Diaconato. Cantelmi (diacono permanente): “Dal Papa l’incoraggiamento a recuperare lo stile del servizio ai poveri”

Il servizio: è questo lo stile che deve contraddistinguere il ministero del diaconato. Lo ha ricordato Papa Francesco, ricevendo sabato in udienza i diaconi permanenti della diocesi di Roma. Tra loro anche Tonino Cantelmi, autore di un volume che riecheggia le tesi sostenute dal Pontefice. Lo abbiamo intervistato a caldo

“I diaconi sono i custodi del servizio nella Chiesa”, e “non saranno ‘mezzi preti’ o preti di seconda categoria, né ‘chierichetti di lusso’”, ma “servi premurosi che si danno da fare perché nessuno sia escluso e l’amore del Signore tocchi concretamente la vita della gente”. Così Papa Francesco rivolgendosi ai diaconi permanenti della diocesi di Roma, ricevuti sabato 19 giugno in udienza in Vaticano, insieme alle loro famiglie. Pur riconoscendo che la diminuzione del numero dei presbiteri “ha portato a un impegno prevalente dei diaconi in compiti di supplenza”, il Pontefice ha precisato che questi, “per quanto importanti, non costituiscono lo specifico del diaconato. Sono compiti di supplenza”. Secondo Francesco “la via maestra da percorrere è quella indicata dal Concilio Vaticano II”. Di qui il richiamo alla “Lumen gentium” che illustra il ministero dei diaconi, “ai quali – afferma – vengono imposte le mani non per il sacerdozio ma per il servizio’”.

“Dal Papa abbiamo ricevuto un grande incoraggiamento a recuperare lo stile del servizio al popolo di Dio che contraddistingue il nostro ministero. Le parole appassionate che ci ha rivolto sono del tutto in linea con quanto sosteniamo da tempo. Ci sentiamo in perfetta sintonia con Francesco”. E’ emozionato Tonino Cantelmi, diacono permanente della diocesi di Roma, che abbiamo incontrato poco dopo l’udienza alla quale ha partecipato con la sua famiglia. Psichiatra e psicoterapeuta, nel novembre 2020 nominato dal Pontefice consultore del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, Cantelmi ha firmato con Maria Esposito un volume dal titolo “Il diaconato in Italia”, sottotitolo “Luci, ombre e prospettive: Dall’insignificanza a una nuova intelligenza del diaconato” (ed. San Paolo 2021), nel quale gli autori mettono in luce da un lato l’importanza che il Concilio ha attribuito a questo ministero, dall’altro la diffusa percezione di una sua “irrilevanza” all’interno della Chiesa.

Il richiamo di Francesco sulla nostra ordinazione, non per il sacerdozio ma per il servizio al vescovo per i bisogni della Chiesa locale – riprende Cantelmi – coincide perfettamente con la tesi centrale del volume”. Il libro si articola in una Prefazione di don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio per la pastorale delle vocazioni della Cei; un’introduzione e tre capitoli degli autori, seguiti da una Postfazione di don Dario Vitali, direttore del Dipartimento di teologia dogmatica dell’Università Gregoriana; due contributi critici, rispettivamente di Enzo Petrolino e di padre Luca Garbinetto, oltre al discorso ai diaconi romani di mons. Giampiero Palmieri, vice gerente della diocesi di Roma. Nell’appendice la presentazione di una ricerca sperimentale condotta attraverso un questionario somministrato a 250 persone tra i 15 e i 90 anni, abituali frequentatori di parrocchie.

E proprio dalle risposte al questionario emerge la percezione di “insignificanza” del ministero diaconale, citata dagli autori nel titolo del volume, e spunto per l’analisi e le argomentazioni di Cantelmi, ordinato diacono nel 1996 e due anni dopo incaricato di presentare in sala stampa, insieme ai cardinali preposti, i due documenti sul diaconato allora appena firmati da Giovanni Paolo: il “Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti” e la “Ratio fundamentalis institutionis diaconorum permanentium”.

Oggi, sostiene Cantelmi, “la figura del diacono è prigioniera di una sorta di riduzionismo liturgico-parrocchiale che lo fa percepire come un aiutante del parroco, una sorta di ‘mezzo prete’ o di ‘chierichetto di lusso’, come ha detto (sabato ndr.) il Papa ribadendo che deve invece essere un ministro ordinato per il servizio. Chiamato insomma a prendersi cura delle situazioni di marginalità, delle ferite dell’umanità, della malattia fisica e mentale – e lo dico anche da medico e da psichiatra – in ospedale, nelle case di cura, nelle abitazioni. Un ministero in uscita, sulla linea della Chiesa voluta da Papa Francesco”. Per Cantelmi

è dunque necessaria una “nuova intelligenza del diaconato” per restituire a questo ministero il suo vero orizzonte.

A partire dalla formazione, secondo l’autore del volume ancora impostata in modo troppo “clericale” e sbilanciato sul versante teorico-teologico, mentre sarebbe opportuna una preparazione più specifica sui temi della povertà, della carità e delle dinamiche sociali; in sostanza “più orientata alla missione alla quale il vescovo intende destinare questo ministro ordinato”.

Quali, allora, le possibili vie per valorizzare il ministero diaconale restituendogli il suo vero volto? Tre quelle indicate da Cantelmi.

“Occorrerebbe anzitutto ripristinare le diaconie

– e vi ha accennato anche il Papa – intese come strutture sovra parrocchiali che fanno capo direttamente al vescovo e rispondono ai bisogni specifici del territorio. In questo modo i diaconi potrebbero operare anche come figure di ‘soglia’ e ‘ponte’ tra le persone e la Chiesa; ‘sentinelle’, ci ha definito Francesco”. Ulteriori passi l’abolizione del termine “diaconato transeunte” e una riforma dei percorsi di formazione. Il primo perché si tratta di un’espressione “fuorviante”. La gente comune non percepisce la distinzione fra “transeunte” e “permanente”. Secondo l’autore del volume bisognerebbe utilizzare la definizione “diaconato”, senza aggettivi, solo per indicare il ministero vero e proprio, e trovare una diversa espressione per ciò che in realtà è una tappa del cammino verso il sacerdozio. Va da sé che a questo si dovrebbe accompagnare una riforma dei percorsi formativi che devono offrire competenze diverse da quelli destinati ai presbiteri.

Nella sua Postfazione, don Dario Vitali invita a collocare il dibattito sul ministero diaconale all’interno di quello più ampio sulla Chiesa: solo in una Chiesa che superi il vissuto ecclesiale ridotto alla parrocchia, e sia “in grado di esprimere la ricchezza di carismi, ministeri e vocazioni che lo Spirito continua a suscitare, anche la vocazione al diaconato troverà il suo terreno fecondo di sviluppo”. Per il teologo è necessario

“restituire il diaconato alla Chiesa”.

I diaconi in Italia oggi sono quasi 5mila, per la quasi totalità sposati, e si tratta di una vocazione in aumento.

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