È necessario che il nostro cuore “parli”

Un invito a comunicare con un cuore cordiale e, nello stesso tempo, importanti riferimenti teologico-magisteriali come quelli al Papa emerito recentemente tornato al Padre e a San Francesco di Sales, patrono dei comunicatori. Sono alcune delle direttrici che meglio contraddistinguono il Messaggio di Papa Francesco per 57ma Giornata mondiale comunicazioni sociali, diffuso dalla sala stampa della Santa Sede come di consueto oggi 24 gennaio, nella memoria di San Francesco di Sales.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Un invito a comunicare con un cuore cordiale e, nello stesso tempo, importanti riferimenti teologico-magisteriali come quelli al Papa emerito recentemente tornato al Padre e a San Francesco di Sales, patrono dei comunicatori. Sono alcune delle direttrici che meglio contraddistinguono il Messaggio di Papa Francesco per 57ma Giornata mondiale comunicazioni sociali, diffuso dalla sala stampa della Santa Sede come di consueto oggi 24 gennaio, nella memoria di San Francesco di Sales.
Il documento sembra completare la personale trilogia del Papa che indaga il nesso tra comunicazione e cuore. Perché dopo che “va e che vede” (Messaggio del 2021) e dopo che “ascolta” (Messaggio del 2022), è necessario che il nostro cuore “parli”, ovvero sia capace di “entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto quella del comunicare cordialmente”. Il Papa cita San Paolo agli Efesini, ma un altro rimando è alla Lettera ai Filippesi in cui l’Apostolo scrive che “tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri”. Come tutti i precedenti, infatti, anche il Messaggio di quest’anno si propone come un manifesto universale. Non si rivolge esclusivamente agli operatori della comunicazione, ma a tutti i cristiani (e non solo) chiamati “a cercare e a dire la verità e a farlo con carità”. Parole che ricordano le encicliche di Benedetto Deus caritas est e Caritas in Veritate, cornici privilegiate per esplorare una comunicazione non appiattita su artifici e strategie di marketing, ma capace di diventare “riflesso dell’animo, la superficie visibile di un nucleo d’amore invisibile agli occhi”. E che riflette anche gli scritti e il pensiero di due santi come John Henry Newman e San Francesco di Sales. Per il teologo inglese “basta amare bene per dire bene”, per il vescovo ginevrino è “nel cuore e attraverso esso che l’uomo riconosce Dio”.  In particolare, il Santo Dottore della Chiesa (a cui il Papa ha dedicato nel 2022 la lettera apostolica Totum amoris est per celebrare 400 anni dalla sua morte) diventa un ispiratore privilegiato per l’agire comunicativo al tempo della cultura digitale. Una cultura che deve anzitutto essere capita e poi vissuta non come un insieme di strumenti asettici, ma soprattutto come una proiezione della bellezza della nostra umanità. Che, per coloro che comunicano professionalmente, significa “ricercare e raccontare la verità con coraggio e libertà, respingendo la tentazione di usare espressioni eclatanti e aggressive”. È questa la prima attualizzazione del Messaggio che allarga la propria riflessione a altre due istanze ecclesiali e sociali del tempo presente. La prima è il processo sinodale che necessita di “un ascolto senza pregiudizi, attento e disponibile che nasce da “un parlare secondo lo stile di Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza”. L’altra è la pace che, per essere realizzata, deve “affermare una comunicazione non ostile” che rifiuta “ogni retorica bellicistica e propagandistica che manipola la verità, deturpandola per finalità ideologiche”.

 

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