La sospensione delle celebrazioni delle S. Messe, in seguito all’ordinanza per l’emergenza “coronavirus”, dopo un primo comprensibile disorientamento, ha dato spazio a diverse iniziative di carattere liturgico e pastorale che, al di là di alcune (poche) “stravaganze”, ha fatto emergere valori e consapevolezze che per certi aspetti sembravano sopiti o scontati.
Anzitutto è stato importante da subito, da parte dei vescovi e dei sacerdoti, far sentire ai fedeli che non venivano lasciati soli: la sospensione delle Celebrazioni Eucaristiche non voleva dire la sospensione della vita spirituale di una comunità.
Tanto che si è sempre sottolineato che i sacerdoti erano tenuti ogni giorno a celebrare privatamente l’Eucaristia, offrendo le intenzioni e soprattutto accomunando la partecipazione spiritale di tutta la comunità.
La gente sapeva che a quell’ora i sacerdoti della loro comunità celebravano l’Eucaristia, annunciata anche dal suono delle campane. Un’Eucarestia a “porte chiuse”, ma certamente “aperta” all’abbraccio di tutta la comunità.
Dobbiamo ammettere che probabilmente nella “normalità” prima del “coronavirus” ben pochi sapevano che in quella determinata ora veniva celebrata la S. Messa in chiesa dal proprio parroco o dagli altri sacerdoti della comunità
Diversi parroci hanno potuto far sentire ancora di più la vicinanza e la partecipazione dei fedeli con le “dirette” attraverso i diversi canali social.
Si sono riscoperte anche forme di partecipazione “distanti” dal punto di vista fisico, ma “vicine” spiritualmente, ad esempio recitando personalmente le “Lodi” o i “Vespri” e si è pure “rispolverata” la “Comunione Spirituale”, non potendo accedere personalmente all’Eucarestia.
Un altro segno importante affidato ai fedeli è stato quello delle “chiese aperte”.
La non celebrazione comunitaria dell’Eucarestia, infatti, non è coincisa con la chiusura delle chiese, anzi!
Da più parti è sempre stato sottolineato che le chiese rimanevano aperte, invitando i fedeli a fare una visita al SS. Sacramento per un momento di preghiera personale.
Anche l’inizio della quaresima, che non ha potuto essere vissuto con il tradizionale e sentito “rito delle ceneri” ha assunto una dimensione più personale e interiore, favorendo magari una consapevolezza e un atteggiamento di conversione spirituale che, forse, con le ceneri si esauriva in quella celebrazione.
Dando uno sguardo alle diverse iniziative proposte dai parroci e dagli stessi fedeli, nell’assenza della “Celebrazione Eucaristica”, è bello sottolineare oseremmo dire una “ventata” di partecipazione, suscitando anche una certa “fantasia pastorale” che secondo noi non ha fatto altro che del bene per le nostre comunità e per la dimensione spirituale di ciascun fedele.
Quando sarà passata questa emergenza e si ritornerà alla “normalità” delle celebrazioni e dei ritmi spesso fin troppo scontati delle nostre comunità, certamente resteranno quei segni e quelle iniziative che hanno contribuito a ravvivare la spiritualità della gente e delle nostre comunità…è proprio il caso di dire “non tutto il male vien per nuocere”
direttore “L’Araldo Lomellino” (Vigevano)

