Nel Perù contagiato la missione continua

“Il cuore missionario ti spinge a uscire, cercare, farti abbracciare, condividere… Invece nada de nada: non si può! È una grande sofferenza stare fermi, non fare niente”, confessa suor Giusy Riva. Però la missione continua, all’insegna della semplicità e della piccolezza

Non si arrende suor Giusy Riva, missionaria delle Serve di Gesù Cristo da 34 anni, che vive a Sayan (Perù) con le sue consorelle. Prima che il coronavirus bloccasse tutto, ogni venerdì entrava nella prigione femminile della città per andare ad incontrare le detenute. La suora era diventata per molte di loro una sorella, segno concreto della grande fraternità che era riuscita a tessere. Poi il Covid è penetrato in ogni angolo del Paese, rendendolo lo Stato latinoamericano più colpito dalla pandemia, dopo il Brasile. Eppure già a metà marzo scorso, il governo aveva imposto un rigido lockdown. Ma “in un contesto sociale dove solo il 49% dei peruviani possiede un frigorifero, i mercati rionali non hanno potuto chiudere, diventando così veri e propri focolai di contagi” spiega suor Giusy. La stessa cosa è accaduta per gli sportelli bancari: «Solo il 38% dei peruviani ha un conto in banca. E così la gente, per ricevere in contanti il sussidio d’emergenza erogato dal governo, si è messa in fila in lunghe code» che sono diventate luoghi di propagazione del virus.

Ma suor Giusy e le sue consorelle non si sono lasciate scoraggiare.

“Il cuore missionario ti spinge a uscire, cercare, farti abbracciare, condividere… Invece nada de nada: non si può! È una grande sofferenza stare fermi, non fare niente”, confessa la religiosa. Però la missione continua, all’insegna della semplicità e della piccolezza, “due parole che esprimono quel poco che abbiamo potuto continuare a fare con amore: abbiamo pregato davvero tanto nella nostra cappellina, ma abbiamo anche vissuto l’apostolato con i nuovi mezzi di comunicazione. È vero: non possiamo andare a trovare i nostri poveri, ma abbiamo deciso che nessuna persona che suona al nostro campanello se ne debba andare a mani vuote. E così abbiamo preparato tante borse con gli alimenti”.

La preghiera è stata la benzina che ha fatto proseguire la missione quotidiana

di suor Giusy anche in questo difficile periodo. Certamente la pandemia ha avuto effetti disastrosi su tutto. Ma il Messaggio che papa Francesco ha scritto per la Giornata missionaria mondiale 2020 sembra dare dei suggerimenti alla religiosa, soprattutto in questo passaggio che lei stessa sottolinea: “capire che cosa Dio ci stia dicendo in questi tempi di pandemia diventa una sfida anche per la missione della Chiesa. […] Lungi dall’aumentare la diffidenza e l’indifferenza, questa condizione dovrebbe renderci più attenti al nostro modo di relazionarci con gli altri”.
Suor Giusy sa bene come si vivono le relazioni profonde, plasmate dalla sofferenza, costruite nella pazienza rispettosa e amorosa: è da qui che la missionaria riparte.
Nel frattempo due donne conosciute nella pastorale carceraria hanno concluso la loro pena. “Appena uscite, Massiel e Charito mi hanno telefonato: che gioia grande ho provato! La relazione con le donne del Padiglione femminile – confessa la missionaria – non è sempre stata facile, ma sono convinta di ciò che il Papa scrive nel suo Messaggio: ‘Tutti hanno una dignità umana fondata sulla chiamata divina ad essere figli di Dio’”.

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