Don Bosco e i giovani. Don Costa (salesiani): “Combattere la solitudine e dare speranza per la vita”

"Dobbiamo combattere la solitudine dei giovani, rispondere ai loro bisogni anche provocandone le domande quando non vengono poste, stare loro vicini amandoli e aiutandoli a realizzare un futuro prima sognato". Parla don Giuseppe Costa, co-portavoce della Congregazione Salesiana

(Foto Salesiani Piemonte)

“La speranza è una dimensione della fede e può dare significato alla vita quotidiana. Occorre far comprendere il valore di una vita vissuta nella prospettiva di un progetto da realizzare con gli altri e tra questi un Dio amico, personale e misericordioso”. Così don Giuseppe Costa, co-portavoce della Congregazione Salesiana, nel giorno della memoria di San Giovanni Bosco che il Papa ha invitato ad imitare nel corso dell’udienza generale “educando i giovani alla fede e formandoli nelle diverse scienze e professioni, per un futuro migliore, in cui l’umanità possa godere di pace, fratellanza e tranquillità”.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Duecento anni fa Don Bosco ebbe quello che è passato alla storia come il “Sogno dei nove anni”.
Don Bosco, al pari di tanti esseri umani, ha vissuto l’esperienza dei sogni e alcuni di essi possiamo annoverali tra i sogni profetici e premonitori. Egli stesso ne ha raccontati e descritti alcuni nelle Memorie dell’Oratorio, un testo autobiografico.

Il sogno che ha avuto a nove anni, quindi nel 1824, è stato come una bussola per la sua esistenza orientandola verso il progetto che la Provvidenza gli indicava. È il sogno che vede i lupi trasformati in agnelli sostituendo scene di violenza con paesaggi di pace serena.

È la stessa Maria Ausiliatrice che indica il metodo che verrà definito preventivo: ragione, religione, amorevolezza. Ecco perché questo sogno dal 10° successore di Don Bosco, il card. Ángel Fernández Artime, è stato scelto come strenna per la Famiglia salesiana sparsa in oltre 130 Paesi nel mondo.

La sfida educativa si confronta con un mondo nuovo, con sfide che vanno dai social all’intelligenza artificiale…
Viviamo in tempi di povertà educativa per vari motivi: mancanza di educatori e di famiglie, istituzioni tradizionali carenti, spazi occupati sempre più da tecnologie di comunicazione incontrollabili. I salesiani cercano di stare in mezzo a questa realtà condividendo le stesse tecnologie, trasmettendo contenuti ricchi di valori, motivando la vita a fianco degli stessi giovani.

Aumentano i casi di suicidio, i comportamenti autolesivi, i disturbi del comportamento alimentare, i conflitti fra genitori e figli, il ritiro dei giovani dalla scuola e dalla vita sociale. È una generazione senza speranza?
L’aumento dei suicidi in età giovanile preoccupa, come la depressione psichica e i conflitti di vario genere. Eppure noi riteniamo, seguendo Don Bosco, che i giovani hanno sempre nei loro cuori semi di bontà e di generosità da far sviluppare per il futuro.

Dobbiamo combattere la loro solitudine, rispondere ai loro bisogni anche provocandone le domande quando non vengono poste, stare loro vicini amandoli e aiutandoli a realizzare un futuro prima sognato.

La speranza è una dimensione della stessa fede religiosa e può dare significato alla vita quotidiana. Occorre poi far comprendere il valore di una vita vissuta nella prospettiva di un progetto da realizzare con gli altri e tra questi un Dio amico, personale e misericordioso che chiama tutti e ognuno a realizzare la supremazia del bene.

Che responsabilità ha la scuola nella crescita dei giovani?
La scuola ha ancora una responsabilità centrale tanto più che, a prescindere dagli abbandoni, è frequentata almeno per alcuni anni. Una scuola di qualità capace di offrire progetti di apprendimento e ricerca in una esperienza socializzante difficilmente verrà lasciata. Ci vogliono poi docenti che vivano la loro esperienza come donazione, ma con una professionalità seria e coinvolgente.

I salesiani sono da sempre accanto ai giovani. Chi sostiene le famiglie nel percorso educativo?
La famiglia ha un ruolo fondamentale nel percorso educativo purché non sia espropriata dalla sua stessa crisi interna o da altri motori educativi come i media e i social. La Chiesa attraverso le parrocchie, le associazioni e i gruppi di vario genere può sostenere la famiglia invitandola a non arrendersi e dibattendo i problemi in un lavoro pastorale d’insieme.

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