Albino Luciani, il Papa della “santità serena”. Il card. Stella: “Giovanni Paolo I un grande dono per la Chiesa”

“L’attualità del suo messaggio sta nel mostrare a tutti una santità serena, gioiosa ed umile che diventa attraente per il popolo cristiano proprio perché concreta e autentica. Una santità accessibile a tutti e alla portata di tutti, che piace e rasserena il cuore”. Descrive così, il cardinale Beniamino Stella, prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il senso e il cuore della vita del nuovo beato Albino Luciani.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“L’attualità del suo messaggio sta nel mostrare a tutti una santità serena, gioiosa ed umile che diventa attraente per il popolo cristiano proprio perché concreta e autentica. Una santità accessibile a tutti e alla portata di tutti, che piace e rasserena il cuore”. Descrive così, il cardinale Beniamino Stella, prefetto emerito della Congregazione per il Clero, il senso e il cuore della vita del nuovo beato Albino Luciani. “In questo tempo, in questa congiuntura storica – prosegue il cardinale, postulatore della causa di beatificazione di Giovanni Paolo I – abbiamo bisogno di testimoni della fede e della carità. I beati e i santi sono per la Chiesa e per il mondo come delle bussole, dei luminari. Le loro vite ci raccontano un Vangelo vivo il cui messaggio continua a toccare i cuori e la vita di tanti uomini e donne. Albino Luciani è uno di questi. Allo stesso tempo, la sua beatificazione conferma che è possibile vivere la vita cristiana con autenticità e impegno personale, ma sempre sostenuti dalla grazia di Dio. Luciani ha saputo accogliere questa ‘grazia’. La sua beatificazione rappresenta, in questo tempo, un momento di consolazione, sia per la Chiesa che per la società. Viviamo un tempo difficile, ore estremamente gravi. Siamo colpiti dall’ansia, dalle preoccupazioni del presente e del domani. Ecco la beatificazione di Luciani ci ricorda che non siamo soli, che Dio si è fatto e continua a farsi prossimo, che non ci abbandona e non ci lascia in balia di noi stessi”.

Eminenza, Lei dice che i beati e i santi ci parlano… cosa dice a noi oggi il beato Giovanni Paolo I?
Parliamo di un beato morto nel 1978. Sono passati più di 40 anni dalla sua morte, ma analizzando la sua vita, abbiamo scoperto la figura di un uomo, di un sacerdote, di un vescovo e poi di un pastore universale, estremamente attuale capace di vivere allora, e anche oggi, con concretezza e coerenza le virtù cristiane. Nella sua testimonianza di vita cristiana non c’era differenza tra quanto insegnava e quanto viveva, in una fedeltà quotidiana alla sua vocazione, da giovane sacerdote fino alla cattedra di Pietro. Tutto questo emerge dai suoi scritti nei quali non si intravede alcun intento di costruire un’immagine di sé, né prospettive o ambizioni di glorie effimere. C’è poi una coordinata, un filo invisibile, che collega e guida tutta la sua vita: l’umiltà e insieme ad essa l’esercizio delle virtù teologali. Lui ha sempre predicato le virtù teologali, lo ha fatto fino alle tre ultime catechesi del suo pontificato. La fede la speranza e la carità sono il cuore della vita cristiana in generale e in quella di Albino Luciani. Una vita cristiana, la sua, vissuta all’insegna della semplicità interiore e di una grande mitezza di cuore.

Cosa emerge dalla sua vita di sacerdote e vescovo?
Nella sua esperienza non si riscontrano eventi eccezionali, ma una vita fatta di quotidianità semplice, spesa fedelmente e continuamente nel servizio sacerdotale e pastorale. Un servizio svolto secondo il modello del buon pastore. Giovanni Paolo I è stato capace di accogliere l’invito di Gesù a diventare come lui, mite e umile di cuore. Un sacerdote e un vescovo consacrato alla salvezza del popolo di Dio. Un uomo buono, mai arrogante, mai duro. Uno di quelli che non si fanno notare, ma che lavora, opera e lascia dietro sé tanto bene compiuto, pronto a dire sì ma anche no, all’occorrenza, sempre però con grande semplicità di cuore e mitezza interiore e senza mai abdicare al suo ruolo, alle sue responsabilità episcopali, ai suoi doveri di pastore. Ecco, sono queste le ragioni in base alle quali la sua figura e la sua vita parlano ancora oggi alla Chiesa e al popolo di Dio.

I miti sono coloro che ereditano la terra e le promesse di Dio. Quale promessa rende visibile questa beatificazione?
Nella sua storia c’è una grande attenzione ai temi sociali, ai temi del lavoro e della umana sofferenza. Luciani veniva da un’estrazione sociale popolare e le sue origini hanno sicuramente inciso sul suo sacerdozio e sul suo ministero episcopale. Aveva fatto della povertà la dote più importante del suo sacerdozio. Non però la povertà del populismo o del semplice prete di montagna, ma quella che da sempre affascina e sostiene la Chiesa, lontana dalla mondanità, vicina all’insegnamento dei Padri, fedele a Cristo e alla sua predilezione verso i poveri. Con questo spirito Giovanni Paolo I si è posto accanto alla gente come pastore vero. Credo che la sua beatificazione rappresenti un segno forte soprattutto per i sacerdoti, per i vescovi. Albino Luciani è stato un pastore il cui esempio può e deve essere indicato. C’è poi un particolare teologico di cui si è parlato molto e che a mio avviso non va sottovalutato né banalizzato. Mi riferisco alla sua definizione di un Dio che è padre e madre. La sua predicazione e la sua vita ci hanno fatto scoprire la presenza materna di Dio nel cuore di ogni uomo. Una presenza di misericordia, di perdono e di accoglienza, sempre operante nella sua vita di sacerdote, di vescovo e anche, seppur per pochi giorni, di pastore universale.

Un dono per il popolo di Dio ma anche per la Chiesa

Sì, Giovanni Paolo I è stato ed è un grande dono per la Chiesa.

Sacerdote di solida formazione teologica e di elevata formazione culturale, Luciani è stato un prete molto dotto che ha lavorato bene nella pastorale. Soprattutto nella mia diocesi di Vittorio Veneto di cui è stato vescovo per dieci anni prima di andare a Venezia e dove ha lasciato, sia tra i preti che nei laici, un ricordo molto bello di sé. È piacevole vedere come sia rimasto nella grata memoria di tanti che ricordano di aver ricevuto da lui il sacramento della Cresima o una visita in parrocchia, a casa o in ospedale. Tutti lo ricordano per la sua affabilità e la sua vicinanza. Li andava a trovare, li visitava se malati, si ricordava dei preti anziani. È stato un vescovo vicino ai sacerdoti, ai seminaristi, ai giovani. In lui quella santità dei pastori che hanno a cuore l’impegno e il servizio per il popolo di Dio. L’attualità del suo messaggio sta nel mostrare a tutti una santità serena, gioiosa ed umile che diventa attraente per il popolo cristiano proprio perché concreta e autentica. Una santità accessibile a tutti e alla portata di tutti, che piace, che rasserena il cuore.

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