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Come essere santi oggi? Card. Semeraro: “Reagire con la mitezza alla violenza per pro-vocare la pace”

"È Cristo crocifisso e risorto il Signore della storia, colui che la Chiesa glorifica ieri, oggi e sempre! È dunque nel suo riflettere nella propria vita un bagliore della luce pasquale di Cristo che consiste la attualità permanente dei santi". Parla il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, che mette in guardia dalla "reputazione digitale" nelle cause di beatificazione e canonizzazione: "Uomini e donne acclamati a gran voce e per molto tempo non sono stati solo un fallimento, ma anche cause di tragedia"

(Foto Vatican Media/SIR)

“I santi sono profezia di una persona riconciliata: riconciliata con Dio, con se stessa, con i fratelli e anche con la natura”. Il card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei santi, ha da pochi giorni concluso il convegno su “La santità oggi” all’Augustinianum e concelebrato la canonizzazione in Piazza San Pietro dei beati Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti.

Eminenza, parlare di santità nel 2022 può sembrare ad alcuni una fuga nel passato. Chi sono i santi e le sante dei nostri giorni?
Il “santo” è l’uomo “compiuto”, l’uomo che realizza in sé il progetto che Dio ha per lui giacché ai suoi occhi ciascuno – come scriveva San Giovanni Paolo II – è “unico e irripetibile” ed è così che “Dio in Gesù Cristo chiama ciascuno col proprio inconfondibile nome”. In tale prospettiva il santo non è mai l’uomo del passato, bensì del futuro poiché è il segnale indicatore di un compimento. Benedetto una volta chiamò i santi “indicatori di strada”.

L’Europa è sconvolta da una guerra che sta assumendo una dimensione mondiale. Che spazio c’è per la santità in questo momento e in quei contesti?
I santi sono profezia di una persona riconciliata: riconciliata con Dio, con se stessa, con i fratelli e anche con la natura. Pensiamo a santi come Francesco d’Assisi e Francesco di Paola. Proprio nell’omelia nel rito di canonizzazione di domenica 9 ottobre il Papa ha detto: “Non dimentichiamo oggi la martoriata Ucraina! Scalabrini guardava oltre, guardava avanti, verso un mondo e una Chiesa senza barriere, senza stranieri”. Sono parole che valgono per tanti santi e beati dei nostri giorni. Nel mio attuale ministero il Papa mi ha inviato a presiedere diversi riti di beatificazione.

La gran parte di loro sono martiri: reagendo con la mitezza alla violenza hanno pro-vocato la pace.

Penso al beato Rosario Livatino. A chi lo uccideva disse: “Picciotti, che vi ho fatto?”. Sulle sue labbra risuonava il lamento di Dio: “Popolo mio, che cosa ti ho fatto?”. Uno dei suoi successori si è poi pentito. Ha dichiarato: “Oggi mi farei ammazzare piuttosto che rifare ciò che gli ho fatto! E lo prego ogni domenica a Messa!”.

Come si individuano le virtù richieste per una “santità canonizzabile”?
Alla base c’è l’intuizione del popolo di Dio che, sostenuto dallo Spirito, è in grado di riconoscere in un battezzato/a il riflesso della santità di Cristo. Lo scorso 6 ottobre, alludendo al magistero del Vaticano II mentre parlava al Dicastero delle Cause dei santi e ai partecipanti al convegno dei giorni precedenti, Francesco ha detto che il popolo di Dio “sempre ha un particolare ‘fiuto’ per riconoscere questi modelli di santità, testimoni straordinari del Vangelo. Occorre, pertanto, tenere in giusta considerazione il consenso della gente attorno a queste figure cristianamente esemplari”. Su questa base prende forma un cammino di indagine, di offerta di testimonianze ed esame di eventuali scritti che, se concluso positivamente, viene presentato al Papa per il discernimento conclusivo.

La santità è una vocazione universale. Ma cosa bisogna fare per essere santi?
Vorrei rispondere con le parole di un santo dei nostri tempi, san J. H. Newman. In uno scritto del 27 settembre 1856 intitolato “Breve via di perfezione” scrive:

“Se noi vogliamo essere perfetti non dobbiamo fare altro che adempire i nostri doveri quotidiani… È perfetto chi fa in modo giusto le sue azioni giornaliere; per raggiungere la perfezione non abbiamo bisogno di oltrepassare questi limiti”.

La “fama di santità” non corrisponde alla notorietà. In un tempo caratterizzato dall’uso del digitale e dei social, c’è il rischio che il consenso confonda le tappe fondamentali dell’avvio di una causa di beatificazione e canonizzazione?
Le possibilità e i rischi nell’uso del digitale e dei social non valgono solo per la fama di santità. L’antico assioma vox populi, vox Dei se ha una sua coerenza teorica, non regge, tuttavia, alla prova della storia, anche recentissima.

Uomini e donne acclamati a gran voce e per molto tempo non sono stati solo un fallimento, ma anche cause di tragedia.

Francesco, nel discorso che ho prima citato, ha avvertito che “nell’uso dei media digitali, in particolare delle reti sociali, ci può essere il rischio di forzature e mistificazioni dettate da interessi poco nobili. Occorre, quindi, un discernimento saggio e perspicace”. Anche per questa ragione la prassi della Chiesa oggi è di attendere del tempo per vedere se davvero la cosiddetta “fama di santità” è genuina e lo è quando per un aspetto resiste ai cambiamenti del tempo e alle mode del momento e, dall’altro, fa nascere effetti spiritualmente benefici per tutti.

Qual è la perenne attualità dei santi?
Nella sua terza Cantica, Dante Alighieri fa pronunciare a San Bernardo una terzina divenuta celebre: “Riguarda omai ne la faccia ch’a Cristo / più si somiglia, ché la sua chiarezza / sola ti può disporre a veder Cristo” (Paradiso, XXXII, 85-87). È Cristo crocifisso e risorto il Signore della storia, colui che la Chiesa glorifica ieri, oggi e sempre! È dunque nel suo riflettere nella propria vita un bagliore della luce pasquale di Cristo che consiste la attualità permanente dei santi.

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