Lo Spirito guida della Chiesa nell’evangelizzazione del mondo

Con "Evangelii gaudium", Papa Francesco ha dato forma al suo pontificato: una Chiesa missionaria, animata dallo Spirito Santo e radicata nella gioia del Vangelo. Un testo programmatico che ha segnato una svolta, chiamando ogni cristiano a un rinnovato slancio evangelizzatore.

(Foto Calvarese/SIR)

Le dimissioni di Benedetto XVI posero al successore Francesco la necessità di rispondere a una evidenza: pubblicare l’Esortazione seguente al Sinodo su “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”, assemblea convocata da Papa Ratzinger nell’ottobre 2012. Partecipai a questo Sinodo come uditore nominato da Benedetto XVI e seguii, anche come consultore vaticano, gli atti prodotti subito dopo. Francesco fece sapere che non avrebbe voluto pubblicare il testo atteso, ritenendo ancora valida la Evangelii nuntiandi di san Paolo VI, Esortazione successiva al Sinodo su “L’evangelizzazione nel mondo contemporaneo” (1975). Sin dall’inizio del pontificato di Francesco, del resto, è apparso chiaro il suo debito di memoria a Papa Montini, soprattutto sulla necessità di una Chiesa aperta alle novità dello Spirito Santo per una più incisiva testimonianza del Vangelo. Accade però che Francesco cambi idea e, sorprendendo tutti, non solo si decida a pubblicare l’Esortazione Evangelii gaudium (che non denominerà “post-sinodale”, pur ricollegandola al Sinodo), ma che vi metta tutto il suo cuore, la sua intelligenza pastorale, la sua ansia di cattolicità, la ferma volontà di dare un impianto spirituale al suo pontificato, con una netta trasformazione del linguaggio – diretto, immediato, semplificato, sfidante – e con un impianto kerigmatico e carismatico senza precedenti, già nelle prime parole del testo: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero… indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni… Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore… Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla può più della sua vita che ci spinge in avanti!” (Evangelii gaudium nn. 1.3).

Nel rileggere queste accorate parole invitatorie – le ultime in special modo – e considerando che la morte di Papa Francesco è avvenuta nel primo giorno dopo la Pasqua, davvero possiamo ritenere che egli abbia profetizzato per sé il “non fuggire dalla risurrezione, accada quel che accada”.

Per circa due anni dalla pubblicazione di Evangelii gaudium, Papa Francesco si raccomandò che le Conferenze episcopali del mondo, le università pontificie e cattoliche, le congregazioni religiose e i movimenti ecclesiali si fermassero ad approfondire questo testo. Bisogna ammettere che non tutti lo hanno fatto, quanto meno nella direzione di fare dell’Esortazione un “documento programmatico” dalle conseguenze importanti, in vista dell’“improrogabile rinnovamento ecclesiale” e della “riforma delle strutture per una conversione pastorale in chiave missionaria” (cf. EG nn. 25.27.33). Ne consegue che senza Evangelii gaudium poco o mal si intende il pontificato di Francesco. Una cosa – e siamo nel metodo – differenzia l’approccio di Francesco nella definizione del magistero rispetto ai suoi predecessori. C’è una sorta di discontinuità, un cambio significativo nella prospettiva di una Chiesa incarnata nella storia, che sa stare “dentro e fuori il Cenacolo”, nel tempio e nel tempo: il ruolo dello Spirito Santo e la sua azione personale nell’evangelizzazione e nella missione.

Con Francesco, seppure ci troviamo a 25 anni dall’inizio del secolo, la Chiesa è entrata pienamente nelle maglie e nei travagli del nuovo millennio, di una cristianità che sembra perdere il suo potente idealismo e la sua incisività nella vita delle nuove generazioni.

Ecco perché Francesco rinuncia ad analisi sociologiche e pone nella docilità allo Spirito Santo il “segreto” di una Chiesa che mai perderà l’ardore delle origini nel testimoniare “la gioia del Vangelo”. Se la Chiesa è affidata allo Spirito, l’evangelizzazione del mondo potrà solo avvenire “con lo Spirito”! “Evangelizzatori che si aprono senza paura all’azione dello Spirito Santo… Evangelizzatori con Spirito, che pregano e lavorano… che hanno la prima motivazione per evangelizzare nell’amore di Gesù, nell’esperienza di essere salvati da lui… Per mantenere vivo l’ardore missionario occorre una decisa fiducia nello Spirito Santo… Non c’è maggior libertà che quella di lasciarsi portare dallo Spirito Santo” (cf. EG nn. 259.262.264.280). Papa Francesco, uomo libero nello Spirito, ci lascia in eredità la libertà dello Spirito.

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