Il Codex, donne coraggiose, un prete: la restanza di Rossano

Una storia al femminile, di amore per la propria terra e di intraprendenza professionale. La storia di una comunità cristiana “in uscita”, capace di incarnare i valori del Vangelo nella quotidianità e di un pastore, don Pino Straface, che si è messo in gioco. Nel cuore della Calabria

Il Codex Purpureus Rossanensis è uno dei più antichi evangeliari (il libro liturgico contenente il testo del Vangelo, per le celebrazioni più solenni) esistenti al mondo. È un oggetto unico grazie alle sue bellissime miniature, capolavoro dell’arte bizantina, ed è databile tra il V e il VI secolo. Il 9 ottobre 2015 è stato riconosciuto quale Patrimonio dell’Umanità e inserito nelle liste Unesco, nella Categoria “Memory of the Word”. Ma quello che si può scoprire a Rossano (CS), visitando il Museo diocesano e del Codex in cui è custodito, è molto più di un tesoro della fede e della cultura mondiali.

Rossano ha da raccontare una straordinaria storia di amore per la propria terra e di coraggio nel mettersi in gioco. La storia di una comunità intraprendente e di un prete coraggioso, storia di donne tenaci che hanno voluto ribaltare i luoghi comuni e i pregiudizi e nei cui occhi, oggi, brilla la luce di chi ce l’ha fatta.

“Un’avventura cominciata nel 1997 – racconta Rosa Urso, una delle guide del Museo – da un gruppo parrocchiale che a poco a poco è cresciuto umanamente e spiritualmente e alla fine anche da un punto di vista lavorativo. Ci mettevamo sui gradini della cattedrale e offrivamo ai turisti il nostro accompagnamento volontario; alla fine ci siamo rese conto che poteva anche diventare un lavoro, rimanendo nel nostro paese e inventandoci una professione”.

Fondamentale, in questo percorso, il ruolo del parroco, don Pino Straface, attuale direttore del Museo diocesano e del Codex di Rossano.

“Aiutare le persone a scoprire il legame tra il Vangelo e la vita significa anche aiutarle a mettere a frutto le proprie capacità, i propri talenti, la propria vocazione.

Questi giovani – spiega il sacerdote a Giovanni Panozzo, nel video realizzato proprio per Unitineldono.it – si sono messi in gioco, hanno sconvolto la mentalità corrente, secondo la quale specialmente una donna avrebbe dovuto trovare marito… e finiva tutto lì. Abbiamo messo, insieme, le mani in pasta, superando moltissimi ostacoli: per un prete vuol dire metterci del proprio, senza paura”.

“Lavorare nel mondo della cultura – aggiunge Cecilia Perri, vicedirettrice del Museo diocesano e del Codex di Rossano – non è semplice e ci siamo trovati spesso di fronte a tante difficoltà. La Chiesa ci è stata vicina e ci ha dato fiducia, consegnandoci completamente la gestione del museo: oggi siamo noi a scegliere quali eventi realizzare e a prendere decisioni. Don Pino è sempre presente ma con dolcezza e discrezione, rispettando la nostra professionalità e autonomia”.

“Il Museo è il mio posto del cuore – chiosa Daniela Pirillo, anche lei guida presso la struttura –: è un lavoro ma nello stesso tempo è passione e dedizione”.

È proprio Daniela a suggerire a Giovanni Panozzo il titolo scelto per il video: la restanza. Un termine coniato in questi ultimi anni per definire (cfr. Vocabolario Treccani) “negli studi antropologici, con particolare riferimento alla condizione problematica del Sud d’Italia, la posizione di chi decide di restare, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e comunità d’origine non per rassegnazione, ma con un atteggiamento propositivo”.

 

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