Quello che stiamo vivendo è un tempo favorevole per misurare la nostra capacità di essere buoni cristiani e, nel contempo, onesti cittadini. Oggi più che mai, il bene comune ha bisogno di responsabilità individuale e collettiva. Di fronte a un nemico di cui non conosciamo né il volto, né le intenzioni, il nostro dovere civico è rispettare tutte le precauzioni e le regole che ci vengono imposte per rallentare la diffusione del contagio. E se questo vuol dire, anche, cambiare le nostre abitudini, gli stili di vita, rispettando misure restrittive, dobbiamo farlo non tanto perché imposte dall’alto, ma per mostrare la nostra maturità di cittadini. E se, noi cristiani, siamo costretti a vedere le nostre Chiese chiuse e se, come associazioni, siamo chiamati a rinunciare a qualche incontro di catechesi, utilizziamo questo tempo per apprezzare ancor più le tante opportunità che la Chiesa ci ha sempre offerto per la nostra crescita nella duplice dimensione, religiosa e civile. Quello che ci è chiesto di fare, diventi pensiero comune, condiviso e offerto per il bene di ciascuno, di tutti e per il futuro del nostro Paese. In una parola, dobbiamo cogliere questa avversità come una opportunità per misurare la nostra capacità di essere, come diceva Don Bosco, “Buoni cristiani e onesti cittadini”. Dalla partecipazione alla vita cristiana, dovrebbe scaturire l’attaccamento, l’amore per il nostro Paese. “Quante volte abbiamo sentito nella predicazione e, ancor prima, nell’ascolto della Parola, che il cristiano fa tutto per amore? Così si è espresso, lo scorso 8 marzo, Don Maurizio Patriciello, un prete impegnato a Caivano, nella Terra dei fuochi e che abbiamo avuto il piacere di accogliere in Diocesi. “Ebbene, continua Don Patriciello, questo è il momento per mettere in pratica i frutti dell’ascolto. Tutto deve essere fatto per amore. “Solo per amore”. Per amore non ti abbraccio, per amore resto chiuso in casa, per amore non celebro la Messa insieme a voi, indispensabili compagni del mio pellegrinaggio. Per amore non scappo via dalla mia regione. Per amore limito i miei impegni”. Anche in questa condizione, irreale e inaspettata, la nostra Quaresima può tornare a bussare alle nostre responsabilità e alle nostre coerenze. In particolare, dobbiamo interrogarci sulla scarsa partecipazione alla vita politica, amministrativa e sociale del nostro Paese. Oggi stiamo osservando spaventati e increduli alle tante difficoltà cui è chiamata a far fronte la nostra sanità, in particolare quella del nostro meridione. Siamo più spaventati della mancanza di strutture in cui essere curati, che del virus stesso. Eppure, quando si consumavano, sotto i nostri occhi, gli sprechi nella sanità della nostra Regione, abbiamo assistito muti, senza avere il coraggio di alzare né la voce, né un dito. Ebbene, prima o poi, torneremo a celebrare le nostre Messe. Pensiamo a quel momento con il proposito di guardare al “dopo Messa”, per essere, come dice Papa Francesco e come ripete continuamente il nostro Vescovo Antonio, “ Chiesa in uscita e missionaria, sale della terra e lievito per il mondo”.
(*) direttore “La Vita Diocesana” (Noto)

