40 anni di Toscana Oggi. Mugnaini (direttore): “Non un giornale clericale ma un luogo di confronto con tutti”

“Toscana Oggi" festeggia i 40 anni dalla fondazione del settimanale. Ne abbiam parlato con il direttore, Domenico Mugnaini

(Foto Calvarese/SIR)

“Dobbiamo avere il coraggio di far emergere il Paese reale e denunciare ciò che non va bene”. Domenico Mugnaini, direttore di “Toscana Oggi”, festeggia i 40 di fondazione del settimanale con la presentazione a Firenze del volume di Andrea Fagioli che ripercorre la storia del giornale.

(Foto Toscana Oggi)

Toscana Oggi è da 40 anni la voce del cattolicesimo toscano.
Ho ereditato un giornale che era un punto fermo per l’informazione locale, grazie ai direttori che mi hanno preceduto. Penso soprattutto ad Alberto Migone, che è stato un maestro per tanti. E poi ad Andrea Fagioli, che mi ha passato il testimone. Toscana Oggi non è mai stato un giornale clericale. Si è sempre occupato della Chiesa, ma con l’atteggiamento aperto al confronto con tutti. È un giornale che ha sempre saputo fare cultura ed è il lavoro che cerco di portare avanti.

Come scriveva don Averardo Dini, tra gli artefici del settimanale, “non ci schieriamo né contro questo né contro quello, ma per Qualcuno che ci appartiene e che vale più di ogni altra realtà”. È questo il nostro tratto, anche in un tempo così difficile in cui è faticoso fare sintesi delle divisioni.

Con una identità ben precisa.
Non possiamo assolutamente transigere dai principi. Altrimenti verrebbe meno la nostra ragione di esistere. E questo dobbiamo ricordarcelo sempre, anche quando scriviamo di politica o di cultura.

Siamo aperti al confronto, ma senza alzare i toni.

Non bisogna urlare: non ho mai accettato le offese e non mi sono permesso di offendere qualcuno, così come non lo ha mai fatto Toscana Oggi.

Toscana Oggi è anche uno spazio aperto di confronto sui temi più delicati che riguardano la vita sociale e politica?
Il convegno sul Codice di Camaldoli, che si è tenuto a luglio 2023, è stata la conferma di un lavoro riconosciuto nel suo valore. A Camaldoli sono venuti il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, il segretario di Stato Vaticano, card. Pietro Parolin. Significa che siamo riusciti a fare sintesi, ad unire. Vogliamo creare ponti senza alzare muri. Anche il libro che esce in occasione dei 40 anni di Toscana Oggi è un modo per raccontare il Paese reale, che non è quello di chi ne fornisce una lettura di parte per ragioni politiche o di altra natura.

E come è cambiata la realtà che raccontate?
C’è una grande difficoltà delle persone nelle relazioni. I giovani, ma non soltanto loro, utilizzano sempre più spesso i social per aggredire e dividere. Toscana Oggi vuole confrontarsi con un mondo che è cambiato profondamente negli ultimi decenni.

Anche la Toscana è cambiata: non soltanto a livello politico, con il tramonto della Regione rossa, ma anche sulle questioni sociali. Penso alla sanità: era un nostro fiore all’occhiello, mentre oggi tanti cittadini non riescono a curarsi perché non hanno soldi.

E questo deve far riflettere sulle povertà. Alle Caritas della Toscana bussano sempre persone nuove, non ci sono più soltanto gli stranieri, ma tante famiglie che non arrivano a fine mese. Dobbiamo avere il coraggio di far emergere questo mondo e denunciare ciò che non va bene.

È il ruolo di un settimanale cattolico?
I settimanali cattolici, ma i media cattolici in generale, devono aiutare la nostra gente a comprendere quello che accade. Facendo un’informazione puntuale e sobria, mai contro qualcuno, ma che non abbia paura di dire la propria opinione. I settimanali cattolici lo hanno fatto negli anni e lo continueranno a fare. Abbiamo problemi economici, è vero, ma la voce del cattolicesimo non si può spengere. Toscana Oggi ebbe l’intuizione di mettere insieme tutti i giornali del territorio e oggi siamo presenti in 15 delle 17 diocesi toscane. È un’esperienza che dopo quarant’anni si può dire che ha funzionato. 

Difficile coinvolgere i giovani?
Vogliamo dare voce ai giovani, anche attraverso i social. La loro presenza è indispensabile per la società e per la Chiesa. Perché se è vero che oggi le chiese sono più vuote e i giovani frequentano meno, quando vengono coinvolti in questioni importanti i giovani rispondono. E rispondono in Toscana a Roma e in altre parti d’Italia. Non dobbiamo chiuderci alla carta stampata, ma guardare alle opportunità che i nuovi strumenti ci offrono.

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