Stiamo già pensando di tornare al più presto alla vita di prima. Eppure, diverse cose non saranno come prima. Qualcosa cambierà, se non altro per ciò che il virus ha evidenziato circa il sistema sanitario, il sistema economico, la crisi nanziaria e, soprattutto, gli stili di vita. Sono cresciute anche paura e rabbia, come se le misure restrittive non fossero dettate dalla prevenzione di un danno ancora più grave di quanto non sia stato. Il movimento degli arancioni è un segnale della irrazionalità diffusa. Molto si sarà sbagliato, ma anche molto era assolutamente nuovo. Dovremo ripensare tante cose, obbligati all’essen- ziale come non eravamo più abituati. Possiamo avere un post-virus sere- no, fattivo e progettuale se ci orientiamo al bene comune. È su questo concetto che tutto deve fondarsi. Una prima considerazione va fatta sulla necessaria unità di intenti dell’intero corpo della politica. Se malaugurata- mente dominerà, come sembra, la ricerca del “particula- re”, inteso come incremento elettorale, sarà per noi una rovina. Il primo cambiamento dovrebbe essere in altra di- rezione; dovremo cercare una dimensione etica condivisa per un bene comune, il quale prevale sui beni particolari e li favorisce. Esso non è costituito dalla somma di beni particolari, ma dall’armonizzazione e comunicazione di essi nella comunità, così da favorire nei singoli lo sviluppo integrale. Oggi dovremmo ripartire dalle testimonianze dei medici e paramedici, per la loro dedizione a salvare le vite umane a rischio della propria. La commozione della gente non può rimanere a livello emotivo, deve ritrovare le ragioni di queste scelte. L’etica dei cittadini mette le radici nell’alto valore della vita umana. La resilienza della democrazia sta nell’affermazione della dignità di ogni uomo. Dobbiamo saper rivitalizzare la democrazia, ora in recessione. Questo ci fa pensare che, per esempio, dovremmo spostare più in alto il dibattito politico, ripren- dere il discorso su temi quali lo jus soli o lo jus culturae, o sui diritti umani inalienabili da far prevalere sulle logiche mercantili della concorrenza fra egoismi. L’analogia del bene comune con Dio è affascinante: di lui bene sommo, infatti, possiamo godere tanto più quanto più siamo in co- munione fra noi, essendo la sua logica intrinseca l’amore che ne costituisce la sostanza. Il bene comune è il motivo stesso per cui si sta insieme nelle comunità politiche, no all’intera umanità. È un bene che non è divisibile né pos- sedibile da parte di qualcuno.
(*) direttore “Il Momento” (Forlì)

