Caritas Italiana, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università di Roma Tre. Una ricerca che ha coinvolto circa 10mila volontari in tutta Italia. Quelle più “agite” sono quelle sociali (92,5%), che attengono all’empatia, alla capacità di comunicare in modo efficace e collaborare, seguite con l’86,9% dalla competenza di “apprendere ad apprendere” (intesa come capacità di imparare e sviluppare pensiero critico durante tutte le fasi della vita) e dalle competenze personali (come la capacità di gestire le proprie emozioni e di affrontare i cambiamenti) all’85%. Supera l’80% anche la competenza di cittadinanza, ovvero la capacità di agire da cittadini responsabili e partecipare pienamente alla vita civica e sociale. L’indagine rileva un divario di genere: in 9 tipologie di competenze su 11 sono le donne a prevalere, con una differenza che supera i dieci punti percentuali nelle competenze interculturali (+12,4% rispetto agli uomini) e in materia di consapevolezza ed espressione culturali (+10,7%). Fanno eccezione le competenze manageriali e di leadership e la competenza digitale. Per quanto riguarda la distribuzione per età, le competenze personali e sociali sono più presenti nei volontari tra i 18 e i 30 anni, mentre la capacità di apprendere è tipicamente associata ai 30-45enni. Le competenze di cittadinanza sono invece più riconosciute tra i 45-65enni. Per quanto riguarda le motivazioni che spingono a svolgere attività di volontariato emerge, oltre al contributo alla comunità (87,6%), altre motivazioni che includono l’arricchimento professionale (32,1%), la fede nella causa del gruppo (31,7%) e la volontà di rispondere ai bisogni urgenti della società (26,7%). Oltre la metà dei volontari (53,8%) ritiene che il proprio impegno abbia un forte impatto nel modificare la realtà, ad esempio rendendo migliori la cultura, gli stili relazionali, i modelli sociali e anche l’organizzazione dei servizi. Inoltre, più del 75% afferma che fare volontariato ha “cambiato profondamente il proprio modo di pensare, specialmente tra i giovani adulti”. I giovani volontari sono maggiormente convinti, rispetto alla media, che “fare volontariato contribuisca a cambiare la realtà” (+6,5%) e che “il volontariato cambi il loro modo di pensare” (+4,6%). “In un “periodo segnato – e spesso sconvolto – da profondi cambiamenti sociali, economici, politici e culturali, nel nostro Paese il ruolo del volontariato si conferma essenziale non solo per rispondere ai bisogni delle persone delle comunità, sopperendo in molti casi alle lacune del nostro sistema di welfare, ma anche per generare i nuovi legami sociali e attivare processi di cittadinanza attiva, contrastando in questo modo la diffusione, soprattutto tra i più giovani, di forme di solitudine, paura, e diffidenza verso l’altro”, sottolinea la ricerca che nasce dalla convinzione “condivisa” che “non solo il volontariato ha il merito di contribuire in maniera consistente e a indirizzare la nostra società verso maggiori inclusioni, solidarietà e giustizia sociali, ma rappresenta anche un importante contesto formativo, capace di generare saperi, abilità, atteggiamenti che sono sempre più centrali per affrontare le sfide di oggi”.

 


“Queste competenze trasversali sono sempre più fondamentali nei luoghi di lavoro, nelle relazioni interpersonali e di comunità e per la costruzione di cittadinanza attiva. Il loro riconoscimento è al centro di una sfida per la crescita del capitale umano e sociale. Il Terzo settore è stato pioniere di questo percorso nell’ambito del Servizio civile universale ma è tempo di compiere ulteriori passi in avanti, seguendo la strada indicata anche dall’Unione europea”, ha detto Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore: occorre “realizzare quanto già disposto dal Codice del Terzo settore sul riconoscimento delle competenze dei volontari, dando seguito al decreto del 2024 sull’individuazione, validazione e certificazione delle competenze”. L’obiettivo – ha spiegato – è un “sistema strutturato, omogeneo su tutto il territorio nazionale, che valorizzi nel concreto quanto acquisito dai volontari nella loro esperienza, facendo leva sul ruolo chiave degli Enti di Terzo settore. Questo rafforzerà la cultura del volontariato nel nostro Paese, soprattutto tra i più giovani, e favorirà l’apprendimento delle persone rispondendo ai loro bisogni di crescita personale e professionale” conclude.

 

 

Alla presentazione sono intervenuti – moderati dal giornalista di Avvenire Luca Liverani – i curatori della ricerca Paolo di Rienzo e Giovanni Serra dell’Università Roma Tre e la ricercatrice Sabrina Stoppiello di Istat. È seguita una sessione dedicata all’approfondimento di alcune delle competenze chiave per il volontariato, con interventi di Franco Lorenzoni (maestro e scrittore), Donatella Turri (Caritas Italiana) e Maruan Oussaifi (vicepresidente Anolf). Infine, una riflessione sulle prospettive per il Paese con la partecipazione, tra gli altri, del viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci