Chiesa nel digitale. Bolzetta: “Promuovere una rete che sia di prossimità, ascolto e relazione”

Sulla copertina del volume, la cui prefazione è scritta da Papa Francesco, c’è un QR Code che collega a un portale, dove ci saranno contenuti sempre aggiornati

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“La Chiesa nel digitale: strumenti e proposte”. Come realizzare un sito web per la parrocchia? E come utilizzare i social media per la pastorale? Come, insomma, vivere “La Chiesa nel digitale”. È il titolo del volume a cura di Fabio Bolzetta, con la prefazione di Papa Francesco, edito da Tau Editrice, che è stato presentato oggi, lunedì 20 giugno, a Roma. Il volume, nato dall’esperienza dei 150 video tutorial dell’Associazione Webmaster Cattolici italiani (WeCa), offre un cammino in quattro tappe per riflettere, scoprire, condividere sui social e pubblicare sul web l’esperienza di una Chiesa che è presente anche nel mondo digitale. Un percorso che, soprattutto alla luce dell’esperienza della pandemia, propone come “abitare il digitale” con consapevolezza e formazione senza perdere di vista la continua evoluzione degli strumenti e delle piattaforme digitali. Così da proporre una copertina del libro “interattiva”, con la presenza di un QR Code e lo sviluppo di un algoritmo che accompagnano e ne arricchiscono la lettura con contributi multimediali sempre aggiornati. Di Chiesa e digitale parliamo con il curatore del volume, Fabio Bolzetta, presidente di WeCa.

(Foto: WeCa)

Anche se la presenza nella rete della Chiesa era precedente al Covid, con la pandemia il fenomeno ha visto una grande espansione…
Alla fine degli anni Novanta sono germogliati in Italia i primi siti internet di ispirazione cattolica. Da lì c’è stata una crescita numerica significativa e, con un salto nel tempo, ad oggi la pandemia ha avuto l’effetto di rivitalizzare l’uso delle nuove tecnologie che chiamiamo sempre nuove, ma che non sono state inventate adesso: con la pandemia, però, abbiamo riscoperto gli strumenti digitali, che noi utilizziamo ogni giorno, anche all’interno della Chiesa. Tuttavia, a questa riscoperta, non è seguita una necessaria attenzione alla formazione ed è un po’ questo che sentiamo come primo bisogno oggi, cioè una attenzione alla qualità della presenza cattolica in rete e, come secondo aspetto, a un approccio rinnovato del digitale nella pastorale. Osserviamo, infatti, che si tende a utilizzare in maniera verticale questi strumenti e non orizzontale. Noi, invece, attraverso questo libro cerchiamo appunto di promuovere una rete che sia di prossimità, di ascolto, che non sia una rete che soffoca, ma che faciliti una serie di connessioni, che sostenga, che abbracci, che possa rilasciare attraverso i suoi nodi delle onde di azioni rigenerative.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Come aiutare parrocchie, sacerdoti, associazioni cattoliche, congregazioni religiose, operatori pastorali a usare al meglio questi strumenti nella rete?
Nei 150 tutorial ai quali siamo arrivati oggi, il primo lavoro è stato di setacciare gli strumenti della rete e la presenza sul web del nostro mondo, setacciarne i temi e tracciare un filo, una proposta, non attraverso i quattro poli di una bussola, ma attraverso quattro tappe:

riflettere, scoprire, condividere e arrivare a pubblicare.

Abbiamo cercato, innanzitutto, di fare una riflessione su quelle che sono le tematiche della rete come cittadinanza digitale e informazione; su cosa tenere e cosa lasciare degli incontri digitali dopo la pandemia; sui valori etici e sull’intelligenza artificiale. Un secondo passo è stato calarci proprio nel concreto con lo scoprire quali sono i principali hashtag per la preghiera, se, come e quali strumenti utilizzare per una newsletter per la parrocchia, cos’è Wikipedia e Cathopedia. E poi, ancora, andiamo sui social per condividere: allora, come possiamo utilizzare Instagram per la pastorale? E quali consigli possiamo offrire per un profilo Facebook per sacerdoti e religiose? O un prete su Facebook che cosa condivide? Si tratta di esempi anche molto concreti che si inseriscono in una guida a portata di mano, ma poi si tratta di un volume che si legge con lo smartphone.

(Foto: Weca)

In che modo?
Da oggi, 20 giugno, sulla copertina è stato attivato un QR Code: infatti, il volume si inserisce in un progetto multimediale di WeCa: abbiamo realizzato un portale ad hoc, che accompagna la lettura del testo. Ci saranno contenuti sempre aggiornati, perché è un mondo che cambia costantemente, e il portale accompagna la lettura del testo, restituendo contenuti aggiornati e ulteriori. Poi abbiamo sviluppato, a WeCa, un algoritmo che, a seconda delle domande e delle risposte – “Cosa cerchi sul web? Cosa ti interessa?” – e da chi viene posta la domanda – un seminarista, un sacerdote, un religioso, un laico, un genitore, un parroco – restituisce delle risorse e contenuti su misura. Sempre internamente a WeCa abbiamo sviluppato la skill per i dispositivi “Amazon Alexa” per i podcast dei nostri tutorial. Oggi è difficile ragionare come comunicazione solo su un segmento: solo cartaceo, solo multimediale, solo ascolto. Il testo, da un lato, si inserisce nel cammino dell’associazione che dal 2003 si occupa di questi temi, prima ancora che nascessero Facebook, Twitter, TikTok e Instagram, e, dall’altro, mira a promuovere una formazione integrale. Non è un caso che la collaborazione di WeCa con il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e la Commissione vaticana Covid-19 guardi proprio a questa necessità di formazione integrale.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

La prefazione al volume è di Papa Francesco…
Non possiamo che esprimere un’infinita riconoscenza per il dono di queste parole che Papa Francesco ha voluto affidarci e che sono una chiave di lettura su quanto avvenuto durante la pandemia e sull’impegno dei sacerdoti, impegno che anche noi abbiamo raccontato, delle comunità che più hanno fronteggiato la pandemia, soprattutto durante il primo lockdown. Dopo questa presa di consapevolezza della creatività dei sacerdoti, dove c’è stata una grande crescita nell’uso degli strumenti digitali e anche qualche eccesso, ora il Papa ci invita a porre l’attenzione sulla necessità della formazione. Questo è un testo dedicato in particolare ai sacerdoti.

Il Papa ci ricorda che c’è molto da fare per imparare ad ascoltare, per coinvolgere e formare i giovani nativi digitali,

che possono essere in grado – così ci scrive Francesco – di rivitalizzare i siti web delle parrocchie. Il Papa riconosce che mai il virtuale potrà sostituire la bellezza degli incontri a tu per tu, ma il mondo digitale è abitato e abitato da cristiani. Grati al Papa per queste parole che ci affidato, poniamo attenzione al momento così particolare che abbiamo vissuto e ai passi che adesso ci aspettano come Chiesa e come Chiesa impegnata nell’ambiente digitale, in cui anche noi cerchiamo e continueremo a cercare di offrire il nostro piccolissimo contributo, in punta di piedi, soprattutto in un’ottica di servizio.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Quali sono gli errori più abituali e quali le potenzialità della presenza del nostro mondo nello spazio digitale?
Ci sono realtà più strutturate e altre che lo sono meno. Se devo mettere a fuoco una criticità oggi è quella della solitudine, cioè la sensazione che la cura del sito internet parrocchiale o di una comunità religiosa non sia inserito in un vero e proprio progetto di comunicazione, ma sia qualcosa di delegato a una persona e che ciò si somma agli impegni che già ha. A parte l’isolamento e quindi la proposta di superarlo, un altro limite è l’istantaneità, che è un po’ si modella sulle stories, che oggi sono animate anche da tanti preti. Dunque,

c’è un po’ il rischio di una relazione basata sull’istantaneità, che si dissolve dopo 24 ore come contenuti e temi.

La sfida oggi è quella di riuscire a promuovere la relazione che possa essere supportata o anche, magari, provocata dal digitale per poi essere animata e proseguita anche in presenza. Una relazione che superi questo concetto di istantaneità, ma guardi anche a noi come comunità, al web come community, al futuro della rete, perché questo è uno spazio che ci interpella sempre di più.

Si possono usare bene i social per la pastorale?
Certo, noi poniamo su questo degli esempi. I social possono essere uno strumento che si affianca alla pastorale, basti pensare che TikTok nasceva inizialmente con un’impronta educativa, per poi virare ad un aspetto diverso. I social hanno il valore di connessione, ma si deve superare l’approccio più divisivo per promuovere una rete che alimenti relazioni. Per far questo ci vuole molta preparazione e formazione. Come il Papa ci ha invitato a fare nel messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2022, dobbiamo promuovere il valore dell’ascolto, anche in questi spazi, perché questi sono certamente spazi di confronto, ma possono e devono diventare spazi di dialogo e di relazione attraverso le direttrici dell’incontro e dell’ascolto.

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