Domenica 11 ottobre

Parabola ultima dell’itinerario già tracciato dalle precedenti: la vigna in cui si è lavorato e i frutti del lavoro. Solo questa però getterà luce sulla comprensione dell’annuncio.
All’invito a lavorare segue quello a banchettare, in una sala tanto vasta quanto il cuore del Re che, mentre si lavorava e si tentava di produrre frutti, già operava: il lavoro e i suoi frutti diventeranno festa, banchetto. Tutto verrà condiviso.
Come può un Re desiderare di condividere il suo pasto con tutti e non solo con i suoi amici o almeno con i suoi pari? Perché fatica per noi? Desidera stare con noi.
Fin dalla creazione, festa suggellata dal ki tov, buona e tov meod, buonissima, l’Altissimo si donava gratuitamente all’Adam, da prima che esistesse.

Tutto l’annuncio profetico è pervaso dal simbolo delle nozze, dello Sposo e della Sposa: richiamo, monito, attrazione magnetica alla comunione, all’amore donato e ridonato.

Non si dona qualche cosa, il cibo per quanto succulento sia, si dona la persona, lo stesso Re, El Rahum, il Misericorde.
Il terragno, l’Adam, uomo e donna fatti di terra, rifiutano l’invito a qualunque classe sociale appartengano. Il loro interesse non esiste. Sono sordi e fatti sordi al Suo richiamo.
Se tutto è pronto e non dobbiamo fare fatica perché non siamo capaci di godere un momento trascorso insieme intorno ad una tavola imbandita dallo stesso Re?

Lo scorno è sommo. Il rifiuto – radicato nella propria presunta autosufficienza- è rifiuto del gesto gratuito di Dio, gratuità assoluta, Amore che comunica tutto Se stesso, chiede solo che Gli si apra la porta del cuore. Non per capacità e abilità: basta entrare, sedersi e gustare. Il cuore però indurito ne è incapace.

Al grido dell’Altissimo l’Adam risponde con una spallucciata: non me ne importa nulla. Taci. Ogni fiducia è recisa, abbandonata e uccidono.
Egli si indigna e colpisce ma cerca e ricerca i commensali, perché non desiste?
Ecco i servi ai crocicchi, in realtà uno sbocco stradale, un punto in cui non restano che i sentieri. Devono addentrarsi, uscire dal tracciato urbano. L’annuncio supera la rete stradale, raggiunge il profondo dei campi, dei boschi. Perché non raggiunge il profondo del cuore di Adam?
Nella vita quante strade si sono incise? Quanti sentieri sono sbucati nei boschi? Eppure da questi Dio chiama: non per perseguitare, inseguire ma solo per incontrare e farsi conoscere come Amore.

L’abito di nozze vuole dimostrare l’adesione di chi si ritiene sempre insufficiente ma ha risposto ed accetta il perdono gratuito. Mentre peggiore del rifiuto esplicitato, espresso faccia a faccia è l’abito rifiutato perché già ci si ritiene vestiti. In realtà solo di se stessi, della propria presunzione.

Il Re ritorna in scena, scorge chi pur entrato non ha aderito nel cuore ma solo per convenienza…lo chiama Compagno.
Non gli viene comminata una condanna ma posto davanti agli occhi quanto ormai è realtà assodata. Chi non ha risposto, si è già collocato fuori. Il suo rimanere nella sala di nozze, senza l’abito, è fasullo: il cuore non ha aderito.
Gli eletti non dipendono dal Re perché Egli è gratuità assoluta, benevolenza somma, dipendono solo da loro stessi. Se accolgono, si riversa la gratuità e li rendi pronti per il gioioso banchetto, pronti ad annunciarlo dovunque.
Ogni assenso, ogni risposta alla chiamata evangelica simultaneamente racchiude la scoperta che, aderendo, il dono è già stato fatto a condizione che, a sua volta, sia donato, condiviso, porto gratuitamente agli altri. A tutti.