
Con il termine mariologia (o teologia mariana) si intende non solo la devozione/venerazione nei confronti della Madre vergine di Gesù, il Signore, ma anche la molteplice riflessione che su di lei, sulla sua femminilità, sulla sua persona, sulla sua vocazione nel grande “mistero” che è la rivelazione salvifica di Dio Trinità all’intera umanità, si sviluppa a partire dalla lettura, dall’ascolto e dall’interiorizzazione delle Scritture. Quale mariologia ci lascia allora Papa Francesco? Cosa sta alla base di quella grande devozione mariana che il Papa “preso dalla fine del mondo” non ha mai nascosto e ha continuato sempre a proporre, soprattutto alle giovani generazioni? Il suo stesso testamento è un testamento “mariano”: ha infatti scelto che le sue spoglie mortali riposino in Santa Maria Maggiore, nella terra, all’ombra di colei che lì è venerata come Salus populi romani e che i Padri della Chiesa amavano descrivere come la “terra nuova”, la “terra vergine” con cui Dio ha iniziato il rinnovamento che conduce alla risurrezione della carne e al mondo reso capace di stare davanti alla Trinità “faccia a faccia” senza più cesure ed ostacoli.
Tra le tante espressioni che possono riassumere le risposte a una simile domanda, si potrebbe utilizzare questa: “mariologia meticcia”. Papa Francesco lascia in eredità alla Chiesa una Maria “meticcia”: una donna che “condivide le vicende di ogni popolo che ha ricevuto il Vangelo, ed entra a far parte della sua identità storica” (Eg 286), diventandone così sorella e, poi, madre.
Come la Chiesa è pellegrina nella storia e assume il volto dei popoli e delle culture che accolgono il Vangelo, così Maria, lei stessa pellegrina nella storia insieme alla Chiesa, assume il volto di questi popoli: ella ha dunque il volto della Vergine di Guadalupe, patrona delle Americhe; il volto della Vergine di Luján, patrona dell’Argentina, del Paraguay e dell’Uruguay; il volto di Nostra Signora Aparecida, patrona del Brasile; il volto della Salus populi romani, protettrice dell’Urbe; il volto della Madonna che scioglie i nodi, la Eva nuova resa tale dal dono e dal segno della concezione immacolata, venerata in Germania; il volto della Madonna del silenzio, sconosciuto ai più ma emblema delle innumerevoli tradizioni mariane proprie ad ogni territorio e alla sua storia…
A fondamento di questo “meticciato mariano” c’è il Nuovo Testamento: è il Vangelo che ci racconta di Maria come di una donna in cammino, che allarga il suo cuore e la sua vita a misura delle persone cui il suo Figlio la unisce:
“‘Chi è mia madre? E chi sono i miei fratelli?’. E, volgendo lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, disse: ‘Ecco mia madre e i miei fratelli!’” (Mc 3,33-34).
Sono gli Atti degli Apostoli che ci raccontano della presenza di Maria all’interno della prima comunità credente (cfr. At 1,14), quella comunità che abbatterà barriere e muri e riunirà al suo interno ebrei e pagani come fratelli nella fede, costruendo un’unità fino a quel momento ritenuta impossibile e, addirittura, empia, contraria alla vera religione. La “Maria meticcia” di Francesco è quindi un “ritorno” alle Scritture, perché, come aveva insegnato san Paolo VI, le devozioni mariane hanno senso nella misura in cui posseggano interiormente e nativamente un orientamento insieme “biblico, liturgico, ecumenico, antropologico” (Mc 29) e, proprio per questo, dinamiche nel sostenere “il rinnovamento del costume cristiano” (Mc 56).
Il “meticciato mariano” che sgorga dal Nuovo Testamento è dunque una via attraverso cui imparare non solo l’arte del cammino e dell’incontro, ma anche l’arte del cambiamento. Nei racconti mariani che esso tramanda, si sottolinea infatti che la Maria che si trova all’inizio dell’azione non è la stessa che si trova alla fine di quella stessa azione.
Volendo fare un esempio, la Maria che si trova all’inizio dell’annunciazione non è la Maria che si trova alla sua fine: da una situazione di immobilità ella passa alla mobilità del cammino, andando a trovare la cugina Elisabetta con un viaggio che ha del sorprendente. Il “meticciato mariano” è dunque l’arte del cambiare strada, che è insieme conseguenza e condizione necessaria per entrare nell’evento Cristo. Con il suo “volto meticcio”, Maria è la donna che indica alla Chiesa come si annuncia credibilmente il Vangelo: cosa non da poco, perché tale è la “santa inquietudine” che non deve mai abbandonare coloro che credono.
Grazie, Papa Francesco, per questa testimonianza così evangelica, semplice e chiara.
(*) mariologo, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore