Papa Francesco: “Adorare Dio e amare i fratelli è la grande e perenne riforma della Chiesa”

"Questa è la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di buona condotta, ma accoglie, serve, ama. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia”. È l'idea di Chiesa consegnata da Papa Francesco alle madri e ai padri sinodali, nell'omelia della Messa nella basilica di San Pietro a conclusione della prima tappa dell'assemblea, davanti a 5mila persone. "Sfruttare i più deboli è un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società"

(Foto Vatican Media/SIR)

La Chiesa “non esige mai una pagella di buona condotta”. Non mette al centro “strategie, calcoli umani, mode del mondo, idolatrie moderne” come l’avidità del denaro, il fascino del carrierismo o le “idolatrie camuffate di spiritualità”. Nell’omelia della Messa presieduta nella basilica di San Pietro a conclusione della prima tappa del Sinodo sulla sinodalità – davanti a 5mila persone – Papa Francesco ha consegnato alle madri e ai padri sinodali, in vista del cammino del prossimo anno, la sua idea di Chiesa, al cui centro non ci sono “tante belle idee”, ma due verbi: adorare e servire. “Adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma”, ha spiegato: “Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli, degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri”.

“Amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi. Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo: ecco il cuore di tutto”,

l’esordio dell’omelia. “Adorare – ha spiegato Francesco – significa riconoscere nella fede che solo Dio è il Signore e che dalla tenerezza del suo amore dipendono le nostre vite, il cammino della Chiesa, le sorti della storia”. “Chi adora Dio rifiuta gli idoli perché, mentre Dio libera, gli idoli rendono schiavi”, il monito del Papa, che ha messo in guardia dal “pensare di controllare Dio, di rinchiudere il suo amore nei nostri schemi”.

“Sempre dobbiamo lottare contro le idolatrie”, l’esortazione di Francesco: “quelle moderne, che spesso derivano dalla vanagloria personale, come la brama del successo, l’affermazione di sé ad ogni costo, l’avidità di denaro – il diavolo entra nelle tasche, non dimentichiamolo – il fascino del carrierismo; ma anche quelle idolatrie camuffate di spiritualità: la mia spiritualità, le mie idee religiose, la mia bravura pastorale”.

“Vigiliamo, perché non ci succeda di mettere al centro noi invece che lui”, il monito: “La Chiesa sia adoratrice: in ogni diocesi, in ogni parrocchia, in ogni comunità si adori il Signore! Perché solo così ci rivolgeremo a Gesù e non a noi stessi; perché solo attraverso il silenzio adorante la Parola di Dio abiterà le nostre parole; perché solo davanti a lui saremo purificati, trasformati e rinnovati dal fuoco del suo Spirito”.

“Non esiste una vera esperienza religiosa autentica che sia sorda al grido del mondo”, il grido d’allarme del Papa a proposito del secondo verbo al centro dell’omelia: “Non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo, altrimenti si rischia il fariseismo”.

“È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società”,

ha tuonato Francesco:

“Penso a quanti sono vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce. E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle”.

“Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo”, ha garantito il Papa: “Dio al primo posto e insieme a lui coloro che egli predilige, i poveri e i deboli. Questa è la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di buona condotta, ma accoglie, serve, ama. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia”. Poi la citazione di San Giovanni Crisostomo: “L’uomo misericordioso è un porto per chi è nel bisogno: il porto accoglie e libera dal pericolo tutti i naufraghi; siano essi malfattori, buoni, o siano come siano, il porto li mette al riparo all’interno della sua insenatura. Anche tu, dunque, quando vedi in terra un uomo che ha sofferto il naufragio della povertà, non giudicare, non chiedere conto della sua condotta, ma liberalo dalla sventura”.

“Che possiamo crescere nell’adorazione di Dio e nel servizio del prossimo. Adorare e servire”, l’augurio finale: “In questa conversazione dello Spirito abbiamo potuto sperimentare la tenera presenza del Signore e scoprire la bellezza della fraternità”, il bilancio del Papa, unito al ringraziamento a quanti hanno reso possibile e partecipato all’assemblea sinodale di questo mese di ottobre: “Ci siamo ascoltati reciprocamente e soprattutto, nella ricca varietà delle nostre storie e delle nostre sensibilità, ci siamo messi in ascolto dello Spirito. Oggi non vediamo il frutto completo di questo processo, ma con lungimiranza possiamo guardare all’orizzonte che si apre davanti a noi: il Signore ci guiderà e ci aiuterà ad essere Chiesa più sinodale e missionaria, che adora Dio e serve le donne e gli uomini del nostro tempo, uscendo a portare a tutti la consolante gioia del Vangelo”.

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