L’amore ai tempi del coronavirus

“Sospensione” è uno dei termini chiave di queste giornate surreali nelle quali buona parte delle nostre normali, frenetiche attività è interrotta, annullata o rinviata. Sospesa, appunto, in attesa. Una situazione emergenziale che mette, ancora una volta, a nudo la nostra condizione umana, di esseri esposti alla malattia e alla morte, ma che noi, nelle nostre piccole “superbie” di uomini moderni ci convinciamo a non considerare possibile.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Sospensione” è uno dei termini chiave di queste giornate surreali nelle quali buona parte delle nostre normali, frenetiche attività è interrotta, annullata o rinviata. Sospesa, appunto, in attesa. Una situazione emergenziale che mette, ancora una volta, a nudo la nostra condizione umana, di esseri esposti alla malattia e alla morte, ma che noi, nelle nostre piccole “superbie” di uomini moderni ci convinciamo a non considerare possibile. Oppure, che ci illudiamo di poter sempre prevenire ed evitare. Qualcosa, che al massimo, avremmo potuto seguire a distanza, nascendo e perlopiù colpendo popolazioni – come quelle della Cina – distanti da noi oltre 7mila km. Eppure questa condizione di “inaspettata” – assurdamente “inaspettata” – riscoperta della nostra fragilità, e di conseguente sospensione, ci spiazza, facendo riemergere ombre irrazionali dentro di noi che ugualmente pensavamo di non possedere, che non potessero appartenere a un mondo come il nostro fondato sul calcolo e il controllo. Una condizione di sospensione, dunque, nuova ma in realtà antica come il mondo, e che porta a un’altra conseguenza: la possibilità di nuovi tempi dilatati di silenzio nelle nostre quotidianità, di maggior decantazione di azioni e pensieri, in una solitudine che trascenda l’“isolamento” obbligatorio ma diventi occasione per una riscoperta di relazioni gratuite, di quiete e meditazione. Una possibilità di iniziare il tempo quaresimale un po’ più liberi dalle usuali “tentazioni” delle nostre frenesie, urgenze e routine. Nel Vangelo della domenica appena trascorsa (Mt 5, 38-48) abbiamo letto le ben note parole di Gesù: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano… ». In questa irreale atmosfera di suspense , riscopriamo, quindi, da un lato la bellezza della prossimità non casuale, l’amore come attenzione e fiducia nell’altro a noi vicino – non possibile “untore” di cui diffidare ma potenziale “alleato” nella difficoltà che tutti accomuna. Dall’altro, ridiamo un senso non banale all’amore per il “lontano”, così spesso additato, in quanto tale, come “nemico” più o meno potenziale, ma in realtà come noi segnato da una simile – umanissima – angoscia. Ripensiamoci, dunque, fratelli e sorelle in questa quotidianità ancora una volta messa alla prova, in questa sempre nuova attesa, che possa essere non di timore ma di speranza.

 

(*) “La Voce” (Ferrara)